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il paradiso delle signore

dare, tutti gli uomini lo accompagnarono sebbene ci fosse un bel pezzo di strada da Via Sant’Onorato al camposanto di Montmartre. Bisognò tornare per Via San Rocco e ripassare daccapo davanti al Paradiso delle signore. Quel povero cadavere di giovinetta veniva cosí portato su e giú, intorno al gran magazzino, come la prima vittima caduta sotto le palle di una rivoluzione. Sulla porta, flanelle rosse garrivano al vento come bandiere, e una mostra di tappeti variopinti splendeva in una sanguigna fioritura di rose enormi e di peonie spampanate.

Dionisia, intanto, era salita in un legno; con l’anima presa da tale tristezza e commossa da dubbi cosí pungenti, che non aveva piú avuta la forza d’andare innanzi. Si doveron fermare in Via Dieci Dicembre, davanti i palchi della nuova facciata che intralciavano ancora il movimento della strada. E Dionisia vide il Bourras, rimasto addietro, che trascicava la gamba tra le ruote del legno dov’era sola. Non sarebbe mai potuto arrivare al camposanto, a quel modo. Aveva alzata la testa e la guardava. Poi, a un tratto, egli salí in carrozza.

— Son questi maledetti ginocchi! — mormorò. — Perché vi scostate?... Non v’odio mica!

Lei s’accorse ch’era lo stesso uomo di prima, affezionato e rabbioso: brontolava e diceva che quel diavolo del Baudu doveva avere la pelle dura se resisteva a quel po’ po’ di mazzate sul capo. Il corteo s’era rincamminato; e, affacciandosi, Dionisia poté veder lo zio ostinato ad andare dietro al carro col passo pesante che pareva guidasse il moto cupo e doloroso dell’accompagnamento. Allora ella s’abbandonò in un cantuccio, e ascoltò i lunghi discorsi dell’ombrel-


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