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cata di starsene in mostra, era sul punto d’andarsene a fare una passeggiata di mezz’ora per il quartiere, quando un giovane che veniva lesto lesto dalla Via Port-Mahon la fece restare lí un altro minuto. Doveva essere uno dei capi, perché tutti i commessi lo salutarono. Era alto, bianco di pelle, con la barba ben pettinata; e aveva certi occhi lucenti come oro vecchio che, nell’attraversare la piazza, fissò un momento su lei. Entrava già indifferente nel magazzino, e la fanciulla era lí sempre immobile, sconvolta da quell’occhiata che l’aveva turbata in un modo singolare, piú malessere che piacere. Impaurita sempre peggio, si mise a far lentamente Via Gaillon, poi Via San Rocco, per aspettare che le tornasse un po’ di coraggio.

Altro che uno dei capi! era Ottavio Mouret in persona. Quella notte non aveva dormito, perché nell’uscire da una festa in casa d’un agente di cambio era andato a cena con un amico e due donne raccattate tra le quinte d’un teatruccio. Il soprabito tutto abbottonato nascondeva la coda di rondine e la cravatta bianca. Salí frettoloso in camera sua, si lavò, si mutò i vestiti, e quando scese a sedersi nello scrittoio del mezzanino, stava benissimo, con l’occhio lucido, la pelle fresca, pronto al disbrigo delle faccende quasi avesse dormito nel suo letto dieci ore. La stanza, grande, coi mobili di quercia antica, e coi tendoni verdi, non aveva altro ornamento che un ritratto; quello della signora Hédouin di cui nel quartiere si seguitava a discorrere. Da quando era morta, Ottavio serbava di lei un dolce e caro ricordo, e si mostrava sempre riconoscente della ricchezza che ella sposandolo gli aveva donata. Difatti, prima di mettersi a firmare


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