Pensavo, Amor, che tempo fussi omai

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Lorenzo de' Medici

XV secolo Indice:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu Letteratura Canzone II. [Meglio morte che star lontano da lei: pure è lieto sentendo che il suo esilio le dispiaccia.] Intestazione 28 settembre 2023 100% Da definire

Vidi madonna sopra un fresco rio Se avvien che Amor d'alcun brieve contento
Questo testo fa parte della raccolta Opere (Lorenzo de' Medici)/III. Rime


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canzone ii

[Meglio morte che star lontano da lei: pure è lieto

sentendo che il suo esilio le dispiaccia.]


     Pensavo, Amor, che tempo fussi omai
por fine al lungo, aspro, angoscioso pianto,
ed alla doglia mia,
non pur voler seguir nel mio mal tanto
tu e Fortuna troppo iniqua e ria;5
ché poi, quando vorrai,
come conviensi a tanta signoria,
mantener quel che giá promesso m’hai
(ah quante volte e quanto!),
ti fia difficil, benché tutto possa.10
L’alma, li spirti e l’ossa
state son tue sotto questa fidanza,
quanto sai, Amor, ed io, che ’l pruovo, meglio,
che con questa speranza
fanciul tuo servo fui, e son giá veglio.15
     Io mi vivea di tal sorte contento,
e sol pascevo l’affannato core
della sua amata vista;
le belle luce e ’l divino splendore
quetavon l’alma, benché afflitta e trista,20
e per questo ogni stento
dolce parea, che per amar s’acquista.
Fa la speranza di maggior contento
ogni pena minore,
ma ria Fortuna, al mio bene invidiosa,25
turbar volle ogni cosa,
e ’l mio tranquillo stato e lieta sorte,
e tolsemi la vista onde sempre ardo.
Oimè! meglio era morte,
che star lontan dal mio sereno sguardo.30

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     Onde or, non potendo altro, pasco l’alma
della memoria di quel viso adorno,
ed a’ divin costumi
col pensier mille volte il dí ritorno.
Se Fortuna mi toglie i vaghi lumi35
e turba ogni mia calma,
non è però che in selve e ’n valli e ’n fiumi,
ove lo spirto porta la sua salma,
o notte oscura o giorno
sempre gli occhi non vegghino il lor sole,40
e le dolci parole
non risuonino ancor ne’ nostri orecchi:
ché ’l rimembrar le cose amate e degne,
benché pur altri invecchi,
in cor gentil per tempo non spegne.45
     Io vo cercando i piú elati colli,
e volgo gli occhi stanchi in quella parte,
ov’io lasciai il mio bene,
lá, onde il tristo cor mai non si parte;
e di questo il nutrisco e d’una spene,50
che presto fien satolli,
se non rompe il pensier morte che viene,
gli occhi, che tanto tempo giá son molli;
e con questo una parte
del mio mal queto e l’alma riconforto,55
ed in pazienzia porto
lo ingiusto esilio e la sorte aspra e dura,
tanto che piú felice tempo torni;
e se pure il mal dura,
può ristorar un’ora i persi giorni.60
     Canzon, lá dove è il core
or te n’andrai, se giá non t’è impedita
la via, sí come a me, segui la traccia:
di’ che lieta è mia vita,
sentendo questo esilio a lei dispiaccia.65