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il paradiso delle signore

delle sezioni: tornava con lui nello studio, e dalle due alle quattro gli stava lí accanto alla poltrona, mentre egli riceveva i fabbricanti di tutta la Francia, i capi dei grandi opifici, i banchieri, gl’inventori; un viavai continuo della ricchezza e dell’intelligenza, turbinio di milioni, rapide conversazioni, in cui si discutevano gli affari piú importanti del mercato parigino.

Se, nel risolvere della rovina o della prosperità d’un’industria, la dimenticava per un istante, se la sentiva, subito dopo, accanto per il battito del suo cuore; la voce gli veniva meno, mentre egli si domandava a che gli giovasse quel danaro, una volta ch’ella non lo voleva!

Finalmente, quando sonavano le cinque, doveva firmare la posta, e ricominciava il lavoro meccanico della sua mano; Dionisia allora gli risorgeva davanti piú dominatrice, lo riafferrava intero per possederlo lei sola nelle ore solitarie e ardenti della notte. E, la mattina dopo, ricominciava un’altra giornata eguale, una delle giornate cosí piene di lavoro smisurato che il gentile fantasma di una fanciulla bastava ad amareggiare.

Ma, principalmente, nell’ispezione giornaliera dei magazzini, il Mouret sentiva il suo malore. Aver costruita quella macchina gigantesca, regnare su tutta quella gente, e morir di dolore perché una ragazzuccia non vuol saperne di voi! Si disprezzava, assalito a quel modo dalla febbre e dalla vergogna della sua malattia.

Qualche volta sentiva disgusto d’esser potente: da un capo all’altro delle gallerie non aveva altro sentimento che la nausea: invece, certi altri giorni, avrebbe voluto estendere ancor piú il


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