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fondo, pensava lui nella sua trascurataggine di pessimista, non c’era altro che cotone e poi cotone e poi cotone; una merceria in grande. Quanto al Bourdoncle, anch’egli, dimenticandosi d’essere della casa, faceva i suoi rallegramenti al padrone, affinché dimenticasse i dubbi e le inquiete domande con cui l’aveva tormentato quella mattinata.

— Sí, sí, va bene, son contento — ripeteva il Mouret raggiante; e rispondeva con sorrisi alle occhiatine dolci di Enrichetta: — Ma io non la voglio disturbare.

Allora tutti gli occhi furon di nuovo su Dionisia, che si abbandonava alle mani di Margherita, la quale la faceva lentamente girare su se stessa.

— Che ve ne pare? — chiese la Marty alla Desforges.

La Desforges la consigliava come un’arbitra suprema della moda.

— Non c’è male, e il taglio è originale. Ma mi sembra poco aggraziato nella vita.

— Oh! — esclamò la signora Aurelia — bisognerebbe vederlo alla signora... Sulla signorina non può fare effetto, vestita a quel modo... Raddrizzatevi, bene, signorina; fate valere il mantello per quel che vale.

Sorrisero tutti. Dionisia s’era fatta pallidissima: si vergognava d’essere cambiata a quel modo in una macchina messa in mostra, e d’essere canzonata. La Desforges, cedendo all’antipatia che quel viso dolce di ragazza destava nell’indole sua tanto diversa, aggiunse malignamente:

— Starebbe meglio, certo, se il vestito della signorina fosse meno largo.

E gittò al Mouret l’occhiata canzonatrice di


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