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il paradiso delle signore

be caduta tra le braccia di quell’uomo, vinta nella carne e nel cuore, se non avesse sentito repugnanza a darsi intera, gettandosi nell’ignoto dell’avvenire. L’amante le faceva paura, quella paura pazza che fa pallida la donna quando le si avvicina l’uomo.

Il Mouret s’era accasciato in un cupo scorag giamento. Non capiva. Tornò al banco, prese dei fogli che riposò subito, e disse:

— Non vi trattengo piú: non vi posso tenere contro la vostra volontà.

— Ma io non me ne voglio andare! - rispose lei sorridendo — se mi credete onesta, resto... Le donne bisogna sempre crederle oneste: ce n’è molte di donne oneste, ve l’assicuro io.

Gli occhi di Dionisia, involontariamente, s’eran posati sul ritratto della Hédouin, della signora tanto bella e brava che col suo sangue, dicevano, recava fortuna al magazzino. Il Mouret seguí gli sguardi della giovinetta, trasalendo, perché gli era parso risentire la voce della moglie morta: quelle parole le ripeteva spesso lei. Ed era quasi una resurrezione: gli tornava in Dionisia il buon senso, il giusto equilibrio di colei ch’egli aveva perduta; perfino la voce dolce, aliena dalle parole inutili. Ne fu commosso, e divenne anche piú triste.

— Sapete che io sono una cosa vostra, oramai — mormorò per concludere. Fate di me quel che vi pare.

Allora lei rispose spigliatamente:

— Cosí va bene. Il consiglio d’una donna, per umile che sia, è sempre utile starlo a sentire, quando ella ha un po’ d’intelligenza. Se vi affidate alle mie mani, ne farò una brava persona di voi; state sicuro!


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