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Poesie (Parini)/IV. Le odi/XIX. Sul vestire alla ghigliottina

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XIX. Sul vestire alla ghigliottina

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XIX. Sul vestire alla ghigliottina
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XIX

SUL VESTIRE ALLA GHIGLIOTTINA

(A Silvia)

[1795]

     Per che al bel petto e all’omero
con súbita vicenda,
per che, mia Silvia ingenua,
togli l’indica benda,
     5che intorno al petto e all’omero,
anzi a la gola e al mento,
sorgea pur or, qual tumida
vela nel mare al vento?
     Forse spirar di zefiro
10senti la tiepid’óra?
Ma nel giocondo ariete
non venne il sole ancora.
     Ecco di neve insolita
bianco l’ispido verno
15par che, sebben decrepito,
voglia serbarsi eterno.
     M’inganno? O il docil animo
giá de’ feminei riti
cede al potente imperio:
20e Paltre belle imiti?
     Qual nome o il caso o il genio
al novo culto impose,
che si dannosa copia
svela di gigli e rose?

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     25Che fia? Tu arrossi? E dubia,
col guardo al suol dimesso,
non so qual detto mormori
mal da le labbra espresso?
     Parla. Ma intesi. Oh barbaro!
30oh nato da le dure
selci chiunque togliere
da scellerata scure
     osò quel nome, infamia
del secolo spietato;
35e diè funesti augurii
al femminile ornato;
     e con le truci Eumenidi
le care Grazie avvinse;
e di crudele immagine
40la tua bellezza tinse!
     Lascia, mia Silvia ingenua,
lascia cotanto orrore
all’altre belle, stupide
e di mente e di core.
     45Ahi! da lontana origine
che occultamente nóce,
anco la molle giovane
può divenir feroce.
     Sai de le donne esimie
50onde si chiara ottenne
gloria l’antico Tevere,
Silvia, sai tu che avvenne;
     poi che la spola e il frigio
ago e gli studi cari
55mal si recáro a tedio
e i pudibondi lari;
     e con baldanza improvvida,
contro a gli esempi primi,
ad ammirar convennero
60i saltatori e i mimi?

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     Pria tolleraron facili
i nomi di Terèo
e de la maga colchica
e del nefario Atrèo.
     65Ambito poi spettacolo
a i loro immoti cigli
fúr ne le orrende favole
i trucidati figli.
     Quindi, perversa l’indole,
70e fatto il cor piú fiero,
dal finto duol, giá sazie,
corser sfrenate al vero.
     E lá dove di Libia
le belve in guerra oscena
75empiean d’uria e di fremito
e di sangue l’arena,
     potè all’alte patrizie
come a la plebe oscura
giocoso dar solletico
80la soffrente natura.
     Che piú? Baccanti, e cupide
d’abbominando aspetto,
sol dall’uman pericolo
acuto ebber diletto:
     85e da i gradi e da i circoli
co’ moti e con le voci,
di giá maschili, applausero
a i duellanti atroci:
     creando a sé delizia
90e de le membra sparte,
e de gli estremi aneliti,
e del morir con arte.
     Copri, mia Silvia ingenua,
copri le luci; ed odi
95come tutti passarono
licenziose i modi.

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     Il gladiator, terribile
nel guardo e nel sembiante,
spesso fra i chiusi talami
100fu ricercato amante.
     Cosí, poi che da gli animi
ogni pudor disciolse,
vigor da la libidine
la crudeltá raccolse.
     105Indi a i veleni taciti
si preparò la mano:
indi le madri ardirono
di concepire in vano.
     Tal da lene principio
110in fatali rovine
cadde il valor, la gloria
de le donne latine.
     Fuggi, mia Silvia ingenua,
quel nome e quelle forme
115che petulante indizio
son di misfatto enorme.
     Non obliar le origini
de la licenza antica.
Pensaci: e serba il titolo
120d’umana e di pudica.