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posto. Del vasto magazzino non si vedeva piú che la mobilia, come il giorno in cui l’avevan messo su; quella nudità era la riprova dell’inventario. E per terra si ammonticchiavano dici milioni di merci: marea che a poco a poco aveva sommerso tavole e banchi. I commessi, con la roba fin quasi alle spalle, cominciavano a riporre tutto in ordine. Fino alle dieci non c’era da sperare d’aver finito.

Nel tornare dal pranzo della «prima tavolata », la signora Aurelia disse quanto era stato l’incasso dell’anno: le sezioni avevano fatta la somma totale in quel momento. Non meno di ottanta milioni, dieci di piú dell’anno innanzi Solamente nelle sete di fantasia c’era stata un po’ di sosta.

— Se il Mouret non è contento, non so proprio che cosa fare, io! — soggiunse la direttrice. — Eccolo là in cima alla scala; e pare sempre arrabbiato.

Le ragazze s’affacciarono: egli era là col viso imbronciato, sopra i milioni che gli s’ammucchiavano ai piedi.

— Signora, — venne in quel momento a dirle Dionisia — vi prego di permettermi d’andarmene. Non son piú buona a nulla, con questa gamba; e siccome devo andar a pranzo dallo zio, coi miei fratelli...

Fu uno stupore di tutte. Come! aveva dunque rifiutato? La signora Aurelia esitò e parve stesse quasi per negarle, con la voce secca e scontenta, il permesso; Clara alzò le spalle come dire: — Io non me la bevo: ma che rifiutare! era lui che non ne voleva saper piú nulla! — Quando Paolina lo riseppe, stava discorrendo col Deloche; la contentezza, di che fu preso il


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