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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/177

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soggiorno in villa per perfezionare l’educazione dei figli; parlava loro di Parmentier.

La sera il desinare fa pazzamente allegro.

Gli ospiti mangiarono a due palmenti.

Nana, animatissima, si bisticciò col cameriere, un giovine che aveva servito all’arcivescovado d’Orléans. Dopo il caffè; le donne fumarono. Un chiasso da orgia usciva dalle finestre, si sperdeva di lontano nella serenità della sera; mentre i villici, che s’erano indugiati lungo le siepi, voltavano la testa per guardar la casa fiammeggiante di luce.

— Ah! L’è una seccatura che ripartiate posdomani, disse Nana. Basta! Si combinerà ad ogni modo qualcosa.

E fu deciso che s’andrebbe l’indomani, domenica, a visitar le rovine dell’antica abbadia di Chamont, a sette chilometri di distanza. Cinque carrozze verrebbero da Orléans a prendere la brigata dopo la colazione, e la ricondurrebbe a pranzo alla Mignotte verso le sette. Sarebbe una delizia!

In quella sera, come al solito, il conte Muffat salì il poggio per suonar al cancello. Ma la grand’illuminazione della sala da pranzo e del salotto, le risate sonore lo sorpresero. Capì il tutto riconoscendo la voce di Mignon e s’allontanò, inferocito, spinto all’estremo da questo nuovo ostacolo, deciso a qualche atto violento. Giorgio, il quale passava da una porticina di cui aveva la chiave, salì pacificamente nella camera di Nana, scivolando lungo i muri. Gli convenne però aspettarla fino a mezzanotte. Essa venne infine, molto brilla, più maternamente tenera dell’altre notti; quando beveva, la si faceva così amorosa che non si poteva più liberarsene. Volle assolutamente che Giorgio l’accompagnasse all’abbadia di Charmont. Lui resisteva per tema d’esser veduto; se l’avessero scorto in carrozza con lei, vi sarebbe stato uno scandalo abbominevole. Ma Nana ruppe in pianto, colla rumorosa disperazione d’una donna sacrificata e gli toccò acquistarla, pros metterle formalmente di venire.

— Dunque, mi vuoi proprio bene? balbettò lei. Ripetilo; ripeti che mi ami tanto, tanto! Di’ su, lupicino mio, se morissi, te ne dorrebbe molto?

Alle Fondette, la vicinanza di Nana, metteva sottosopra la