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zola

cle non li poteva soffrire i matrimoni, ma ormai avevano fatto le carte, e confidavano anzi in quindici giorni di permesso per godersi la lun adi miele.

— Lo vedete, — disse Dionisia — quando si vuol bene davvero, si sposa... Il Baugé vi sposa.

Paolina dette in uno scoppio di risa, e abbracciò da capo l’amica:

— Ma, cara mia, non è mica lo stesso! Il Baugé mi sposa perché è il Baugé: da pari a pari, si sa! Ma il signor Mouret! che il signor Mouret se la può sposare una delle ragazze del suo magazzino?

Rise anche più forte, e dette un altro bacio sui capelli a Dionisia.

Il suo viso grosso con gli occhi teneri si atteggiava a commiserazione materna. Poi si alzò, aprí il pianoforte e sonò con un dito solo il Re Dagoberto, certamente per buttare un po’ d’allegria in tanta tristezza di cose. Nella nudità del salotto, di cui le fodere bianche pareva ingrandissero il vuoto, salivano i rumori della vita, il grido lontano d’una donna che vendeva piselli. Dionisia s’era quasi sdraiata sul canapè, appoggiando la testa al legno, scossa da un nuovo impeto di singulti che soffocava nel fazzoletto.

— Da capo! disse Paolina voltandosi. — Non avete punto giudizio... Perché mi avete portata qui? era meglio restare in camera vostra!

Le si inginocchiò davanti, e ricominciò a addurle ragioni. Quante altre avrebbero voluto essere nel caso suo! e poi, se non voleva, bastava che dicesse di no, senza bisogno di piangere tanto. Ma ci doveva pensare sul serio, prima di arrischiare. il posto con un rifiuto che non si capiva, una volta che lei non aveva altri impegni.


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