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il paradiso delle signore

garsi un po’, gli disse e giurò che voleva gettare subito le dimissioni sul viso a quel bestione.

Poi, non parlò piú d’andarsene; si contento di rimuginare tutte le infami accuse che gl’imocchi lustri si difendeva e faceva vive attestazioni di simpatia. Come si fa a non rispondere? e chi si sarebbe potuto immaginare una sfuriata di quel genere per delle sciocchezze da nulla? che aveva il padrone da un pezzo in qua, che non ci si poteva piú reggere?

— Che cosa ha? — rispose l’Hutin. — Si sa che cos’ha! Che ci ho colpa io se quella seccherella delle «confezioni» gli fa girare la testa?... Tutto dipende da lei. Lui sa che ci sono stato a letto insieme, e non gli va a sangue; oppure è lei che mi vuol far mandar via, perché le do noia... Ma vi giuro io, che, se mai costei mi capita fra le unghie, le sconta tutte!

Due giorni dopo, nel salire ai laboratori per raccomandare in persona una ragazza, l’Hutin trasalí nel vedere in fondo a un andito Dionisia e il Deloche con i gomiti su una finestra aperta, tanto sprofondati in una conversazione intima, che non si voltaron nemmeno.

Gli venne subito il pensiero di farli sorprendere; il Deloche piangeva. Allora se n’andò in punta di piedi; e avendo per la scala incontrati il Bourdoncle e il Jouve, disse loro ciò che gli venne lí per lí, un guasto qualsiasi a un uscio. Cosí sarebbero saliti su, e avrebbero visto tutto.

Il Bourdoncle li scoperse per primo: si fermò e disse al Jouve d’andare a cercare il direttore; lui avrebbe aspettato lí.

L’ispettore dovette obbedire, per quanto non gli piacesse punto entrare in quell’imbroglio.


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