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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/222

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— Orsù! Avrete presto finito d’insultarmi!... Tu, mio caro, —

son contenta che tu sia pure venuto, perchè così, vedi, la ripulitura sta per essere completa... Andiama, hop! fuori!

Poi, siccome non si affrettavano punto, paralizzati:

— Eh? direte che faccio una corbelleria? Può darsi. Ma mi avete troppo ristucca!... Basta così! ne ho pien le tasche d’essere chic! Se creperò di fame, sarà che l’avrò voluto.

— Una, due, ricusate d’andarvene?... Ebbene! guardate!

Ho gente.

E con un gesto brusco, spalancò l’uscio della sua camera.

Allora, ì due uomini, in mezzo al letto scomposto, videro Fontan.

Questi che non si aspettava di essere messo in mostra a quel modo, aveva le gambe per aria, la camicia volante, avvoltolato come un caprone, colla sua pelle nera, in mezzo alle trine sgualcite. Non si turbò punto, del resto, abituato alle sorprese del palco-scenico. Dopo il primo sobbalzo di stupore trovò un visaccio, un gioco di fisonomia per cavarsela con onore; fece il coniglio, com’egli diceva, sporgendo la bocca, arricciando il naso, con un agitare di tutto intero il muso. La sua testa di Fauno triviale e ribaldo, spirava il vizio. Gli era Fontan che, da otto giorni, Nana andava a pigliare al teatro, vinta dalla pazza smania delle cortigiane per la grottesca bruttezza dei comici brillanti.

— Ecco! diss’ella additandolo, con un gesto da tragica. Muffat, che aveva sopportato tutto, si ribellò sotto quell’affronto ingiurioso.

— Puttana! balbettò.

Ma Nana, già in camera, rivenne, per aver l’ultima parola.

— Puttana? O chè! E tua moglie?

E, andandosene, sbattendosi dietro l’uscio, spinse rumorosamente il chiavistello.

I due, rimasti soli, sì guardarono silenziosi.

Zoè entrò: non li urtò punto, anzi parlò loro con molta, ragionevolezza. Da persona assennata, ella trovava la grulleria della signora un po’ spinta. Però la difendeva; la non durerebbe molto con quell’istrione, bisognava lasciar svampar quella pazzia là.