Satire (Persio)/Note/Alla Satira II

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Note alla Satira II

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Aulo Persio Flacco - Satire (I secolo)
Traduzione dal latino di Vincenzo Monti (1803)
Note alla Satira II
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NOTE


Alla Satira II.


ad plotium macrinum. — Questo Macrino fu uomo dottissimo, e condiscepolo e tenero amico del nostro Persio, siccome impariamo dallo Scoliaste. Era consuetudine degli antichi il mandarsi di regali scambievoli nel giorno lor natalizio. Il dono che in tal circostanza invia Persio al suo amico è la seguente assai bella satira sull’insensatezza delle umane preghiere.

dextro hercule. v. 11. — L’antica superstizione aveva fidato ad Ercole la custodia de’ tesori nascosti, che trovati gli fruttavano la decima, quia is putabatur gaudere bonorum exuberantium imminutione, ut qui victu nec lauto nec immodico usus esset. Vedi astuzia onde fare santamente danaro alle spalle de’ gonzi.

stajo. v. 19. — Un grande scellerato, avvelenatore della moglie, del fratello, della cognata, e reo di più altri misfatti al tempo di Cicerone.

bidental. v. 27. — Così chiamavasi il luogo qualunque, dove il fulmine veniva a cadere, e fu detto bidental da bidentes pecore di due anni, col sacrifizio delle quali espiavasi dall’aruspice. Qui è posto in vece del cadavere percosso dal fulmine. Evitandum, perchè a niuno era lecito di toccarlo, salvo che al sacerdote.

infami digito. v. 33. — Il dito medio, detto anche verpus da verpa, hoc est, mentula. Dopo questa bella erudizione il perchè gli sia venuto il nome d’infame sarà onesto il tacerlo.

fratres ahenos. v. 56. — Piace al più degl’interpreti l’intendere per questi fratres ahenos i cinquanta figlj d’Egisto, le cui immagini in bronzo ornavano il tempio d’Apollo sul Palatino; alcune delle quali avevano fama di essere mandatrici di sogni veridici. Temo che l’erudita libidine non abbia quì deviato i commentatori dal senso voluto da Persio. Il sit illis aenea barba m’induce sospetto che il Satirico abbia in pensiero divinità più adulte, e di più importanza e riguardo che non i figlj d’Egisto, ai quali non trovo concessi [p. 92 modifica]nella mitologia gli onori divini; nè veggo (quando pure ciò fosse) attribuita a queste bastarde divinità tanta efficacia di padrocinio, da poter dare molta speranza di retribuzione agl’interessati loro divoti. La superstizione non indora la barba a’ poveri semidei, a’ numi di braccio corto. Sono perciò dell’avviso di quegli eruditi, che nel fratres ahenos intendono gli Dei tutti generalmente presi. Infatti osservane ben bene l’origine, e li troverai tutti fratelli.

litabo. v. 75. — Litare significa propiziare gli Dei con tenui sagrificj. Tali si erano le offerte di farro, di cui servivansi i poveri in difetto d’incensi e di vittime. Conclude adunque santamente il poeta, che un tenuissimo olocausto fatto, dice Dante,

Con tutto il cuore, e con quella favella
Ch’è una in tutti,


è più accetto alla divinità, che qualunque magnifico sagrificio accompagnato da sporca coscienza. In questi splendidi donativi fatti all’altare, Persio non sapeva vedere che un espresso oltraggio alla divina Giustizia riputata venale e placabile a prezzo d’oro.