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il paradiso delle signore

tra cliente, si fece innanzi, intervenne con aspetto severo, e rattenne il giovane che subito si faceva avanti:

— Non tocca a voi: v’ho chiamato, e siccome eravate nascosto...

— Ma io, signore, non ho sentito!

— Basta, basta! andate a inscrivervi ultimo... Via, signor Favier, tocca a voi.

Il Favier, contentissimo in cuor suo, dette una occhiata, come per iscusarsi, all’amico. L’Hutin, con le labbra livide, aveva voltato il capo. Tanto piú era arrabbiato, perché conosceva la cliente, una bellissima bionda che capitava spesso nella sezione, e che gli impiegati chiamavano tra loro «la bella signora» non sapendo di lei nemmeno il nome. Costei comprava molto, si faceva portare la roba nella carrozza, e spariva. Grande, elegante, vestita con squisita eleganza, doveva essere dell’alta società e assai ricca.

— Dite un po’, è la vostra mantenuta? — domandò l’Hutin al Favier, non appena questi tornò dalla cassa dove aveva accompagnato la signora.

— Ma che mantenuta! ha l’aria troppo per bene. Dev’essere moglie d’un banchiere, o d’un medico, o che so io; qualche cosa cosí.

— Addio, caro! quella è una mantenuta... conta proprio molto, oggi, l’aria per bene!

Il Favier guardava il suo libretto per le fatture.

— Che me n’importa? — riprese — le ho affibbiato per duecentonovantatré franchi di roba! Quasi tre franchi per me.

L’Hutin si morse le labbra, e si sfogò del suo rancore sui libretti per le fatture: ci vole-


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