Rivista di Cavalleria - Volume I/IV/I Cosacchi

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Gaspare Agilulfo Pasini

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I Cosacchi




Come al di là delle Alpi l’Esercito italiano viene personificato nel bersagliere, così può dirsi che non si pensa all’Esercito russo senza associarvi subito l’idea dei cosacchi; di quella cavalleria resa specialmente celebre per i continui e fortunati attacchi alle truppe napoleoniche durante la leggendaria ritirata, bravura che valse loro il titolo di prima cavalleria del mondo per parte dello stesso glorioso duce dell’esercito sgominato.

Immensi furono i servigi resi dai cosacchi alla Russia, fin da quando, oltre un secolo addietro, si trovavano sparsi lungo la gran catena del Caucaso, presso la quale formavano, con i centri abitati detti appunto Borgate dei cosacchi della linea, una difesa del confine a mezzogiorno. Chi ha visitato i loro posti di osservazione, dall’alto dei quali il cosacco con occhio linceo vegliava alla incolumità dello spazio immenso di terra che lo circondava, mentre il suo migliore amico, il cavallo, lasciato libero tranquillamente pascolava, non ha avuto che parole di ammirazione, per quelle forti fibre di uomini, soldati ed agricoltori ad un tempo, che coltivavano essi medesimi i campi destinati a nutrirli.

Attualmente sul piede di pace la cavalleria cosacca conta 53 reggimenti e 20 sotnie (squadroni) indipendenti. In totale 317 sotnie; un effettivo di 2039 ufficiali, 45.736 uomini e 46.252 cavalli.

Sul piede di guerra: 148 reggimenti, 910 sotnie di cui una parte autonome. In totale 4544 ufficiali, 125.905 uomini, 134.173 cavalli!1

Uno dei più brillanti reggimenti di cosacchi è quello di guarnigione a Varsavia, che ha il compito speciale di servire da scorta d’onore al Governatore generale della Polonia. [p. 426 modifica]

Il signor Vittorio Nazari ne scrisse sulla Tribuna alcuni mesi fa, e lo fece con tanta efficacia ed eleganza di stile, che mi è impossibile qui non trascrive e alcuni suoi periodi quasi per intero, mutilando crudelmente il suo pregevole lavoro per coordinarli, trascurando quelli senza interesse per la cavalleria ed aggiungendo qualche mia osservazione modesta.

È ammirabile il senso pratico e la semplicità del regime di vita di questi soldati e dei loro fidi compagni, i cavalli.

Non vi è certo chi non conosca, almeno per averla veduta riprodotta su qualche quadro, la tradizionale uniforme dei cosacchi, con la quale, allorchè i soldati sono disarmati, sembrano, per la grande semplicità loro e della veste, sacerdoti più che soldati.

L’uniforme dei cosacchi differisce spesso fra un reggimento e l’altro solo dal colore della pettina e del cocuzzolo del berretto di pelo, a forma di tronco di cono.

Le camerate come le scuderie sono costruite in legno, e la parte destinata agli uomini, ha il pavimento elevato di un metro circa dal livello del suolo.

Le camerate sono pulite e l’ordine vi regna sovrano fin dai primi momenti in cui il soldato rientra in quartiere: in esse non si sentono grida, schiamazzi, o, il solito vocio rumoroso degli alveari umani.

Le armi, compreso il moschetto, sempre coperte da un astuccio di cuoio con lungo pelo scuro, sono subito collocate presso il grande mantello di pelle egualmente con pelo, nel quale, essendo fatto a forma d’imbuto, s’infilano, per così dire, i cavalieri quando d’inverno debbono montare a cavallo.

I cosacchi sono di una fibra fortissima e curiosa. Essi tollerano meglio di moltissimi meridionali il gran caldo e se ne ridono delle più rigide temperature invernali.

In ciacuna camerata esiste un piccolo altare con le immagini sacre del solito stile bizantino, che hanno in realtà, tanto della pittura che della scultura.

Vi è un quadro dell’imperatore e dell’imperatrice, e delle [p. 427 modifica]cromo-litografie con le figure rappresentanti le varie uniformi dell’esercito russo.

Le scuderie si trovano, per la maggior parte dei cavalli, entro modesti capannoni di legno, con due file di poste rivolte verso l’interno, a somiglianza di quelli che da noi soglionsi costruire per ricoverare i cavalli solo nella stagione estiva, nel breve periodo cioè delle esercitazioni di tiro. I cavalli dormono sulla nuda terra. Solo nella parte anteriore alcuni steli di paglia rammentano che noi ne mettiamo molta ed in permanenza sotto il cavallo.

Gli ufficiali cosacchi dicono che i cavalli militari devono essere trattati da militari! Gli stessi splendidi cavalli degli ufficiali non hanno un trattamento migliore, nè per essi si dimentica la loro vera destinazione.

Gli ufficiali subalterni dei cosacchi non sono obbligati a possedere più di un cavallo. Il cavallo, od i cavalli, di servizio di proprietà degli ufficiali non stanno in un reparto speciale ed uniti. Ognuno di questi cavalli è vicino ai cavalli di truppa, in mezzo a quelli del reparto comandato dal suo proprietario, cioè fra i compagni delle sue fatiche, e solo due pezzi di tronco d’albero, alla meglio sostenuti, costituiscono un riparo destinato a salvarli dai calci.

I cavalli sono piuttosto piccoli, bene inquartati, con coda e criniera lunghe, e la maggior parte presentano notevoli analogie coi nostri maremmani, ai quali somigliano anche per la maniera colla quale vengono allevati; chè le Maremme, sebbene appartenenti al così detto giardino d’Europa, non hanno — inverno a parte — gran cosa da invidiare alle steppe della Russia.

In Russia si ama di mantenere ai cavalli militari — e mi pare facciano assai bene a far contrariamente di quanto si fa in altri paesi — tutti i caratteri esterni ed intrinseci di rustichezza e di forza, che sono e saranno sempre, i primi requisiti del vero cavallo da guerra. Non confondiamo ì cavalli per gli sporti-ippici, con quelli per la guerra. Io non credo, nè posso convincermi che un puro sangue, con tutti i suoi alti requisiti di velocità e d’estetica, sia un cavallo da guerra; per le semplici ragioni che è troppo delicato, troppo nervoso e che abbisogna di cure infinite.

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La bardatura dei cosacchi, in confronto alle bardature delle altre cavallerie, presenta differenze sostanzialmente notevoli. La sella è molto alta, e quasi ciò non bastasse, porta saldato con un soprafascia un cuscino di cuoio molto imbottito. Questa sella non da una sola cinghia, ma viene unita al cavallo con due cinghie non molto larghe, distanti l’una dall’altra circa venti centimetri per evitare, probabilmente, le fiaccature che si produrebbero al cavallo per i movimenti antero-posteriori della sella medesima, naturale conseguenza della sua notevole altezza. Gli staffili non sono soltanto attaccati al gancio della sella, ma sono fermati anche ad una delle cinghie sovra accennate, in guisa che solo per dieci centimetri circa hanno libertà di movimento. Questo modo di attaccare gli staffili mi sembra buono perchè obbliga il cavaliere a tenere, con uniformità, nella posizione voluta, la gamba ed il piede.

Non si sa bene quale sia la ragione di selle così alte. Forse per rendere meno contrario alle norme dell’estetica il gruppo che deriva da un uomo molto alto su di un cavallo relativamente piccolo? Od è dovuto ad antichi usi che ancora si impongono?

Liimpressione che si prova a montare su tali selle è molto curiosa. Si è costretti a dover stare inforcati in modo esagerato ed a gravare molto sul treno anteriore. Pare di essere non su d’un cavallo, ma sopra un cammello o di guidare un cavallo dall’alto di un omnibus, talmente scompare sotto di se, il buon animale.

Notevole fatto: Gli ufficiali ed i soldati Cosacchi non portano gli speroni!

In quella vece, anche in tenuta di parata, vanno provveduti di uno speciale frustino, che da loro trae denominazione particolare, il quale si può ripiegare a metà e rimanere così nascosto nello stivale. Questa specie di frusta, della quale solo raramente si servono, è costituita da una parte rigida, la impugnatura, riunita con un pezzo di cuoio che funziona da cerniera ad un’altra pieghevole e sottile.

I cosacchi maneggiano con grande abilità tale arnese, e con [p. 429 modifica]tale efficacia che i loro cavalli al solo sibilo di questo castigamatti diventano savi.

Quanto utile sarebbe anche ad alcuni dei nostri cavalieri, tale specie di cravache, per impedire che i cavalli prendano il vizio di non volere uscire dalle righe!

I cosacchi però sanno eccitare i propri cavalli anche con la voce e con i gesti, ed hanno parole acconce per dimostrare, facendosi comprendere, la propria soddisfazione od il malcontento, ai loro amati corsieri.

I cosacchi portano sempre i cavalli con il semplice filetto. La abilità eccezionale dei cosacchi nel montare a cavallo è così proverbiale che richiama sempre buon numero di cittadini e specialmente di forestieri a vederli. Uno dei giuochi più comuni che sogliono eseguire appena montati a cavallo, quasi per bene assidersi in sella, è quello di raccogliere da terra il proprio berretto, mentre il cavallo galoppa!

Tali cavalieri stanno a cavallo senza sella, stanno sopra in piedi, sparano durante la corsa vertiginosa i loro moschetti, raccolgono da terra le armi gettate ad arte mentre il cavallo va! Essi sanno servirsi del cavallo come riparo durante il fuoco, facendolo coricare, e ciò praticano sui terreni ordinari, anche i meno adatti.

Durante la stagione invernale, lunga quanto rigida, talvolta qualche decina di gradi sotto zero, i cosacchi fanno le loro ordinarie esercitazioni a cavallo nei cortili delle loro caserme. Essi con dei picconi rompono il ghiaccio o tolgono la neve con pale e, naturalmente con speciale ferratura, compiono al fresco il solito lavoro di maneggio e le esercitazioni abituali. Gli ufficiali dei cosacchi dicono: Dei maneggi coperti che farne? Uomini e cavalli devono bene abituarsi a star fuori con qualunque tempo, chè negli ambienti chiusi non si combatte... almeno a cavallo! Ancora, ecco come i cosacchi dimostrano di non dimenticare un istante lo scopo per cui essi esistono.

Molte cose piacciono dei costumi militari dei cosacchi, e da queste possiamo trarne utili ammaestramenti, specie circa la parte tecnica. [p. 430 modifica]

Mi piacque immensamente l’idea di mettere in ogni camerata dei soldati i ritratti dei Sovrani e pensai: Perchè anche nelle camerate dei soldati (di tutte le armi e corpi) non poniamo anche noi le immagini dei nostri Sovrani? Il soldato, fissando lo sguardo in esse penserà al suo Re ed alla sua Regina che rappresentano la patria sua, che amorevolmente vigilano su di lui e che tutelano i diritti della sua famiglia. Questo fatto andrebbe a vantaggio dell’alto sentimento che deve animare il soldato: l’amore al Re ed alla patria. Gli farebbe comprendere la grandezza di questo ideale patriottico, e nel suo cuore un affetto forse fino allora non ben compreso si rinvigorirebbe mirando spesso quelle due immagini della Maestà Patria!

In questo breve cenno sui cosacchi, spicca sopratutto che essi dal primo all’ultimo sanno che sono lì pronti per la guerra, e che sono fedeli ed amano il loro Czar. Emerge che sono forti, abili ed agilissimi cavalieri, che adorano i loro cavalli, che sono disciplinati e temono Dio.

Essi hanno alto il morale: memori delle loro gloriose tradizioni, e coscienti dell’elevato prestigio che godono.

In Germania si suole dire: Non temere debbono i tedeschi che Dio; ed un po’... anche i cosacchi!

Gaspare Agilulfo Pasini

Tenente nei Lanceri di Milano.


Parma, gennaio 1898.

Note

  1. V. Rivista di cavalleria, fasc. I, pag. 91 e Fasc. II pag. 319.