Relazione sulla Federconsorzi/IV/Parte prima

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La Federconsorzi: dalla prosperità al dissesto - Parte prima

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La Federconsorzi: dalla prosperità al dissesto - Parte prima
IV IV - Parte seconda


La Federconsorzi: dalla prosperità al dissesto

Parte prima

La posizione della Federconsorzi nel sistema agroalimentare italiano: analisi, denunce e valutazioni critiche


La storia economica della Federconsorzi esula dai compiti di questa Commissione che, tuttavia, ritiene che giovi all'intelligenza della vicenda ricordare alcuni dati, risalenti ad epoca immediatamente precedente il decennio 1980-1990, nonché, quelli più significativi del periodo esaminato, coincidente con l'acme della parabola ascendente e con l'inizio di quella discendente.

In passato già una Commissione parlamentare di inchiesta, quella sui limiti posti alla concorrenza nel campo economico, si era di fatto occupata della Federconsorzi, sia pur da un diverso angolo visuale.

In particolare, la relazione di minoranza Miceli-Ognibene era entrata nel merito della gestione ponendone bene in evidenza luci ed ombre ed era giunta a profetizzare quasi la gravità della crisi che si sarebbe verificata quando le contraddizioni tra struttura cooperativistica e reali funzioni sarebbero scoppiate. Ed invero vi si legge:

"L’organizzazione consorzi agrari-Federconsorzi costituisce oggi, (…) un’efficiente, moderna macchina commerciale, dotata d'impianti d'alto livello tecnico, di una rete di vendita penetrante, guidata da uno staff manageriale di livello adeguato alla pluralità delle operazioni di un'holding la cui attività si esplica sui mercati nazionali e su quelli esteri (costituisce un punto d'orgoglio dell’organizzazione il fatto, ad esempio, che entro il suo organico operino 2.320 tecnici, tra agronomi, ingegneri, periti).

La tenuta dell’immenso mercato, sul quale conserva per una gamma vastissima di prodotti la preminenza indiscutibile, deriva alla Federconsorzi (…)..i – chi ha potuto penetrare i meccanismi dell’organizzazione lo ha percepito senza difficoltà – dalla sostanziale organicità del disegno che collega apparato industriale, rete di approvvigionamento, organizzazione di vendita, un disegno che si realizza in una compenetrazione di elementi di centralismo e di dinamismo periferico corrispondente ai più efficaci modelli strategici delle grandi holdings moderne.

L’anomalia di un complesso di entità economiche (Federconsorzi, Consorzi Agrari, società collegate) dal giro di affari di migliaia di miliardi, che ha alla base uno statuto cooperativistico, ma che vive ormai della vita di una società finanziaria privata, non è certamente di quelle risolubili senza contraddizioni e senza traumi: intervenire su un organismo tanto complesso per imporgli trasformazioni radicali comporta infatti il rischio dell’appesantimento e della paralisi (…), comporta il pericolo, dopo qualche anno, di rendere necessario per Consorzi Agrari e per Federconsorzi, lo stanziamento di un "fondo di dotazione" (…). Se tutti i ministri dell’agricoltura, sotto i cui occhi compiaciuti la "privatizzazione"

In nota : è interessante notare come all’epoca il concetto di "privatizzazione" della Federconsorzi fosse utilizzato, sul presupposto che essa rappresentasse una organizzazione ispirata ad efficiente modello "privatistico", per esprimere un suo ritenuto allontanamento dal perseguimento di finalità pubblicistiche a servizio dell’intera agricoltura italiana; anni dopo , nella fase del declino la possibile salvezza della Federconsorzi sarà individuata in una sua "privatizzazione " intesa come liberazione dai vincoli della sua stessa struttura.

della Federconsorzi ha proceduto incontrastata, si fossero meno disinteressati della corrispondenza tra lo statuto dell’ente e la sua prassi operativa, forse l’immenso patrimonio di strumenti e di capacità manageriali sarebbero stati usati, fino dal dopoguerra, in modo da contribuire più direttamente allo sviluppo dell’agricoltura italiana; oggi non sussisterebbe il rischio di distruggere, nella rissa politica in cui non è improbabile si procederà alla ristrutturazione, il maggiore strumento operativo disponibile per l’intervento economico nella nostra agricoltura.

(…) Ma il ruolo svolto dal complesso Federconsorzi nella politica agraria nazionale risulta ancora maggiore delle sue dimensioni, pure imponenti: per non poche delle voci del dibattito di politica agraria il problema Federconsorzi si identifica infatti con la stessa sostanza del problema agricolo nazionale.

Non sarebbe difficile, anzi, ripercorrendo a ritroso il dibattito politico e giornalistico di tutto il dopoguerra, identificare nella polemica attorno alla Federconsorzi una delle costanti della vita politica nazionale".

Negli anni successivi, la Federconsorzi visse un lungo periodo di prosperità, godendo di grandi disponibilità patrimoniali, allargando e consolidando le sue partecipazioni.

In nota

Ciononostante- o forse proprio per questo- essa s’ispirò al massimo riserbo sui risultati gestionali.

Anche di seguito, negli anni ‘70-’80, i risultati degli esercizi vennero resi pubblici mediante bilanci che si connotavano di notevole cripticità e che non consentivano in alcun modo si comprenderne le dinamiche gestionali ed i risultati operativi.


(…) E’ solo dalla gestione 1976 che, costretta dai rigori della nuova legislazione fiscale, la Federconsorzi ha dovuto piegarsi alla compilazione di bilanci che, pure alquanto sintetici, offrono tuttavia alcune indicazioni numeriche degli azionisti, un resoconto tanto ricco di dichiarazioni celebrative e di magniloquenti fotografie quanto povero di cifre. Il prospetto contabile cui era demandato di tradurre in cifre la vita economica dell'organismo era tale che qualsiasi ragioniere avrebbe dovuto reputarlo insufficiente a definire i termini dell’esercizio economico di un bottegaio dal giro di affari di mezzo milione. Fino al 1975 quel prospetto è consistito praticamente in un solo conto patrimoniale, in cui tutti gli immobili, edifici, magazzini, scali, aziende agricole, erano sinteticamente valutati per 11.965.579.252 (meno del valore del palazzo romano ove hanno sede gli uffici centrali)".


Nel decennio tra il 1980 ed il 1990, mentre il capitale sociale rimaneva e non poteva che rimanere, perché lo limitava la legge del 1948, sempre di sole lire 4.650.000 (quattromilioniseicentocinquantamila) pari a 93 quote da lire 500.000 cadauna detenute dai consorzi, i dipendenti salivano a circa 2.000, i depositi di benzina agricola a 1.500, gli empori a 3.500.


La Fedit era, di fatto, una holding che controllava in forma diretta od indiretta società industriali, commerciali ed immobiliari.

Le principali società controllate erano le seguenti:


Bancarie, parabancarie ed assicurative:

Agroalimentari:

Credito agrario Ferrara

Fedital

FATA

Zuccherificio Castiglionese

Federleasing

Colombani-Massa Lombarda

ICA

Agrifactoring


Varie complementari:

Immobiliari:

SIAPA

AGRICOLE UPV

ARSOL

ALCEA

CARPI

IMMOBILIARE MONTEVERDI

SITOCO

SIICMA

REDA

INDIPENDENZA

SISFORAGERA

VILLA YORK

SASA



La Fedit aveva inoltre partecipazioni nelle seguenti società:


I.O.R. (Italiana Oli e Risi )


Enichem A.


B.N.A.anca nazionale dell'agricoltura


Banca nazionale del lavoro.N.L.


Montedison



I valori delle società controllate e collegate, riferiti agli esercizi 1988-1989 e 1990, sono riprodotti nei quadri sinottici che seguono per rendere concretamente intellegibileintelligibile l'entità del complesso costituto del sistema federconsortile:


SOCIETÀ COLLEGATE


SOCIETA'

(valori in milioni di lire)

ESERCIZIO 1988
ESERCIZIO 1989
ESERCIZIO 1990

 Entità

Partecipaz

Valore

di carico

Scosta-menti

(%)

Entità

Partecipaz

Valore

di carico

Scosta-menti

(%)

Entità

Partecipaz

Valore

di carico

Scosta-menti

(%)

 Diretta
Ind
                    

Agrifactoring

20.00
-
2,000
0.00
20.00
-
2.00
0.00
20.00
-
2.000
0.00

Agriservice

33.00
-
66
0.00
33.00
-
66
0.00
33.00
-
66
0.00

Banca naz. Agricoltura

- ordinarie

13.10
-
13,392
0.00
13.23
-
37.111
177.12
13.29
-
165.612
346.26

- privilegiate

13.10
-
4,472
0.00
13.30
-
8,714
94.86
13.30
-
36.059
313.81

Cerealfiocco Modena

-
-
-
-
-
-
-
-
50.00
-
4.027
100.00

Eurograin intern. Holding

30.40
-
15
0.00
30.40
-
15
0.00
30.40
-
15
0.00

Federconsorzi Leasing

15.34
-
767
0.00
45.00
-
2.616
241.16
50.00
-
637
-75.65

Ginestra

-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-

Interaudit Formazione

-
-
-
-
-
-
-
-
15.25
-
57
100.00

Istituto per l'edilizia Economica e popolare –Bari

11.25

-

2

0.00

12.85

-

2

0.00

12.85

-

2

0.00

Istituto per l'edilizia Economica e popolare – Cagliari (in liquidazione)

12.50

-

1

0.00

12.50

-

1

0.00

0.00

-

0

-100.00

O.I.M.A.I.- Officina interconsorziale macchine agricole industriali

25.00

-

700

0.00

25.00

-

653

-6.71

25.00

-

576

-11.79

Pasfedit

-
-
-
-
33.33
-
729
100.00
33.33
-
667
-8.50

S.A.I. –Società adriatica interconsorziale

32.47
-
342
0.00
32.47
-
342
0.00
32.47
-
342
0.00

SICPA- Soc. interconsorziale Conser. Prodotti agricoli

33.00

-

330

0.00

33.00

-

330

0.00

33.00

-

277

-16.06

TOTALE

    22.087
      52.579
      210,337

SOCIETÀ CONTROLLATE



SOCIETA'

(valori in milioni di lire)

ESERCIZIO 1988
ESERCIZIO 1989

 Entità

Partecipaz

Valore

di carico

Scosta-menti 

(%)

Valore part.netto

Proquota

Entità

Partecipaz

Valore

di carico

Scosta-menti 

(%)

Valore part.netto

proquota

 Diretta
Indir
      Diretta
Indir
      

Agripalco – Società di valorizzazione agricola

100.00
-
1,584
00.00
1,691
100.00
-
1,584
0.00
1,691

Agritrade

-
-
-
-
-
50.00
-
150
100.00
n.d.

A.I.D. agricola immobiliare Dauna

100.00
-
3,729
37190.0
191
100.00
-
220
-94.10
219

A.L.C.E.A. – Az. Lav. Costr. Edili Agr.

99.99
-
63
0.00
113
99.99
-
63
0.00
150

ARSOL- Industria it. Prodotti SOL

100.00
-
3,853
0.00
4,662
100.00
-
3,853
0.00
4,662

Banca di Credito di Ferrara

77.92
20.00
53,579
0.00
30,493
77.92
11.23
53,579
0.00
30,493

CAPPA Società consortile

64.00
36.00
128
0.00
128
64.00
-
128
0.00
128

CE.R.ZOO. Centro Ric. Zootecniche

51.00
49.00
31
100.00
n.d.
51.00
1.50
102
229.03
n.d.

C.I.S.E. – Cons. it. Scambi Estero in liqui.

21.65
64.95
0
0.00
n.s.
21.65
64.94
0
0.00
n.s.

COLOMBANI LUSUCO (1)

100.00
-
36,356
26.02
28,915
100.00
-
28,915
-20.47
n.d.

E.ME.RI.- Enopoli meridionali riuniti

100.00
-
67
0.00
156
100.00
-
67
0.00
156

Enologia Valtellinese (2)

-
-
-
-
-
-
-
-
-
-

Fabbrica interconsorziale concimi e prodotti chimici della Campania

100.00
-
200
-50.00
-80
100.00
-
200
0.00
220

Fabbrica Perfosfati

-
-
-
-100.00
288
-
-
-
-
-

F.A.T.A.

55.92
-
5,448
-14.76
36,817
56.13
-
6,014
10.39
56.203

Federfin

98.00
2.00
1,078
0.00
1,042
98.00
2.00
1,666
54.55
983

Federgraf

98.00
2.00
4,410
0.00
3,367
98.00
2.00
3,842
-12.88
3,842

Fedexport Bruxelles

4.96
95.04
2
0.00
n.c.
4.96
94.78
0
-99.99
n.c.

Fedexport – Federconsorzi Expor-import

98.00
2.00
588
0.00
578
98.00
2.00
1,071
82.14
581

Fedexport France

2.00
98.00
3
0.00
n.c.
2.00
98.00
3
0.00
n.c.

Fedexport Monaco

100.00
-
0
0.00
n.c.
100.00
-
0
0.00
n.c.

Fedexport U.S.A.

20.00
80.00
139
59.77
n.c.
20.00
80.00
27
-80.58
n.c.

Fedexport Zurigo

100.00
-
8
0.00
n.c.
100.00
-
8
0.00
n.c.

Fedital

89.23
6.51
54,920
-12.50
54,918
96.68
2.00
193,433
252.21
59,503

Fedidata

-
-
-
-
-
-
-
-
-
-

Feditinvest

51.00
49.00
255
0.00
256
55.12
19.00
1,102
332.16
103

Fertilgest

98.00
2.00
196
0.00
892
98.00
2.00
196
0.00
707

FILI-società- interconsoziale Lavorazione e Commercio Legnami

78.77
4.36
18
0.00
127
78.77
4.30
18
0.00
184

Granducato Enopolio di Pogg.

-
-
-
-
127-
-
-
-
-
-

ICA – Istituto per l'esercizio di Credito Agrario

80.00
0.02
5,390
80.75
-3,634
80.00
0.02
3,634
-32.58
3,634

1mmobiliare Basilicanova

-
-
-
-10.00
-
-
-
-
-
-


La Fedit, inoltre, era il veicolo esclusivo di commercializzazione dei trattori Fiat e partner di importanti gruppi economici, quali l'Enichem e la Ferruzzi; deteneva pacchetti azionari di maggioranza, di controllo o di riferimento in banche e società assicurative e di factoring: Banca nazionale dell’agricoltura, Credito aagrario Fferrarese, FATA sspa - società di assicurazione -, Agrifactoring sspa.

La Fedit esercitava, inoltre, di fatto una funzione bancaria, tanto da essere considerata il più importante istituto bancario di credito agrario: il giro annuo di affari era di circa 1.000 miliardi. Perdurando l'istituto degli ammassi volontari, essa era ente ammassatore per conto e nell'interesse dello Stato. Infine svolgeva funzioni di assuntoria nell'ambito e per conto dell'AIMAima.

Disponendo del più vasto patrimonio di silos granari, in larga parte costruiti con finanziamenti dello Stato, nonché di silos per ogni altro genere di derrate, era il più importante assuntore italiano.

Le cifre sono imponenti e le attività svolte vitali per l'agricoltura italiana.

Il sistema federconsortile sembrava, dunque, funzionare.

Ma già negli anni Sessanta non erano mancate le denunce su numerosi aspetti negativi di questo sistema, che pur in quegli anni prosperava grazie ai ricavi delle gestioni speciali: la preminenza della Federconsorzi sui consorzi agrari provinciali, l'estromissione dei veri agricoltori dall’amministrazione dei consorzi, gli alti prezzi di vendita dei prodotti acquistati dalla Fedit e rivenduti ai consorzi, le spese eccessive, l'inefficienza del controllo sindacale, l'asservimento politico.

Si tratta di critiche fondate e condivisibili, anche in riferimento alla gestione degli anni successivi, che già indicavano alcune delle ragioni della successiva crisi del sistema, che si manifesterà molti anni dopo, quando la redditività assicurata dalla fonte pubblica sarà del tutto venuta meno.

Già negli anni Sessanta i consorzi agrari in generale versavano in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed erano a rischio di fallimento.

Fin da allora un efficaceDenunciava pubblicista denunciava :

IN NOTA Emilio (????) Morandini Anatomia dei consorzi agrari Ed. Arnia 1961………..:

"La vita dei consorzi agrari viene falsata perché la loro attività è ispirata a criteri e preoccupazioni politiche, anzi di una fazione di un partito". (…) Spesso i capi agenzia e i capi filiale provengono dalle file sindacali dei coltivatori diretti o ricoprono il duplice ruolo economico e sindacale, mentre in periodo elettorale si trasformano in attivisti per procacciare voti soltanto ai parlamentari dei coltivatori diretti. Sicché i consorzi sono diventati delle grandi agenzie elettorali, il cui finanziamento viene fatto da tutti gli agricoltori e dallo Stato (gestioni fuori bilancio) ma il cui lavoro va a beneficio della minoranza (…). La Federconsorzi stipula accordi particolari rimasti segreti con i produttori industriali, Anic, Edison, Fiat, Montecatini ecc…. ma non lo fa come suo dovere statutario nell’interesse e per conto dei consorzi, sibbene per quello proprio (…). Alcuni consorzi pagano gli stipendi ai funzionari della coltivatori diretti oltre le spese generali e della propaganda, del giornale e le altre spese dell’apparato politico periferico del noto onorevole Bonomi quando viene mobilitato per i vari ordini di elezioni amministrative e politiche. (…) Il pessimo andamento di molti consorzi, le molteplici e continuate irregolarità (…) stanno a provare che su tutto l’apparato degli ammassi non esiste un minimo controllo ministeriale e che la vigilanza (…) sui consorzi agrari e sulla loro federazione, attribuita espressamente dalle legge al Ministero dell’agricoltura e delle foreste non viene affatto esercitata".


Gran parte delle accuse del pubblicista, che all'epoca potevano sembrare esasperate e sospette, hanno trovato pieno riscontro negli accadimenti successivi.

L'abuso dei fondi della Fedit è oggetto di un processo penale pendente dinanzi al tribunale di Roma e, indipendentemente dal giudizio che la magistratura ne darà, sembra alla Commissione trovare ampio supporto documentale. Non sembra senza significato che gli imputati abbiano ritenuto di risarcire il danno, sia pur nella misura proporzionalmente modesta di dieci miliardi.

Della carenza, se non inesistenza, dei 'assenza dei controlli si è già detto.

Quanto ai rapporto tra la Fedit ed i consorzi ed ai rispettivi ruoli, va osservato Alle considerazioni già esposte va aggiunto che non si trattò di omissioni imputabili a negligente inerzia, ma di omissioni dovute alla consapevolezza dell'utilità che ne sarebbe conseguita per gli organismi beneficiari e, quindi, di oggettiva connivenza.

E pensare che, prima di assumere il controllo della Fedit, l'onorevole Bonomi dichiarava: "Io penso che non i consorzi debbono dipendere dalla federazione ma la federazione dai consorzi.

Vorrei che il Ministero dell’agricoltura non predisponesse gli statuti dei consorzi e della federazione, ma si limitasse a fissare determinati punti di massima, lasciando liberi i consorzi di darsi lo statuto che preferiscono, di scegliersi i funzionari nei quali hanno maggior fiducia di federarsi o non federarsi. E come potranno essere liberi di non federarsi una volta che avrete stabilito a priori che la federazione ha diritto di controllarne la funzionalità o di limitare la scelta dei direttori e dei vice direttori? La Federazione c’è già con servizi attrezzati e funzionari, nella grande maggioranza, capaci ed esperti; tanto meglio. Ma le sue mansioni e la sua sfera di competenza, la sua politica economica deve essere liberamente determinata dai soci, non imposta dallo Stato. Deve venire tutto dal basso, non scendere dall’alto".

E’ ben noto come andarono in seguito le cose.Quando l'onorevole Bonomi assunse il controllo della Federconsorzi le cose - è ben noto - andarono invece in tutt'altro modo.



La situazione economico-finanziaria


2.1. Alcuni dati di bilancio


Al fine di illustrare l'evoluzione della situazione economica e finanziaria della Federconsorzi dal 1982 al 1990, appare utile riepilogare alcuni dati più significativi dei bilanci, con l’avvertenza che si farà riferimento ai dati ufficiali, la cui attendibilità, come si vedrà in seguito, appare limitata dalle larghe he pur sembrano essere stati largamente manipolazioni di cui furono oggetto.ti.

L’esercizio 1980 della Federazione italiana dei consorzi agrari si chiuse con un utile netto di un miliardo e 91 milioni di lire, con un aumento del 20,3 per cento rispetto al 1979.

Dal bilancio approvato dall’Assemblea dei soci risultò infatti che i "ricavi" ammontarono a 1.924 miliardi e 380 milioni e i "costi" a 1.923 miliardi e 289 milioni.

In un tal andamento "sembra riflettersi – si legge nella relazione del Consiglio di amministrazione – il sommario disegno di una situazione agricola generale che risente delle difficoltà del settore zootecnico, degli onerosi costi del petrolio e derivati, mentre si avvale in apprezzabile misura di mezzi tecnici, eccettuate le sementi selezionate impiegate in quantità insufficienti".

L’esercizio 1982 si chiuse con un utile netto di 1 miliardo 735 milioni di lire: il 43,5%% per cento in più rispetto all’anno precedente. I "ricavi" complessivi infatti ammontarono a 2.321 miliardi e 717 milioni, mentre i "costi" a 2.319 miliardi e 982 milioni.

Il movimento merceologico fece registrare introiti per 1.997 miliardi, che, raffrontati a quelli del 1981, rappresentavano un aumento del 7,7% per cento%.

Nella relazione all’Assemblea, il presidente Truzzi ricordava la difficile situazione congiunturale per tutta l’economia e l’agricoltura in particolare.

Il successivo esercizio 1983 si chiuse, parimenti, con un utile netto dichiarato di 2.252 milioni. Il presidente Truzzi, nell'annunciarlo, ne attribuiva il merito ad un "avveduta conduzione amministrativa", ma non poteva nascondere le difficoltà costitute dal problema del finanziamento che, "per il suo alto costo, rappresenta un autentico nodo scorsoio al collo del settore agricolo". Si dava quindi notizia del ricorso ad un finanziamento per 55 milioni di ECU, che tuttavia si rivelava del tutto insufficiente.

Nel corso dell'esercizio 1984 si fece, infatti, ricorso ad un nuovo e più importante finanziamento sul mercato londinese che veniva concesso da un pool di banche straniere ed italiane per 140 milioni di ECU.

L'esercizio 1984 si chiuse con un utile netto di 2.598 milioni. I risultati globali vennero definiti confortanti.

Il bilancio 1985 segnò un utile di 2.897 milioni. Si segnalarono aumenti di fatturato non significativi di un nuovo e diverso trend.

Il bilancio 1986 si chiuse con un utile netto di 2.980 milioni, attestandosi sui livelli dell’anno precedente. Il fatturato complessivo dei consorzi agrari ammontava a 4.981 miliardi e 670 milioni, a fronte di 5.231 miliardi e 263 milioni del 1985, con una diminuzione del 4,77 per cento.

Quanto alle società controllate dalla Federconsorzi, il fatturato complessivo si aggirò attorno ai 1.150 miliardi.

Il risultato dell'esercizio 1987 segnò un utile di 3.014 milioni.

Il bilancio 1988 si chiuse con un utile di 3.415 milioni. Il deficit complessivo dei consorzi agrari nel corso dell'anno si attestò "ufficialmente" sui 2.000 miliardi di lire.

I bilanci 1989 e 1990 si chiusero in pareggio.


anno

risultato di esercizio
importo (lire milioni)

1982

Utile netto
lire 1.735

1983

Utile netto
lire 2.252

1984

Utile netto
lire 2.598

1985

Utile netto
lire 2.897

1986

Utile netto
lire 2.980

1987

Utile netto
lire 3.076

1988

Utile netto
lire 3.014

1989

Pareggio contabile
lire 0

1990

Pareggio contabile
lire 0

1991

Perdita
- lire 1.681.825



2.2. Osservazioni tecniche


2.2 Osservazioni tecniche: analisi comparata ed evolutiva dei bilanci della Federconsorzi, dal 1982 alla data del commissariamento


La Commissione ha proceduto a sottoporre ad analisi comparativa ed evolutiva i bilanci della Fedit dal 1982 in poi.

A tal fine, si sono, innanzi tutto, riclassificati i dati in conformità delle più corrette metodologie di redazione del bilancio.

La riclassificazione del patrimonio - attivo e passivo - e dei conti economici è sintetizzata nei quadri sinottici riportati nell'allegato 4 della presente relazione.


2.3.le poste dell'attivo


A) Le liquidità immediate


Tale posta patrimoniale presentava, nell'anno 1982, una liquidità di circa lire 196.000 milioni, di cui lire 195.000 milioni circa rappresentavano le disponibilità attive della società sui conti correnti bancari.

Tali disponibilità diventarono sempre più consistenti fino a raggiungere nel 1988 un livello altissimo, pari a lire 581.694 milioni.

Anche nel successivo biennio (1989 - 1990) i depositi bancari restarono a livelli elevati per scendere solo nel 1991 a lire 69.327 milioni.

Il raffronto tra l'ammontare dei depositi bancari, nell’arco temporale considerato, e l’indebitamento medio verso banche nello stesso periodo, evidenzia un forte squilibrio tra gli interessi attivi percepiti e gli oneri derivanti dagli interessi passivi corrisposti alle banche, attesa la diversità tra i minori tassi attivi ed i maggiori tassi passivi.

La costante permanenza di elevati depositi bancari scarsamente remunerati, a fronte della grande entità dell'indebitamento, palesa una cattiva gestione dei mezzi finanziari disponibili che avrebbero dovuto essere ben più proficuamente gestiti.


B) Le liquidità differite


Alla chiusura del bilancio al 31 dicembre 1982, le liquidità differite erano pari a circa lire 1.322.167 milioni per raggiungere un importo di circa lire 3.239.223 milioni al 31 dicembre 1990, registrando, nel periodo in esame, un incremento pari a circa lire 1.917.056 milioni.

La consistente diminuzione fu l'effetto dell’adeguamento dei rischi su crediti per circa lire 1.310.174 milioni, e dei rischi per interessi di mora pari a lire 524.855 milioni.

La "liquidità differita" si incrementò, quanto ai "crediti verso i consorzi agrari", sia per gli interessi attivi, sia per gli interessi di mora.

Tali crediti presentavano, però, un elevatissimo grado di inesigibilità a fronte del quale non furono eseguiti, se non da ultimo, adeguati accantonamenti di fondi ed in particolare del "fondo rischi su crediti", del "fondo rischi su effetti allo sconto" e del "fondo rischi interessi di mora".

Al 31 dicembre 1991 le liquidità differite scesero a lire 1.719.437 milioni.

Il mancato adeguamento, negli esercizi di competenza, dei fondi rischi in rapporto al grado d'inesigibilità dei crediti, determinò perdite pari, nel 1991, a circa lire 1.682 miliardi e, nel 1992, a circa lire 651 miliardi.

L'inattendibilità delle risultanze dei bilanci risulta evidente.


C) Le disponibilità


La voce "disponibilità" indica principalmente la consistenza delle merci in magazzino.

Dall’iniziale valore di lire 77.896 milioni nell'anno 1982 si assistette ad un costante incremento fino a raggiungere nel 1990 l'entità di lire 376.836 milioni.

Nel 1991 il dato si ridusse a lire 139.416 milioni.

L'inattendibilità della posta emerge dall'analisi condotta dai tecnici professori Cattaneo e Pavan, incaricati dal dottor Pellizzoni di eseguire una verifica sull'impianto delle scritture contabili della Fedit i cui risultati sono contenuti in una "bozza di relazione" intitolata "Indagine conoscitiva sul bilancio Fedit 1988".

A pagina 7 del documento si legge infatti: "Non esiste contabilità di magazzino, non è mai stato fatto un inventario fisico (nemmeno dei trattori e delle macchine agricole). Le giacenze ed i valori unitari sono comunicati all’Amministrazione delle Aree Operative Commerciali su supporti "cartacei" inaccettabili nella forma e nel contenuto. Non esiste la minima certezza né sulle quantità né sui valori.

E’ una situazione che può riservare imprevedibili sorprese sia sotto il profilo dei valori (a fine 1988 sono state aggiunte merci viaggianti per 32 miliardi) sia sotto il profilo della correttezza e onestà nei comportamenti operativi".

E più innanzi, nella seconda parte, a pagina 18: "Non esiste una contabilità di magazzino e quindi non erano disponibili al 31 dicembre 1988 giacenze contabili di merci.

Negli ultimi anni non è mai stato fatto un inventario fisico delle giacenze di magazzino.

Le quantità che hanno concorso a formare il valore del magazzino al 31 dicembre 1988 sono state fornite in parte dalle Direzioni Commerciali, sulla base di situazioni extra contabili, e in parte ricavate "da dichiarazioni di esistenza fisica" inviate dai consorzi e dai depositi.

I prezzi che hanno concorso a formare il valore del magazzino al 31 dicembre 1988 sono stati forniti dalle Direzioni Commerciali e si presume siano prezzi – costi medi dell’anno (non si è potuto appurare se includono i costi accessori all’acquisto). Tali valori sono stati accettati acriticamente dall’Ufficio Contabilità Generale e Bilancio.

Il valore del magazzino al 31 dicembre 1988 include 6 miliardi di macchine agricole inserite due volte per errore, ed una rettifica incrementativa di lire 42 miliardi per "merci viaggianti" di cui lire 32 miliardi frutto di uno storno di saldi "dare" di fornitori".

Tanto appare di per sé sufficiente per poter affermare l’inattendibilità del risultato d'esercizio per il 1988 e di tutti i precedenti esercizi.

Le giacenze iniziali e le giacenze finali di merci costituiscono rispettivamente componenti negative e positive di reddito e concorrono, secondo il loro incremento o decremento rispetto all’iniziale valore, al risultato economico positivo o negativo dell’esercizio.

Orbene, se tali valori risultano non controllati o non controllabili sia nella loro reale consistenza, sia nel loro valore, i risultati dell’esercizio che ne scaturiscono sono da ritenere inattendibili.

Una conferma dell'inattendibilità delle giacenze iniziali e finali di magazzino è fornita dalla documentazione rinvenuta negli archivi Federconsorzi in Castelnuovo di Porto ed in particolare delle schede di lavoro elaborate nel corso della consulenza prestata dai tecnici della società di revisione Coopers & Lybrand, su richiesta della gestione Pellizzoni, relativa alla riconciliazione dei saldi clienti e fornitori.

In tali documenti si segnalano anomalie contabili costituite dalle mancate registrazioni di fatture di acquisto di merci, per valori rilevanti, riferite ad anni precedenti al 1990, imputate, dopo il controllo, a sopravvenienze passive e cioè a costi relativi agli anni precedenti.

Le rilevate irregolarità hanno alterato sensibilmente le giacenze di magazzino nel periodo in cui sono verificate e, conseguentemente, anche tutti i risultati degli esercizi.


Le immobilizzazioni materiali


Le immobilizzazioni materiali sono costituite dal patrimonio immobiliare e strumentale della società e sono contabilizzate al costo di acquisto.

La posta di bilancio è stata riclassificata al netto dei relativi fondi e, alla data del 31 dicembre 1982, risulta iscritta per circa lire 32.000 milioni.

Negli anni 1989 e 1990 la posta aumentò per effetto di nuove acquisizioni immobiliari.

Va osservato che, prima del 1989, la società non aveva adeguate conoscenze circa la consistenza e il valore di mercato del proprio patrimonio immobiliare.

Nella già citata bozza di relazione dei professori Pavan e Cattaneo, in merito ai beni materiali e ai fondi di ammortamento si legge che: "Da molto tempo non è stato fatto un inventario fisico dei cespiti e quindi non vi è la sicurezza che ai valori netti contabili corrispondano beni tuttora esistenti e/o utilizzati".

Gli immobili, ancorché di cospicuo valore, dettero, in tutti gli esercizi esaminati, risultati reddituali modesti.

La rendita annuale lorda, derivante dalle "locazioni attive" non superava nel 1982 i 3.000 milioni di lire per raggiungere la punta più alta nel 1991 di lire 7.315 milioni.

Ciò dipese in gran parte dagli insignificanti canoni di locazione che venivano corrisposti, rispetto a quelli di mercato, dalle associazioni di categoria a cui erano stati locati immobili di ingente valore.

Al fine di sanare posizioni debitorie di alcuni consorzi agrari in dissesto, la Federconsorzi aveva, inoltre, acquistato dai debitori immobili di elevato valore che aveva lasciato in uso agli stessi consorzi in comodato gratuito a tempo indeterminato.

In tal modo la Federconsorzi immobilizzò importanti risorse finanziarie aggravando ancor più il proprio squilibrio economico e finanziario.

La gestione del patrimonio immobiliare della Federconsorzi fu, dunque, del tutto negativa.


E) Le immobilizzazioni finanziarie


Nella posta in esame risultano comprese, a partire dal 1982 fino al 1988, le partecipazioni in società controllate e collegate e le partecipazioni in altre società.

Nel corso degli anni la Federconsorzi praticò una politica espansiva di gruppo con la costituzione di nuovi organismi societari, l’acquisizione di partecipazioni e la sottoscrizione di aumenti di capitale in preesistenti società controllate e collegate, come si può evincere dal seguente prospetto:


 1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991

Controllate

43.278
48.334
60.750
146.813
202.458
203.542
207.530
403.167
483.283
393.371

Collegate

26.859
38.290
39.647
20.366
22.268
22.087
22.087
52.580
210.336
24.375

Altre soc.

4.974
5.026
5.154
5.164
5.591
49.082
71.512
76.706
43.381
33.852

 75.111
91.650
105.551
172.343
230.317
274.711
301.129
532.453
737.000
451.598

F.do adeguem.

Partecip.

                (5.012)
(16.571)

 75.511
91.650
105.551
172.343
230.317
274.711
301.129
532.453
731.988
435.027


Dal quadro sinottico risulta evidente l’ingente progressione d’impiego di capitali di rischio nelle partecipazioni societarie che, da lire 75.111 milioni del 1982, salirono vertiginosamente fino a raggiungere, nel 1989, il ragguardevole importo di lire 532.453 milioni.

Va, in proposito, subito considerato che la Federconsorzi non disponeva che di un modesto capitale proprio, riportato come segue in milioni nei bilanci 1982 e 1991:


 1982
1991

Capitale sociale

4.700
4.650

Riserva ordinaria

1.825
5.577

Riserva straordinaria indivisibile

907
2.802

F.do Solidarietà Consortile

836
2.117

Riserva tassata

  738

Riserva Legge 19.12.73 n. 823

2.329
2.329

Legge 576/1975 allineamento capitale fisso

4.174
4.174

Legge 576/1975 allineamento partecipazioni

3.915
3.915

Legge 72/1983 Ris. da rivalut.ne monetaria

20.970
20.969

A disposizione del Cons. amm.ne

  5.179

Contributi in c/capitale

7.430
30.883

TOTALE

42.872
78.688


I maggiori valori esposti negli anni 1988, 1989, 1990 e 1991 sono costituiti da "contributi in conto capitale".

Il capitale proprio era, in realtà, da tempo diventato inesistente per effetto delle perdite subite.

La Federconsorzi andava ricapitalizzata o messa in liquidazione da molto tempo prima del commissariamento.

Per procurarsi gli ingenti capitali necessari all’acquisizione delle partecipazioni, alle ricapitalizzazioni, al ripianamento delle perdite ed al finanziamento delle società partecipate, la Federconsorzi ricorse sistematicamente e per grandi entità al credito ordinario incrementando ulteriormente la sua esposizione debitoria nei confronti del sistema bancario, in tal modo peggiorando il suo squilibrio economico-finanziario.

Va osservato, infine, che i valori riportati nei bilanci non fanno alcun riferimento al patrimonio netto delle società partecipate.

Anzi, per talune partecipazioni furono a lungo esposte sopravvalutazioni.

Per altre partecipazioni, poste in liquidazione ancor prima del 1985, i valori di costo furono mantenuti in tutti i bilanci fino al 1989.

Fino al 1990 non venne effettuato alcun accantonamento per tali capitali di rischio sul "fondo adeguamento partecipazioni" e quando ciò avvenne gli accantonamenti, rispettivamente di lire 5.012 milioni e di lire 16.571 milioni, furono del tutto inadeguati, rispetto alle più consistenti perdite verificatesi.

Inoltre, nel 1988 il decremento della partecipazione in Fedital spa di lire 114.738 milioni fu imputata, senza essere rilevata nel conto perdite e profitti, direttamente in diminuzione del "Fondo interventi Organizzazione".

Analoghe operazioni furono eseguite nel 1989 con l'utilizzo di fondi, aventi natura di riserva.

La procedura seguita per tali contabilizzazioni, che dovevano invece correttamente gravare sul conto economico, occultò il reale risultato dell’esercizio, violando in tal modo il principio della "trasparenza del bilancio".


2.4 Le poste del passivo


A) Le passività correnti

Le passività correnti per la quasi totalità rappresentano le "fonti di finanziamento" utilizzate dalla Federconsorzi per gli impieghi effettuati.

L’incremento fu, nel periodo esaminato, crescente, fino a raggiungere, al termine dell’esercizio 1990, un valore di lire 4.633.028 milioni, scendendo di poco alla fine del 1991 a lire 4.344.305 milioni.


B) Le passività consolidate

Nelle passività consolidate sono appostati tutti i fondi esposti nel bilancio della Federconsorzi nei diversi esercizi.

La posta registrò, nel primo esercizio in esame, un valore complessivo di lire 198.590 milioni e raggiunse nel 1986 un valore di lire 305.628 milioni.

Essa scese in maniera sensibilissima nei successivi esercizi, fino ad assestarsi a lire 97.257 milioni nel 1991.

Una sensibilissima riduzione dei fondi appostati in bilancio avvenne nel 1989.

Gran parte degli stessi vennero fatti confluire nei proventi dell’esercizio concorrendo in modo decisivo al raggiungimento di un apparente ed artificioso pareggio.

Nel quadro riassuntivo che segue sono riportati i fondi appostati nei diversi bilanci esaminati.




FONDI

1982
1983
1984
1985

1986

1987
1988
1989
1990
1991

Fondo accantonamenti tassati

78.072 
78.072 
78.072 
78.072 
78.072 
78.072 
78.072 




Fondo oneri futuri




74.267 
74.267 
27.311 

Fondo rischi su crediti

5.464 
42.985 
51.267 
60.654 
73.608 
145.537 
185.537 
38.979 
139.579 
1.310.174 

Fondo rischi su crediti per inter. di mora

13.570 
34.302 
58.498 
58.498 
58.498 
92.836 
134.871 
238.658 
252.855 
524.855 

Fondo interventi organizzazione

40.000 
55.000 
75.000 
97.000 
26.500 
29.740 
78.202 




Fondo oscillazione cambi

6.000 
12.000 
20.000 
25.000 
27.000 
23.165 
23.165 
13.555 
15.702 


Fondo oneri corsi

Aggiorn.to prof.le

1.500 
3.000 
4.500 
5.500 
5.500 
5.500 




Fondo spese ricerche e

Sperimentazione


5.000 
10.000 
13.000 
13.000 
13.000 




Fondo imposte

47.898 
56.467 
3.619 
7.976 
79.045 
23.411 
13.871 
13.001 
13.801 


Fondo plusvalenze

da reinvestire

480 
95
1.039 
1.977 
986 






Fondo rischi su effetti

allo sconto e all'incasso





113.354 
14.974 

Fondo adeguamento

Partecipazioni





5.012 
16.571 

Fondo trattamento fine rapporto

69.374 
70.465 
72.166 
73.169 
72.622 
69.552 
67.956 
39.588 
40.603 
29.592 

Cassa previdenza personale

4.997 
4.997 
4.997 
4.997 
4.997 
4.997 
4.997 




TOTALE

295.855 
355.883 
442.658 
421.843 
539.828 
585.810 
605.171 
518.048 
655.173
1.923.477 


C) Capitale e riserve

Nel periodo preso in esame il patrimonio netto contabile della società variò nel modo che segue:


alla data del 31 dicembre 1982 l’ammontare del capitale e delle riserve è pari a complessive lire 42.872 milioni di cui lire 7.430 milioni costituiscono contributi in conto capitale e, lire 31.388 milioni, riserve per rivalutazione monetaria;


alla data del 31 dicembre 1991 il capitale e le riserve ammontano a complessive lire 78.688 milioni, e sono costituite da lire 31.388 milioni per rivalutazioni monetarie, da lire 30.883 per contributi in conto capitale e da lire 5.159 per "fondi a disposizione del Consiglio di amministrazione".


2.5 Osservazioni sui conti economici relativi agli esercizi dal 1982 al 1991


Una prima osservazione s'impone: il margine operativo lordo risulta molto ristretto rispetto all’elevato volume di affari e fortemente influenzato dai "costi dei servizi" e dalle "spese gestioni speciali".

Su di esso influiscono anche, positivamente o negativamente, le variazioni in più o in meno delle giacenze di magazzino.

Le illustrate anomalie riguardanti le giacenze di magazzino, da ritenersi inattendibili, si riflettono sui risultati degli esercizi esaminati, da considerarsi anch’essi inattendibili.

Ad analoga conclusione si perviene considerando la posta, attiva costituita dagli interessi passivi addebitati ai consorzi agrari, che influirono notevolmente sui risultati economici. Si tratta infatti di una componente positiva di reddito in gran parte puramente apparente o quanto meno virtuale, per l’incapacità della maggioranza dei consorzi agrari di far fronte ai loro debiti.

Per valutare gli effetti positivi nominali che gli interessi in parola, peraltro elevati, hanno avuto sui risultati della gestione nel periodo 1982-1991, si riportano di seguito gli importi relativi agli "Interessi attivi" sui crediti vantati dalla Federconsorzi, imputabili, in misura preponderante, ai consorzi agrari:


anno

(lire milioni)
Importo

1982

lire
121.631

1983

lire
108.898

1984

lire
107.593

1985

lire
174.557

1986

lire
168.282

1987

lire
143.601

1988

lire
161.060

1989

lire
85.896

1990

lire
154.190

1991

lire
92.190

totale

lire
1.317.898


Vanno aggiunti i proventi riportati annualmente nei conti economici derivanti da interessi di mora, sui crediti verso i consorzi agrari ammontanti per il periodo considerato a complessive lire 524.648 milioni, così distinti per ciascuna annualità:


anno

(lire milioni)
Importo

1982

lire
13.570

1983

lire
20.732

1984

lire
24.196

1985

lire
30.115

1986

lire
----

1987

lire
34.337

1988

lire
42.036

1989

lire
103.786

1990

lire
116.236

1991

lire
119.640

totale

lire
504.648


I proventi venivano così implementati con "interessi attivi" del tutto od in larga misura solo nominali.

Amministratori e sindaci ben sapevano che gli interessi non sarebbero stati mai riscossi, ma se ne servivano per occultare le perdite reali, senza neppure stanziare fondi ai quali attingere per far fronte ai mancati introiti.

Se la Fedit avesse applicato nella formazione dei bilanci i criteri previsti dalla tecnica contabile e dalle norme civilistiche si sarebbero ben presto evidenziate le perdite reali.

Confermano l'assunto le enormi perdite risultanti dai bilanci al 31 dicembre 1991 e al 31 dicembre 1992, rispettivamente di lire 1.681.825 milioni e di lire 658.839 milioni.


2.6 I risultati dei bilanci relativi agli anni 1989 e 1990


Il "pareggio" di bilancio fu raggiunto negli agli anni 1989 e 1990 attraverso l’utilizzo di riserve e di fondi e di "passività liberate".

Non si tratta di componenti positive di reddito ma sono operazioni di natura esclusivamente contabile.

In particolare il pareggio del bilancio 1988 fu possibile con l’utilizzo dei seguenti fondi:


Fondo Oscillazione Cambi

9.610 milioni

Fondo rischi su crediti

55.558 milioni

Svalutazioni dirette liberate

92177 milioni

Fondo TFR Tassato

13.700 milioni

Fondo corsi di aggiornamento prof.le

7.500 milioni

Fondo Spese ricerca

5.500 milioni

Fondo oneri futuri

13.000 milioni

TOTALE

220.921 milioni


Per l’esercizio 1989 il pareggio fu possibile mediante l’utilizzo dei seguenti fondi:


Fondo Oscillazione Cambi

13.555 milioni

Fondo rischi su crediti

9.000 milioni

Svalutazioni dirette liberate

36.423 milioni

Fondo rischi interessi di mora

5.791 milioni

Fondo imposte

69 milioni

TOTALE

64.838 milioni


Quindi per l’anno 1988 furono utilizzati fondi per ben lire 220.921 milioni, mentre per l’anno 1989 per complessive lire 64.838 milioni.

A ciò va aggiunto l'utilizzo di sopravvenienze attive costituite da "Debiti prescritti" per lire 159.733 milioni.


2.7 Anomalie gestionali riscontrate


Nell'anno 1990 la società Coopers & Lybrand fu incaricata della riconciliazione dei saldi dei partitari dei fornitori e dei clienti.

Il controllo della società evidenziò gravi anomalie gestionali, di seguito elencate:



- fatture non contabilizzate o registrate su altro partitario (altri uffici)

lire
993.000.350

- fatture non contabilizzate o registrate su altri partitari (Cap)

lire
114.797.500

- altri pagamenti doppi

lire
2.166.159.946

- note di credito da recuperare

lire
167.294.327

- pagamenti doppi – APO

lire
176.870.731

- sopravvenienze passive riferite a fatture di acquisto anni precedenti al 1990 scaturite dalla riconciliazione

lire
8.864.095.775

- sopravvenienze attive riferite alla riconciliazione dei saldi clienti relativi ad anni precedenti al 1990

lire
2.915.523.107

- lista fornitori sospesi in assenza di documentazione

lire
1.840.205.468


Inoltre:


- registrazioni duplicate delle fatture passive "orzo" avvenute nel 1987 e nel 1988

lire
2.570.307.750

- note di credito a completamento fatture del 1989 (ESSO – FIAT – SIAPA)

lire
6.568.900.783

- fatture passive 1989 registrate per un importo superiore

lire
2.000.000.000

- rilevazione di una sopravvenienza passiva dovuta ad una erronea contabilizzazione della fattura Italiana Oli e Risi

lire
2.496.349.900

- errata contabilizzazione di interessi passivi riferiti al prestito in eurolire

lire
2.555.000.000


Appare evidente che i risultati degli esercizi di riferimento erano sensibilmente alterati.

La regolarizzazione delle anomalie avvenne, anch'essa, con una procedura non corretta che alterò il risultato dell’esercizio 1990.

L’aspetto di maggiore gravità che emerge dai dati raccolti e dalla documentazione esaminata riguarda i consistenti "pagamenti doppi" rilevati.



2.83. Valutazioni critiche


Il crescente indebitamento ed il crescente squilibrio finanziario non impedirono alla Fedit di distribuire utili ai soci, i consorzi agrari, fino al 1988 per un totale di 5,8 miliardi.

La cessazione della gestione degli ammassi pubblici obbligatori segnò la fine dell’opulenza della Federconsorzi.

Molti consorzi agrari erano già, negli anni Settanta, in una situazione di difficoltà che si accentuò progressivamente nel decennio successivo.

La Federconsorzi, che gran parte dei suoi profitti aveva tratto dalla attività di mediazione commerciale esercitata nei confronti dei suoi soci e che era stata governata da un gruppo dirigente con rilevanti e riconosciute capacità gestionali, fu segnata negli anni Ottanta dagli effetti di tre fattori concomitanti ed interdipendenti.

La dirigenza del periodo non si rivelò della stessa statura di quella del passato. Dal novembre 1981 all’aprile 1989, la carica di presidente fu ricoperta dal senatore Ferdinando Truzzi e, quella di direttore generale, dal ragionier Luigi Scotti.

Si accentuò l’influenza delle organizzazioni di categoria ed in particolare della Coldiretti che, in armonia con le impostazioni politiche generali del partito di riferimento, la Democrazia Ccristiana, piegò il mutualismo, insito nella struttura a base cooperativa del sistema, ad assistenzialismo e quindi, di fronte alla sempre più accentuata crisi economica e finanziaria di consorzi, assegnò alla Fedit il ruolo tipico di un ente pubblico assistenziale a sostegno del sistema satellitare dei consorzi, conservati così vitali per mantenere il consenso politico ed elettorale che ne derivava a prezzo del progressivo depauperamento e dell’inevitabile tracollo forte della casa madre.

Grazie al sostegno della Federconsorzi non vennero commissariati e liquidati quei consorzi le cui condizioni avrebbero richiesto tale provvedimento.

Si trattò, quindi, di una scelta politica ed economica radicalmente sbagliata, che coltivava l’illusione di poter far fronte alla crisi con l’iniezione di danaro pubblico, come era avvenuto ed avveniva in altri settori economici, trascurando di rammentare che la permanente gestione monolitica del sistema federconsortile da parte di un solo partito, ed anzi di una sola parte della Democrazia cristiana, avrebbe incontrato l’invalicabile opposizione degli altri partiti di governo e di opposizione.

In tal modo si crearono i presupposti del collasso irreversibile.

Il progressivo aggravarsi della situazione, che i bilanci continuavano ad occultare con varie alchimie, finì per non poteva non ppreoccupare la pur inadeguata ed organicamente succube perfino una dirigenza della Fedit.

inadeguata, succube ed inerte come quella della Fedit, e, soprattutto la Coldiretti che aveva il massimo interesse a non perdere gli immensi vantaggi che dalla vitalità della controllata Fedit le derivavano.

Si giunse così al maggio 1987: il ragionier Scotti incontrò presso la Fedit i responsabili dei singoli consorzi.

Oggetto della riunione fu la correttezza dell’impostazione dei bilanci dei consorzi dell’anno in corso, poiché si temeva di trovarsi di fronte ad una situazione reale peggiore di quella ufficiale.

Ciò basterebbe a dare l’esatta misura dell’inadeguatezza dei controlli interni –- dei Collegi sindacali - ed esterni e cioè ministeriali.

Malgrado avesse ricevuto assicurazioni di fedeltà, il ragionier Scotti andò a parlare della questione con la persona che è apparsa alla Commissione come il vero dominus esterno della Fedit e cioè con il presidente della Coldiretti, onorevole Lobianco.:

Eevidentemente, o aveva motivo di non fidarsi delle assicurazioni ricevute, o la situazione prospettatagli era in realtà molto preoccupante.

Non potendo confidare nelle risorse interne della Fedit, l'onorevole Lobianco ritenne di avvalersi di un tecnico esterno, il professor Pellegrino Capaldo.

Ll'onorevole Lobianco. E Ffu proprio quest'ultimo Lobianco a presentò are al ragionier Scotti il professor Capaldo, che si incontrò ripetutamentepiù volte con i dirigenti della Fedit e dei consorzi.

Ad ulteriore conferma del ruolo preminente e decisivo delle organizzazioni professionali, di cui si è già trattato, va rilevato che

In nota Cap.secondo; par.quarto

il prof.essor Capaldo si incontrò più volte per discutere i problemi della Fedit non con i soli tecnici ma anche e, soprattutto, con i presidenti della Coldiretti e della Confagricoltura come ha ricordato alla Commissione il 1° febbraio 2000 il presidente pro tempore di ques’ultima., dott.or Wallner:

"La Federconsorzi continuava da sempre ad assumere connotazioni politiche, per cui era impossibile imporre una gestione e una considerazione economicistica, non dico rigorosa, ma almeno confacente con i tempi.

(…) ………..Fui convocato, come sempre, da Lobianco (lo considero un galantuomo, anche se mi hanno insegnato che a un certo punto bisogna assumersi le proprie responsabilità) ad un incontro con il professor Pellegrino Capaldo …(…). Mi chiese se ero d’accordo a partecipare ad alcune riunioni in cui avremmo rappresentato al professor Pellegrino Capaldo la vicenda. Risposi: "Altroché, se sono d’accordo! Anche senza preavviso, comunque e dovunque io vengo". Potrei essere più preciso, ma partecipai a non più di tre riunioni.

Dissi al professor Pellegrino Capaldo tutto quello che mi stava in corpo, compresa l'assoluta necessità, a mio avviso, che fosse assunta la responsabilità della gestione di un corpo malato, obiettivamente e finanziariamente, a cui porre mano molto più che rapidamente. Con mia sorpresa l'ultima volta il professor Capaldo mi guardò attentamente facendomi un piccolo complimento, nel senso che mostrò di capire perché passassi per un uomo difficilmente gestibile e molto appassionato e, rivolto a Lobianco, disse (questo non me lo dimenticherò): "Il dottor Wallner dice delle cose che per buona parte sono incontestabili. Se qua non ci mettiamo le mani, la situazione peggiora". Tuttavia alla fine aggiunse: "Non fasciamoci la testa prima che sia rotta" (…)".


I risultati dell’esplorazione diel professor Capaldo, che da quel momento sembra essere diventato diventò il più autorevolemassimo e decisivo "consigliere" della Federconsorzi

In nota ("non si muoveva foglia che Capaldo non voglia lesse" dichiarava il dottor Cocco, presidente del Collegio sindacale della Fedit, alla Commissione ministeriale di inchiesta Poli Bortone il 3 aprile 1995 per descriverne il ruolo)

si tradussero in un progetto di accorpamenti di consorzi, di dismissioni di partecipazioni non strategiche, ma anche in una forte rassicurazione per tutti.

Il professor Capaldo stimò in almeno 1.000 miliardi il patrimonio netto della Fedit e, quindi in una somma tale da rassicurare sulla possibilità di far fronte al crescente indebitamento bancario.

Il ragionier Scotti percorse anche la strada di tentare di avviare una maggiore capitalizzazione dei consorzi ed quindi di ottenere l’afflusso di capitali dall’interno del mondo agricolo, utilizzando i benefici previsti dalla legge n. 752/8 del 1986 (anticipazioni a tasso agevolato ed a rimborso differito) ma, come era prevedibile, senza alcun esito.

L’idea era infatti velleitaria: tendeva a risolvere il problema della sottocapitalizzazione dei consorzi senza intaccarne la struttura, non per rilanciarne l’operatività ma per consentire respiro finanziario alla Federconsorzi.

Eppure i reali problemi finanziari della Federconsorzi e dell'intero comparto agricolo non erano sconosciuti: il presidente della Fedit, il dottor Truzzi, denunciava nel 1983 che il settore agricolo aveva un debito complessivo di ben 14.000 miliardi.

Anche i dipendenti della Fedit, che pur godevano di non lievi privilegi, chiedevano la ristrutturazione dell'azienda, tanto da scioperare nel 1986.

All'Assemblea nazionale dell'associazionismo agricolo del 1° dicembre 1986, il presidente della Coldiretti, onorevole Lobianco, poneva il problema della dotazione di mezzi finanziari ed indicava la prospettiva della creazione di una finanziaria.

Nel frattempo, il P.S.I.artito socialista italiano presentava nel 1986 un progetto di riforma della Federconsorzi e dei consorzi agrari che mirava a sottrarli al controllo esclusivo della Coldiretti e della Confagricoltura, invocava il commissariamento dei consorzi in passivo e criticava fortemente gli amministratori della Fedit.

Il P.C.I.artito comunista italiano, con una coeva interrogazione in Senato, chiedeva che la Federconsorzi venisse riformata aprendosi al concorso di tutti gli operatori agricoli.

Nulla accadde; è tuttavia interessante osservare come il problema venisse individuato non nel sistema Federconsorzi in sé, ma nella sua gestione monopolistica.

Nel marzo dell'anno successivo, la Coldiretti lanciava il c.d.osiddetto "pProgetto AQUILAquila" che prevedeva la distribuzione dei prodotti agricoli degli aderenti alla Coldiretti tramite i canali commerciali della Federconsorzi.

Il progetto non riscosse molti consensi, al di fuori della Coldiretti.

Dichiarava a "Il Sole 24 ore" del 30 aprile 1987, il dottor Stefano Wallner, presidente della Confagricoltura: "Per quanto riguarda la Federconsorzi ed i suoi progetti di collaborazione con il mondo industriale nel campo della distribuzione, io dico che prima si dovrebbe fare della Fedit una cosa seria e poi eventualmente pensare a progetti ambiziosi".


Ha riferito alla Commissione, nel corso dell’audizione del 22 febbraio 2000, l'ex sottosegretario all'agricoltura, Maurizio Noci: "In verità, il presidente Lobianco, con altri colleghi della Coldiretti, aveva cercato, poco prima dello scioglimento della Federconsorzi, di mandare avanti un piano che, secondo me, non poteva essere ben visto dalla Presidenza del Consiglio e neanche dal mondo parlamentare ed economico italiano, perché era la brutta fotocopia del famoso "Programma Quadrifoglio" degli anni Settanta. Chiamavano questo piano "progetto Aquila", per il quale occorrevano - se non vado errato - dai 18.000 ai 25.000 miliardi".

Nel 1988, il P.C.I.artito comunista italiano presentò una proposta di legge di riforma della Fedit e dei consorzi agrari chiedendo che la reale consistenza del patrimonio e delle risorse della Fedit e dei consorzi fossero accertate da una commissione ministeriale che ne avrebbe dovuto riferire al Parlamento.

Ancora una volta non se ne fece nulla.

Dunque l'opposizione politica premeva per cambiare ma continuandova a fare della cooperazione il caposaldo di ogni riforma.

La Coldiretti pensò invece ad una soluzione gestionale sul modello di quella che avevano portato, in quegli anni, al vertice dell'Iri Romano Prodi e dell'Eni Franco Reviglio.

Ma la Federconsorzi presentava una struttura ed una condizione che non ne lo consentivanono la salvezza, se non a prezzo di strutturali e senza radicali cambiamenti che non sembra si volessero.

La cultura politica di una parte della Democrazia Cristiana che era più vicina alla Fedit ed ai temi dell'agro-alimentare pensò invece ad una soluzione gestionale sul modello di quella che aveno portato, in quegli anni, alla testa dell' Iri Romano Prodi e dell'Eni Franco Reviglio.

Ma la Federconsozri non era né l'Iri né l'Eni ed il prescelto non era né Prodi né Reviglio.