Rime e ritmi/La guerra

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La guerra

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Bicocca di San Giacomo Nicola Pisano
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LA GUERRA


Cantano i miti — Fuse Prometeo
nel primigenio fango animandolo
la forza d’insano leone:
4l’uomo levandosi ruggí guerra.

Dal rosso Adamo crebbe a l’esilio
il lavorante primo: soverchio
gli parve nel mondo un fratello:
8truce rise su ’l percosso Abele.

Quindi gorgoglia sangue ne i secoli
la faticosa storia de gli uomini,
dal Pàrthenon grande a la tua
12casa candida, Vashingtòno.

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Su l’orso a terra steso rizzandosi
il troglodita brandí ne l’aere
la clava, da i muscoli al cuore
16fervere sentendo la battaglia.

I feri figli giocando al vespero
nel sol rossastro luccicar videro
Tra i massi cruenti la selce,
20e l’acuirono per la strage.

Poi de le cose di fuor le imagini
calde riflesse nel mental fosforo
per mezzo l’april vaporante
24ebri rapiangli, barcollando,

da i palafitti laghi, da i fumidi
antri scavati. Ah, verzicarono
le biade, pria magre su ’l colle,
28nel lavacro de le vene umane.

Dal superato colle i superstiti
guardâro: i fiumi vasti, l’oceano
moltisono, le caliganti
32alpi percossero di stupore

i petti aneli verso il dominio,
le menti accese del vago incognito.
Il pin fu gettato su l’onde,
36da i cerchi di pietre in vetta al monte

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tonâro i fóschi dèi de le patrie,
da i chiusi ostelli le donne risero:
e quindi la guerra perenne,
40cavalla indomita, corse il mondo.

Pria che ’l falcato ferro de l’arabo
profeta il culto suada a i popoli
de l’unico Allah solitario,
44e intorno al sepolcro scoverchiato

del crocefisso ribelle a Ieova
arda il duello grave ne’ secoli
tra l’Asia e l’Europa, onde fulse
48a gli ozi barbari luce e vita;

oh ben pria manda l’aurea Persepoli
gli adoratori del fuoco a gl’ idoli
contro, onde sonò Maratone
52inelita storia ne le genti,

e Zeus su ’l trono de gli Achemenidi,
nume pelasgo d’Omero e Fidia,
ascese co ’l bello Alessandro,
56ed Aristotele meditava.

Dal Flavio Autari che il longobardico
destriero e l’asta spinge nel Ionio
sereno ridentegli dopo
60lungo errare armato, al venturiere

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che uscito a vista del Grande Oceano
cavalca l’onde nuove terribili
armato di spada e di scudo
64pe ’l regio imperio de la Spagna,1

una fatale sublime insania
per i deserti, verso gli oceani,
trae gli uomini l’un contro l’altro
68co’ numi, co ’l mistico avvenire,

con la scïenza. Su le Piramidi
il Bonaparte quaranta secoli
ben chiama. Colà dove mummie
72dormono inutili Faraoni,

al musulmano solenne, al tacito
fellah curvato, tra sfere e circoli,
ei parla i diritti de l’uomo:
76ondeggiano in alto i tre colori.

Oh, tra le mura che il fratricidio
cementò eterne, pace è vocabolo
mal certo. Del sangue la Pace
80solleva candida l’ali. Quando?


Bologna, 9 novembre 1891.



Note

  1. [p. 1056 modifica]Quando l’oltracotanza dell’ignoranza intollerante si sferrò su quest’ode, rea di non acclamazione, anche ci fu chi nel venturiero ravvisò Cristoforo Colombo. Oh! È Vasco Nunez de Balboa, a vista del Mar pacifico, nel settembre del 1513. — Non sarà inopportuno riferire anche qui le sentenze di Carlo Cattaneo messe in fronte alla prima edizione: “Per tutte queste passioni umane la guerra è perpetua sulla terra. Ma la guerra stessa colla conquista, colla schiavitú, colli esilii, colle colonie, colle alleanze pone in contatto fra loro le più remote nazioni; fa nascere dalla loro mescolanza nuove stirpi e lingue e religioni e nuove nazioni più civili, ossia più largamente sociali; fonda il diritto delle genti, la società del genere umano, il mondo della filosofia„. (C. Cattaneo, Opere, VI, 333, Firenze, 1891).