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XIII

U

na mattina di novembre Dionisia dava i primi comandi alla sezione, quando la serva del Baudu accorse a dirle che la signorina Genovefla aveva passato malissimo la nottata, e che voleva veder subito la cugina. Da qualche giorno la poveretta non faceva che deperire sempre piú, e da quarantott’ore s’era dovuta mettere a letto.

— Ditele che vengo subito! — rispose Dionisia inquietissima.

Genoveffa moriva; e la finiva d’uccidere l’improvvisa scomparsa del Colomban, il quale, deriso da Clara, aveva cominciato col dormir fuori di casa; poi, cedendo alla pazzia di desiderio che investe i giovanotti sornioni e casti, divenuto il cane obbediente di quella sgualdrina, un lunedí non s’era fatto piú vedere, mandando al padrone una lettera d’addio sul tono di chi si vuole uccidere.

Chi sa che in fondo a quella sfuriata d’innamorato non ci fosse la furberia d’uno scapolo contentissimo di sfuggire a un matrimonio poco di suo gusto? Il negozio non stava meglio della sua promessa sposa: il momento di farla finita era scelto bene. E lo citavano tutti come una vittima dell’amore.


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