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sulla palma della sinistra, nel contare i milioni come se schiacciasse nocciuole. Il barone l’interruppe.
— Lo so, lo so... Ma non potete mica sperare di seguitare sempre cosí!
— E perché no? — disse il Mouret ingenuamente. — Non c’è nessuna ragione per fermarsi. Il capitale può passare sui banchi fin quindici volte; l’ho detto da un pezzo. Anzi, in certe sezioni, passerà venticinque, trenta volte... E poi, qualche modo si troverà per farlo passare anche piú alla svelta!
— Volete dunque bere alla fine il danaro dei parigini come si beve un bicchier d’acqua?
— Sicuro! Parigi e le donne; e le donne non son tutte nostre?
Il barone gli pose le due mani sulle spalle, guardandolo con aria paterna:
— Su! voi siete un buono e bravo figliuolo e vi voglio bene. Non ci se ne può con voi. Combatteremo sul serio, e spero che capiranno. Fino ad ora non abbiamo avuto che a lodarci di voi.
I dividendi stupefanno la Banca... Dovete aver ragione voi; è più sicuro mettere il danaro nei vostri magazzini, che rischiarli in un albergo, che può andar bene e può andar male!
Il Mouret si quetò: ringraziò il barone, ma senza il solito impeto d’entusiasmo; e questi lo vide volgersi con gli occhi verso l’uscio della stanza accanto, ripreso dalla sorda inquietudine che celava.
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