Prose della volgar lingua/Libro terzo/XXI

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Terzo libro – capitolo XXI

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Di tanto mostrandosi pago messer Federigo, cosí rientrò il Magnifico ne’ suoi ragionari: - Io posso oltre acciò, messer Ercole, di questo avertirvi, che usanza della mia lingua è il porre questa medesima voce di maniera, che ella ad alcuno per aventura parer potrebbe di soverchio posta; sí come può parere non solo nel Boccaccio, che disse: Dio il sa, che dolore io sento, dove assai bastava che si fosse detto, Dio sa, che dolore io sento; e, Quel cuore, il quale la lieta fortuna di Girolamo non aveva potuto aprire, la misera l’aperse, e, Molto tosto l’avete voi trangugiata questa cena, o pure, Come al Re di Francia per una nascenza, che avuta avea nel petto, et era male stata curata, gli era rimasa una fistola; o pure in quest’altre parole, nelle quali questa voce due volte vi si pare soverchiamente detta: Il che come voi il facciavate, voi il vi sapete, e somiglianti; ma ancora nel Petrarca, il qual disse:

E qual è la mia vita, ella sel vede;

dove medesimamente, se egli detto avesse Ella si vede, sí si pare che egli avrebbe a bastanza detto ciò che di dire intendeva, senza altro. Tuttavia egli non è cosí; ché quantunque ciò che in questi luoghi si dice, dire eziandio senza quella voce si potesse, dico in quanto al sentimento degli scrittori, nondimeno, quanto poi all’ornamento e alla vaghezza del parlare, manifestamente veder si può che ella non v’è di soverchio posta, anzi vi sta di maniera, che non poco di grazia vi s’arroge, cosí dicendo. E questo nelle altre voci, Mi e Ti e Vi, parimente si fa, ché si disse: Io mi rimarrò giudeo, come io mi sono, e Deh che non ceni, se tu ti vuoi cenare, e Io non so se voi vi conosceste Talano; e sopra tutte nella Si, con la qual si disse: Io sono stato piú volte già, là dove io ho vedute merendarsi le donne, e Io non so qual mala ventura si facesse a sapere che il marito mio andasse iermattina a Genova, o ancora: O se io avessi avuto pure un pensieruzzo di fare qualunque s’è l’una di queste cose. Il quale uso, passato parimente nel verso, fe’ che Dante in molti de’ suoi versi disse come in questi:

Bastavasi ne’ secoli recenti,

e

Ma ella s’è beata, e ciò non ode;

il che imitando, il Petrarca medesimamente disse:

Beata s’è che può beare altrui,

e altrove

Né so che spazio mi si desse il cielo,

e somiglianti.