Ricordanze della mia vita/Parte terza/LI. Sottomissione o deportazione

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LI. Sottomissione o deportazione

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LI. Sottomissione o deportazione
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LI

(Sottomissione o deportazione).

Santo Stefano, 21 febbraio 1857 sera.

... Il giorno 16 il capitano d’Ambrosio venne con un vapore da Ponza a Ventotene, dove domandò ai relegati se vogliono andare in America, e saputo che nessuno vuole, partí subito col vapore alla volta di Napoli. Quando giunse in Ventotene dimandò se il signor Salazar era in Santo Stefano, e saputo che no, e che non v’era stato, ne fece maraviglia. Qui il signor Salazar, fino a stasera, non è venuto ancora: quando verrá, se verrá, io non so ancora che cosa rispondere. Io lascio stare di discutere ciò che Peppino mi scrive il 10 e il 12, che l’affare d’America era sospeso: giacché ho veduto con gli occhi miei il vapore il 16 che ha portato d’Ambrosio in Ventotene. Io voglio credere il peggio, che Salazar verrá a dimandarmi se voglio andare in America. Sino a tre giorni fa, o Gigia mia, io era risolutissimo del sí, perché facevo questo conto fra me: l’ergastolo è cosa orrenda, dove io perdo l’intelligenza la coscienza l’essere di uomo: rimanervi non fa utile alla causa, fa danno a me: uscirne per questa via, non dimandando, ma essendo dimandato, è, nessuno può negarlo, onorevolissimo: restarvi, farebbe sospettare che si volesse dimandare, ed io non voglio che neppure si sospetti di me. Andare dunque è bene per me, è onorevole: in un mese, quaranta, cinquanta giorni si giunge: Raffaele non v’ha messo di piú; il suo amico, che ultimamente ti ha scritto da Montevideo, v’ha impiegato meno di quaranta giorni: e tutti e due sono andati con legni a vela. I disagi, la lunga navigazione, il passaggio della linea, sono cose che le dicono gli sciocchi, o almeno quelli che non sanno che si soffre nell’ergastolo. Pensavo che giunto lí dopo una quindicina o ventina [p. 441 modifica] di giorni mi sarei facilissimamente imbarcato sovra un legno mercantile, pagando al piú al piú una sessantina di ducati. E ti ricordai di rileggere il contratto che fu fatto per Raffaele, il quale per l’andata, il ritorno, e l’istruzione per nove o dieci mesi pagò cinque o seicento franchi, che non ricordo precisamente. Per uscire dall’ergastolo debbo passare l’oceano: ne passerò due, dicevo io. Per riacquistare mia moglie e mio figlio, dovrò ripassare un’altra volta l’oceano; lo ripasserò quattro, e dieci e venti. Un centocinquanta ducati possono bastarmi per dimorare lí pochi giorni, e tornarmene.

Ora ci si dice che di lá non si può ritornare; che sarebbe per noi «una specie di prigionia all’aria aperta e libera, ma sicura quanto l’ergastolo!» Abbiamo letto in una copia della convenzione, un articolo che non è nella copia che me ne hai mandata tu, dal quale articolo si rileva che io dovrei obbligarmi col console in Napoli, e non li con quel governo. Insomma da quello che scrivono persone di autoritá e di fede, e dalle parole stesse della monca convenzione si rileva, che sotto alle condizioni palesi ce ne stanno altre nascoste: che dal territorio dell’Argentina non si può uscire. Di questa condizione, contraria alla costituzione scritta e vantata di quel paese, io non mi curerei molto, perché mi farei far ragione, o pure troverei modo di farmela da me, starei li quattro cinque mesi, e poi saprei trovar la via di tornarmene. Ma per trovar questa via, e restar lí cinque sei mesi ci vorrebbero non piú i centocinquanta, ma i sette ed ottocento, e forse mille ducati. E chi me li dá?

La lettera di P(anizzi) contiene due cose per me gravissime: che egli ed i suoi amici non sperano nulla, e però consigliano dimandare: che io non debbo piú sperare in lui, se fo cosa che egli disapprova. Per la prima parte, o Gigia mia, mi pare che il signor Panizzi non intenda che questa non è quistione di dignitá personale, ma di principio politico. In altri tempi dimandare sarebbe stato sacrificare la propria dignitá, un dire una bugia, e niente piú: e un sagrifizio personale, una bugia per salvarsi può anche passare. Ma ora che le dimande sono [p. 442 modifica] una quistione politica, ora che il governo ne ha fatto una quistione politica, dimandare significa riconoscere per giusto e per legale tutto quello che si è fatto da otto anni in qua, riconoscermi per un birbante meritamente condannato a morte, dare una mentita a tutto ciò che hanno scritti uomini gravissimi ed imparziali, dire al signor Gladstone che è un bugiardo, ai governi di Francia, d’Inghilterra, di Piemonte, e di Austria ancora, che essi si sono ingannati a biasimare la condotta del governo di Napoli; che i malvagi siamo noi, e non il governo. Questo valore io credo che abbia una dimanda di grazia: questo valore le attribuisce il governo, e però la desidera per giustificar sé, per umiliare e svergognare chi la fa, ed infine per non concedere grazia se non a poche persone e di poco conto. Non superbia adunque, non orgoglio, e neppure il santissimo sentimento della dignitá umana, ma considerazioni piú alte e generali mi persuadono a credere che una dimanda di grazia sarebbe un atto nocivo alla causa pubblica, e che farebbe me spregevole a me stesso. Queste ragioni io desidero che tu le comprenda bene, acciocché tu non possa, come le altre donne sciocche, dispiacerti a disamarmi, e dire che voglio sacrificare e me e te e la famiglia, non facendo la dimanda. Siccome tu rispondesti a don Annibale che non ti saresti creduta degna moglie mia se avessi fatta una dimanda per me; cosí io mi crederei indegno dell’amor tuo se per viltá rifiutassi di sofferire l’ergastolo e la morte, tradissi la causa pubblica, le mie opinioni, la mia coscienza, e dimandassi grazia. Ma non c’è altro da sperare: ed io rimango nell’ergastolo senza rimorsi e senza umiliazioni: morirò ancora: che importa? ma puro ed onorato. Ma c’è una via per uscire dall’ergastolo, una via per me onorata, offertami dal governo stesso. Il signor P(anizzi) scrive non si accetti mai, mai, mai, in verun conto. Ma perché? Tu gli hai dimandato un consiglio, cioè di dirti le ragioni del sí, o del no. Egli risponde: no, no, senza dire una sola, solissima ragione. Io ho moltissimo rispetto per lui, e lo pregio come un uomo ottimo, ma avrei voluto che fosse stato schietto in questo affare, avesse accennato una ragione: «No, perché è [p. 443 modifica]un’insidia, perché anderai a morire, ecc.», avesse detto una sola parola. Niente di tutto questo: un no, battuto, e ribattuto. Io perdo la testa ad escogitare una ragione di questo no. Credess’egli che io voglio stabilirmi colá? Ma tu scrivendogli non gli hai detto, che penso di ritornar subito? Credess’egli che di lá non si può ritornare? Ma questo non lo può credere, perché sa che il divieto è contrario a quella costituzione, che noi non siamo venduti schiavi, e che lí si può trovar modo facile di uscire specialmente da uno che esercita una professione liberale, la quale come dice la stessa convenzione, può esercitarsi in qualunque cittá della confederazione. Che dunque può averlo indotto a dire quel no? Io mi confondo, e non so che può essere. La sua autoritá per me è gravissima, ma anche la ragione è gravissima per me, non mi affido interamente al mio giudizio, perché so che altri ne sa piú di me, ma non lascio il mio giudizio fintanto che non mi si mostra che sbaglio. Sono dunque in questo dubbio: sospetto che ci possa essere cosa che io non so: ma, per amor di Dio, perché non mi si dice questo che io non so? io da me non lo trovo. Parlar di pericoli e di linea, è una sciocchezza; che di lá non si possa tornare, è una ragione, ma io spero di poter tornare con ragione, col mio buon diritto, e infine con un po’ d’astuzia. Se avessi mezzi assai mi riderei di questo impedimento a tornare che ci si vuol dare ad intendere, mi comprerei anche il presidente: ma con pochi mezzi e un po’ di garbo me ne tornerò, ancorché si sia convenuto diversamente. Tu informati quanto può pagare una persona per nolo ad un legno mercantile dalla Piata agli Stati Uniti, e poi da questi a Genova, o pure dalla Piata a Genova direttamente, e vedrai che si spende poco. In Napoli la casa de Lorenzo al Piliero ha i manifesti della navigazione a vapore da Genova a la Piata. Fa di averli, leggi, e poi fa un conto: se coi vapori si paga tanto, coi legni a vela quanto? Il ragguaglio è facile. Cosí ti persuaderai.