Poema paradisiaco/Hortus conclusus/La sera

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LA SERA.

I.

Rimanete, vi prego, rimanete
qui. Non vi alzate! Avete voi bisogno
di luce? No. Fate che questo sogno
duri ancora. Vi prego: rimanete!


5Ci ferirebbe forse, come un dardo,
la luce. Troppo lungo è stato il giorno:
oh, troppo! Ed io già penso al suo ritorno
con orrore. La luce è come un dardo.

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Anche voi non l’amate; è vero? Gli occhi
10vostri, nel giorno, sono stanchi. Pare
quasi che non possiate sollevare
le pàlpebre, su quei dolorosi occhi;


e nulla, veramente, nulla è più
triste de l’ombra che le ciglia immote
15fanno talvolta a sommo de le gote
quando la bocca non sorride più.

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II.

Ma chi vide più larghi e più profondi
occhi dei vostri, se incominci il sole
a morire? Quale anima si duole
20fascinata da abissi più profondi?


Io non conosco, veramente, cosa
che somigli a quel lento dilatarsi
ne la sera: — non gli astri in alto apparsi,
non i fiori. Non so nessuna cosa.

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25E quale cosa eguaglia ne la vita
del mio spirito l’estasi e il terrore
che m’invadono? Il mio corpo non muore
e pur sembra ch’io viva oltre la vita!


Sembra che in ciel l’innaturale forma
30con la sera divina si congiunga,
poi che l’immensa ombra del ciel prolunga
i tuoi capelli in una sola forma,


in una sola onda, in un sol fiume
misterioso che con un suo largo
35giro m’avvolge e trae nel suo letargo
dando l’oblìo come l’antico fiume.

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III.

Piangi, tu che hai nei grandi occhi la mia
anima ed in cui palpita il mio cuore
segreto, o tu, sorella del Dolore,
40sorella de la Sera, unica mia.


Per consolarmi in ore di tristezza
io ti creai de la più pura essenza,
fantasma immarcescibile, ma senza
consolare la mia vera tristezza!