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il paradiso delle signore

tutti. Un giorno o l’altro, il Paradiso solo avrebbe coperto con la sua tettoia tutto il quartiere.

Mattina e sera, quando i mille impiegati entravano e uscivano, facevano ora una fila cosí lunga in Piazza Gaillon, che la gente si fermava a guardare come quando passano i soldati. Per dieci minuti i marciapiedi n’erano affollati; e i negozianti, sulle loro porte, pensavano al loro unico commesso, cui non sapevano piú come dar da mangiare. L’ultimo bilancio del gran magazzino, quei famosi quaranta milioni d’incasso, aveva messo sossopra il vicinato: tra gridi di sorpresa e d’ira, se lo ridicevano di casa in casa. Quaranta milioni! si fa presto a dirlo! Certo, il guadagno netto, con tutte quelle spese e la vendita a prezzi bassissimi, non poteva esser piú del quattro per cento; ma un milione e seicentomila franchi era pur sempre una bella sommetta; del quattro per cento tutti si sarebbero contentati, avendo quel capitale! Correva voce che l’antico capitale del Mouret, i suoi primi cinquecentomila franchi accresciuti anno per anno di tutto il guadagno, un capitale che ora doveva essere circa di quattro milioni, fosse cosí passato dieci volte per le sezioni, trasformato in mercanzia. Quando il Robineau faceva questo conto davanti a Dionisia, dopo pranzo, restava per un po’ accasciato, con gli occhi fissi sul piatto vuoto. Aveva ragione lei; quel continuo rinvestire il capitale faceva la forza invincibile del nuovo commercio. Soltanto il Bourras negava i fatti, e non voleva intendere ragione, superbo e stupido come una pietra di confine. Un mucchio di ladri! Gente ipocrita, gente bugiarda! Ciarlatani che, una mattina o l’altra, sarebbero ruzzolati nel fango!


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