Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/415

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le sue ciarle, Gigino e i suoi tristi lamenti di fanciullo roso dal male, un retaggio di guasti e di scrofole lasciatogli da un padre ignoto. Ma passava delle ore ancora peggiori. Una sera, dietro una porta, aveva udito Nana raccontare con veemenza alla sua cameriera, che un preteso riccone gliel’aveva fatta; sicuro, un bell’uomo, che si diceva americano, con mine d’oro nel suo paese, un animale che se l’era svignata mentre lei dormiva, senza lasciare il becco d’un quattrino, portando via anzi un libricciolo di carta di zigarette; il conte, pallidissimo, aveva ridisceso lo scala in punta di piedi per ignorare la storia. Un’altra volta fu costretto a saper ogni cosa. Nana, incapricciata d’un baritono di café-concert, e da questi piantata, pensò al suicidio, in una crisi d’ipocondria sentimentale; trangugiò un bicchier d’acqua in cui aveva fatto sciogliere uaa manata di solfini, che la fece orribilmente star male, senza ucciderla. Il conte dovette assisterla e subirsi la storia della sua passione con lagrime e giuramenti di non volerne più sapere degli uomini. Nel suo disprezzo per questi porchi, come essa li chiamava, non poteva però farne senza, avendo sempre qualche amante del cuore sotto le gonnelle, abbandonandosi a dei capricci inesplicabili, ai gusti depravati di quella._ sua sazietà dei sensi.

Dacchè Zoè si faceva trasandata per calcolo, la buona amministrazione del palazzo era tutta scompigliata al punto che Muffat non osava più spingere una porta, tirate una cortina» aprire un armadio: il meccanismo non funzionava più, dappertutto sì trovavano uomini, che si urtavano gli uni negli altri ad ogni istante. Ormai, egli tossiva prima d’entrare, avendo corso il rischio di trovare la giovin donna al collo di Francesco, una sera che era uscito per un momento dallo spogliatoio per dir di attaccare, mentre il parrucchiere dava alla signora un ultimo colpo di pettine. Erano repentini abbandoni dietro le sue spalle, del piacere preso in tutti gli angoli, vivamente, in camicia od in gran sfarzo di abbigliamento, col primo capitato. Essa la waggiungeva tatta rossa, felice di un tal furbo. Con lui, la cosa l’annoiava a morte, una fatica insopportabile.

Nell’angoscia della sua gelosia, il disgraziato era giunto