Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/XI. - Origine del sistema planetario eliocentrico presso i Greci/IV. - Antiche notizie sugli eccentri mobili

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IV. - Antiche notizie sugli eccentri mobili

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iv. antiche notizie sugli eccentri mobili.


14. Apollonio di Perga. — La più importante notizia, che io abbia potuto trovare circa l’ipotesi degli eccentri mobili, è quella riferita da Tolomeo nell’Almagesto, al principio del libro XII. Volendo egli spiegare la teoria delle stazioni e delle retrogradazioni planetarie, e calcolarne gli elementi per i cinque pianeti, si apre la strada col riferire due teoremi eleganti che diversi geometri e fra questi Apollonio di Perga, avevan proposti come fondamento di tale teoria. L’importanza di questo passo è tale, da giustificarne qui la riproduzione per intiero. Tolomeo dunque dice, alludendo alle stazioni ed alle retrogradazioni:

«Ma per trattar questo argomento, diversi matematici, e tra essi Apollonio di Perga, incominciano col dimostrare, che per l’una delle due anomalie, quella cioè che ha luogo rispetto al Sole; se la si rappresenta per mezzo dell’ipotesi epiciclica, facendo cioè muovere l’epiciclo in longitudine secondo l’ordine diretto dei segni in un circolo concentrico allo Zodiaco, mentre l’astro stesso si muove sull’epiciclo intorno al centro di questo con velocità uguale a quella dell’anomalia, e con moto diretto nella parte di esso epiciclo più lontana dalla Terra; tirando dall’occhio nostro una retta qualunque che divida [p. 134 modifica]l’epiciclo in modo, che di essa retta la metà della parte compresa entro l’epiciclo stia alla parte compresa fra l’occhio e l’epiciclo, nell’arco più vicino alla Terra, come la velocità dell’epiciclo sta alla velocità dell’astro; il punto determinato sull’arco dell’epiciclo più vicino a noi dalla retta così tracciata separa i movimenti diretti dai movimenti retrogradi; così che l’astro, arrivato a quel punto, sembrerà stazionario. Che se invece l’anomalia rispetto al Sole si suppone prodotta per mezzo dell’ipotesi dell’eccentrico (la quale è applicabile soltanto ai tre pianeti capaci di scostarsi a qualunque distanza angolare dal SoleJ, il centro dell’eccentrico aggirandosi con velocità apparente uguale a quella del Sole intorno al centro dello Zodiaco secondo l’ordine diretto dei segni, mentre l’astro gira sull’eccentrico secondo l’ordine inverso dei segni con periodo uguale a quello dell’anomalia; tirando pel centro dello Zodiaco (dov’è l’occhio) una corda dell’eccentrico così fatta, che la sua metà abbia, al segmento minore dei due in cui dall’occhio è divisa, lo stesso rapporto che ha la velocità dell’eccentrico alla velocità dell’astro; l’astro, arrivato ai punto in cui quella retta si termina alla parte dell’eccentrico più vicina alla Terra, sembrerà stazionario. Noi però esporremo sommariamente e più opportunamente le proposizioni anzidette, usando una dimostrazione mista e comune ad entrambe le ipotesi, per far vedere la loro somiglianza, e la concordanza delle ragioni nell’uno e nell’altro caso.

Io qui non intendo occuparmi dei due teoremi d’Apollonio, ma chiamerò piuttosto l’attenzione sulle parti distinte in carattere corsivo, dalle quali si ricavano varie informazioni di grande interesse.

15. Primieramente apprendiamo che Apollonio di Porga ed altri geometri fondavano le loro dimostrazioni dello stare e del retrogradare dei pianeti sui teoremi anzidetti; e ciò facevano in due ipotesi cioè in quella dell’epiciclo, ed in quella dell’eccentro mobile. Da ciò alcuni hanno creduto di poter dedurre, che Apollonio sia stato l’inventore degli epicicli. Ma leggendo attentamente le parole di Tolomeo si vedrà, che questa conclusione non è in esse contenuta. Apollonio ha semplicemente illustrato con quei teoremi le due ipotesi, di cui sopra, ciò che pure fecero altri geometri. Non è detto a quale epoca questi appartenessero; al più, dalla preminenza che qui si dà ad Apollonio si potrebbe concludere esser egli stato il primo [p. 135 modifica]autore di quei teoremi. Tutte le questioni concernenti l’invenzione delle due ipotesi degli epicicli e degli eccentri mobili rimangono indecise.

16. In secondo luogo si noterà, come con brevi e precise parole si descrivono l’una e l’altra ipotesi. Manifestamente erano le principali, di cui allora i matematici usassero occuparsi. La prima delle due è l’ipotesi epiciclica semplice, in cui il centro dell’epiciclo si muove di moto circolare uniforme sul suo deferente intorno alla Terra come centro. È lo schema adottato per Mercurio e Venere da Eraclide Pontico; schema semplice, e molto diverso da quello più artifizioso, ma meno elegante, adottato da Tolomeo. Dalle parole dell’Almagesto combinate con quanto si espone in un altro luogo della stessa opera (libro IX c. 2), dove si afferma che i matematici prima d’Ipparco non dimostravano geometricamente che una sola anomalia ed una sola retrogradazione, apprendiamo che i primi germi della forma tolemaica della teoria epiciclica non possono risalire al di là d’Ipparco. Ne concludiamo, che la forma dell’Ipotesi epiciclica semplice, cui Apollonio accenna, non fu abbandonata neppure dai geometri posteriori fino ad Ipparco; Il quale pare sia stato il primo a distinguere l’una dall’altra le due grandi ineguaglianze dei pianeti che dipendono l’una dalla posizione di essi rispetto al Sole, l’altra dal loro luogo nello Zodiaco (anomalia solare ed anomalia zodiacale). Da Eraclide Pontico ad Apollonio vi fu circa un secolo d’intervallo, ed un altro secolo da Apollonio ad Ipparco.

17. L’ipotesi degli eccentri mobili è in certa guisa messa quì in parallelo con quella degli epicicli, e come avente ugual titolo ad essere discussa. Non è detto esplicitamente, ma s’intende in modo non dubbio, che sono considerate come equivalenti nei loro effetti. In simil maniera si trovano esse associate in altri testi che fra poco riferiremo. La descrizione che qui poi Apollonio dà dell’eccentro mobile coincide perfettamente con quella esposta più sopra, § 6 e 12. Il centro dell’eccentrico compie il suo giro in un anno intorno alla Terra, accompagnando il Sole lungo lo Zodiaco; il pianeta percorre l’eccentrico in senso contrario all’ordine dei segni, ed in modo da passare per l’apogeo ad intervalli uguali al periodo della rivoluzione sinodica. Tali sono le velocità richieste per soddisfare ai fenomeni. Mentre dunque la teoria degli epicicli è ppresentata da Apollonio in tutta la sua generalità, quella degli [p. 136 modifica]eccentrici mobili è data sotto condizioni restrittive, le quali (come già sopra notammo § 11) indicano manifestamente l’origine di ossa dal sistema ticonico. Pertanto quest’ultimo ebbe origine presso i Greci entro l’intervallo di un secolo circa, compreso fra Eraclide Pontico ed Apollonio di Perga (340-220).

18. Anche facilmente si vedrà, per qual motivo Apollonio dichiari essere impossibile rappresentare colla teoria degli eccentri mobili il moto dei due pianeti inferiori; infatti per ciò fare, bisogna supporre che il circolo descritto dal centro dell’eccentrico sia maggiore dell’eccentrico stesso. Ora questo richiede che la Terra resti fuori dell’eccentrico; in altri termini, non siamo più nell’ipotesi dell’eccentrico, ma in quella dell’epiciclo.

19. Importante da ultimo è osservare, che da tutte queste considerazioni è esclusa affatto l’ineguaglianza zodiacale (ζωδιακὴ ἀνωμαλία) dei pianeti, della quale sembra che Ipparco fosse il primo ad avere un’idea alquanto distinta. Tale ineguaglianza ora noi sappiamo derivare dall’eccentricità delle ellissi kepleriane, e nelle teorie tolemaiche è rappresentata da un eccentro fisso; il quale è cosa ben diversa, ed ha funzioni ben differenti da quelle dell’eccentro mobile finora considerato. Quando dunque negli scrittori antichi d’astronomia si parla di spiegare l’ineguaglianza solare dei pianeti (παρὰ τὸν ἥλιον ἀνωμαλία) per mezzo di eccentri, teniamo per norma, non doversi pensare agli eccentri fissi dell’ipotesi tolemaiche, ma ad eccentri mobili, il cui centro gira intorno alla Terra nello spazio di un anno. Un eccentro fisso non può in alcun modo rappresentare l’anomalia solare dei pianeti, e non può dare alcun conto delle stazioni e delle retrogradazioni.

20. Ipparco. — Un secondo accenno agli eccentri mobili si trova nell’Almagesto, lib. IX, c. 2; dove Tolomeo, esponendo alcuni cenni storici sulle teorie planetarie, e le opinioni d’Ipparco sulle medesime, dice quanto segue:... «Noi vediamo che Ipparco non ha intrapreso di abbozzare la teoria dei cinque pianeti, e che solamente ha messo in ordine più comode le osservazioni; e per mezzo di queste ha dimostrato che i fenomeni non corrispondevano alle ipotesi dei matematici d’allora. Non solo infatti ei pensava fosse necessario di spiegare come ciascuno dei pianeti faccia due specie di anomalia; ma ancora come le retrogradazioni di ciascuno siano variabili di grandezza; mentre gli altri matematici non [p. 137 modifica]dimostravano geometricamente che una sola anomalia ed una sola retrogradazione. E credeva che questi fenomeni si dovessero rappresentare, non per mezzo di circoli eccentrici, nè per mezzo di circoli omocentrici allo Zodiaco e portanti epiciclo, e neanche, per Giove, colla combinazione di entrambe queste cose».

Qui sono accusati i vecchi matematici di non aver dimostrato che una sola anomalia, la quale è manifestamente l’anomalia solare; ed una sola retrogradazione, perchè usando la sola anomalia solare, necessariamente l’arco di retrogradazione risulta lo stesso in tutte le parti dello Zodiaco. E si dice, che Ipparco non era contento di rappresentare quest’anomalia, come quelli facevano, per mezzo di circoli eccentrici, o di epicicli mossi concentricamente allo Zodiaco. Abbiamo dunque attestato qui imi’altra volta l’uso che i matematici anteriori ad Ipparco facevano, per spiegare l’anomalia solare, delle due ipotesi considerate da Apollonio: cioè degli eccentri mobili, e degli epicicli mossi concentricamente allo Zodiaco.

21. Sulle idee d’Ipparco intorno a questo argomento abbiamo notizie alquanto differenti da Adrasto Afrodisiense, conservatoci da Teone Smirneo nel suo compendio d’astronomia. Vi leggiamo infatti1: «Ipparco dice essere degno di considerazione matematica il conoscere la causa, per la quale, adottando Ipotesi così fra loro differenti, quali son quelle degli eccentrici da un lato, e dall’altro quelle degli omocentrici portanti epiciclo, si arrivi al medesimo risultato». E più sotto ima come Ipparco si decidesse per l’ipotesi degli epicicli: «Ipparco preferisce e fa sua propria l’ipotesi epiciclica; i dicendo sembrargli più credibile, che tutto il sistema delle cose celesti sia ordinato simmetricamente ed in egual modo connesso rispetto al centro del mondo. E malgrado ch’egli non fosse un fisico, e non abbia considerato accuratamente quali siano per gli astri i moti reali e consentanei alla natura, e quali si facciano accidentalmente e per sola apparenza: tuttavia anch’egli suppose, l’epiciclo di ciascuno muoversi sulla periferia di un circolo concentrico, ed il pianeta sulla periferia dell’epiciclo».

22. Tali notizie non consuonano intieramente con quelle diteci da Tolomeo; non vi ha tuttavia alcuna ragione di tenerle come sospette. Probabilmente le une e le altre si riferiscono [p. 138 modifica]ad epoche diverse nella carriera del grande astronomo di Nicea. Egli infatti non raccolse i suoi lavori astronomici in un grande ed unico sistema comparabile all’Almagesto; ma li consegnò di mano in mano a brevi memorie, scritte in diversi tempi, di parecchie delle quali il titolo ci è stato conservato. Nei suoi primi scritti egli avrà adottato le idee dei matematici a lui anteriori, come dice Adrasto; soltanto dopo aver raccolte sui pianeti molte osservazioni, dopo averle messe in ordine opportuno, e dopo averle esaminate con occhio critico, sarà giunto alle idee più esatte esposte nella narrazione di Tolomeo.

23. Posidonio e Gemino. — Una terza notizia sopra gli eccentri mobili ci è fornita da Gemino, che nel secolo precedente l’èra volgare fu dotto scrittore di cose scientifiche, e molto studiò la storia delle matematiche, siccome risulta principalmente dagli estratti che di lui dà Proclo nel suo commentario al primo libro d’Euclide. Stando a quanto egli stesso afferma nel primo capitolo dei suoi Elementi d’astronomia2, Gemino aveva trattato specialmente le ipotesi planetarie in un’altra opera che ora più non abbiamo. Invece alcuni brevi cenni di Gemino, concernenti il moto dei pianeti, ci sono stati conservati da Simplicio nel suo commentario alla fisica d’Aristotele; essi derivano da un compendio, che Gemino aveva scritto sopra la Meteorologia di Posidonio3. Essendo questo passo molto importante sotto più riguardi, e dovendo noi usarne più d’una volta, l’Ilo riferito tutto intiero testualmente nell’appendice che sta in fine della presente memoria, secondo l’ultima edizione fattane da H. Diels.

Gemino (o forse Posidonio) tratta ivi del diverso punto di vista, sotto cui le teorie dei movimenti celesti devono essere considerate dal fisico e dal matematico; ed espone su questo proposito le distinzioni, di cui sopra già abbiam fatto cenno (§ 10). indicando qual’è la natura od il metodo delle ricerche pel fisico, e quale per l'astronomo. E viene quindi a dire: «Altre volte (l’astronomo) assegna in forma d’ipotesi certe «combinazioni da lui trovate, ammessele quali, si può render «conto dei fenomeni. Per esempio: per qual causa il Sole, [p. 139 modifica]la Luna, i pianeti sembrano muoversi di moto irregolare? Perché supponendo la loro circolazione farsi secondo gli eccentrici, oppure secondo gli epicicli, è possibile salvare l’anomalia apparente dei loro movimenti. Inoltre sarà necessario discutere secondo quante e quali maniere sia possibile rappresentare i fenomeni; affinché la teoria degli astri erranti si accordi bene a quella dottrina delle cause, che corrisponde al sistema adottato».

Ecco qui di nuovo contrapposte le ipotesi degli eccentrici n degli epicicli, come ambedue capaci di spiegare l’anomalia apparente degli astri erranti. Soltanto qui, oltre che dei cinque pianeti, si parla anche del Sole e della Luna. Al tempo infatti, In cui Gemino scriveva, Ipparco aveva già provato, che anche pel moto del Sole e della Luna era possibile servirsi tanto d’un eccentrico, quanto d’un epiciclo. Notevole inoltre sembra l’affermazione: essere necessario discutere tutte le forme d’ipotesi, le quali valgono a rappresentare i medesimi fenomeni; affinchè il fisico, che ne indaga le cause, possa eleggere quella, che meglio corrisponde alla realtà dei fatti.

24. Adrasto Afrodisiense. — Questo filosofo peripatetico, il quale sembra fosse abbastanza bene informato delle matematiche, ci tramandò sulla storia dell’astronomia molte preziose notizie, contenute nei lunghi estratti che ne ha fatto Teone Smirneo, intessendo con essi quasi per intiero il suo compendio di astronomia. Non è conosciuta con precisione l’epoca in cui visse; sembra che fosse anteriore d’alquanto a Tolomeo, e con mia certa verosimiglianza si può collocarlo al principio del secondo secolo di Cristo. L’insieme delle sue notizie astronomiche appartiene però ad un’epoca più antica; e rappresenta ad un dipresso le nozioni che prevalevano fra i matematici greci immediatamente anteriori ad Ipparco. Questo astronomo egli nomina più volte, ma sembra che ne abbia conosciuto soltanto alcuni lavori; e forse anzi le notizie ch’egli ne ebbe, furono di seconda mano. Fra le altre cose egli sembra aver affatto ignorato la capitale scoperta della precessione degli equinozzi.

La trattazione piuttosto copiosa che Teone da lui riporta circa la teoria dei movimenti planetari, è fatta principalmente secondo l’ipotesi degli epicicli, non omettendo però una frequente, sebbene per lo più assai superficiale, comparazione con quella degli eccentri. La teoria del moto solare anzi è [p. 140 modifica]copiosamente esposta in entrambe le ipotesi, e con prolissità assai maggiore del necessario si dimostra (probabilmente sulle tracce d’Ipparco) che l’una e l’altra conducono a risultamenti identici, Per la Luna e per i cinque pianeti, l’identità dei risultati dati dalle due ipotesi è affermata ripetutamente, ma non provata. Fin dal principio egli comincia4 col dire, che... «qualunque forma si voglia adottare, i fenomeni saranno salvi: e si dimostrerà, essere vana la dissensione dei matematici, dei quali alcuni dicono, gli astri erranti muoversi soltanto per eccentrici, gli altri invece volendo, che si muovano intorno al centro stesso dell’universo». Segue una lunga serie di dimostrazioni, tutte concernenti il problema noto d’Ipparco, del rappresentare l’anomalia del Sole, sia con un epiciclo, sia con un eccentro fisso. Fatta vedere, per questo caso del Sole, l’identità degli effetti nelle due ipotesi, continua5: «Le medesime cose si dimostrano anche per gli altri erranti; eccettuato soltanto questo, che il Sole nell’una e nell’altra ipotesi le ripete sempre (ad ogni periodo), perchè per esso i tempi delle restituzioni di longitudine, di latitudine, di altitudine, e di anomalia dai più son stimati uguali, ciascuno di 365¼ giorni... Ma per gli altri erranti6 variando molto i tempi suddetti, e per gli uni più per gli altri meno, le apparenze di ciascuno riescono più variate e mutevoli, tanto nell’una che nell’altra ipotesi»... Dimostrato poi il modo con cui, e coll’eccentrico e coll’epiciclo si rende conto delle massime, medie e minime distanze del Sole dalla Terra, procede così7:

«Per gli altri pianeti, siccome essi fanno in ogni parte dello Zodiaco le loro massime, minime, e medie distanze, e così pure le loro massime, minime, e medie velocità (apparenti, diremo così). Se dal centro T del mondo, con raggio TK, s’intenda descritto il circolo RKP concentrico al mondo, ed uguale all’epiciclo dell’altra ipotesi; e si supponga rivolgersi intorno al centro T, portando seco in giro il centro K dell’eccentrico, con moto contrario a quello (diurno) del mondo, facendo un certo periodo rivolutivo; se inoltre mettiamo che l’eccentrico ELYX si rivolga, secondo un altro [p. 141 modifica]periodo rivolutilo diverso dal primo, intorno al suo proprio centro K, e portando seco infisso il pianeta nel punto E; si potranno con queste ipotesi spiegare i fenomeni, purché a ciascun pianeta si assegnino le durate convenienti per le (due) rivoluzioni. Ma troppo lunga dimostrazione sarebbe necessaria, se si volesse anche qui metter fra loro d’accordo le ipotesi dei matematici8, i quali prendendo a base la sola considerazione dei fenomeni e delle combinazioni accidentali dei movimenti, con zelo si diedero a cercare tali ipotesi, alle quali i fenomeni bene corrispondessero;... tutti usando metodi imperfetti, e non coordinati alla realtà fisica delle cose, alla quale è per necessario attendere».

25. Ecco dunque descritta un’altra volta l’ipotesi dell’eccentro mobile. Ma la descrizione d’Adrasto è molto meno limitata nelle sue condizioni, che quella d’Apollonio9. La condizione imposta da Apollonio, che la rivoluzione del centro doll’eccentrico intorno alla Terra si faccia in un anno seguendo il moto del Sole, rendeva l’ipotesi applicabile ai soli pianeti superiori, pei quali evidentemente è stata escogitata. Qui Adrasto considera la cosa in modo più generale, non ponendo alcuna limitazione nei periodi, nè nel rapporto di grandezza fra i due circoli della figura qui sopra. E così era necessario fare: perchè Adrasto non considera soltanto i pianeti superiori, ma tutti i cinque i pianeti, ed anche la Luna. L’unica limitazione che egli mette, è questa: che nell’ipotesi dell’eccentro mobile il [p. 142 modifica]circolo RKP percorso dal centro dell’eccentrico intorno alla Terra sia uguale all’epiciclo dell’ipotesi epiciclica. Con ciò senza dubbio egli ha voluto dire, che il rapporto dei raggi dell’eccentrico e del circolo RKP sia uguale al rapporto, che nell’ipotesi epiciclica ha il raggio del deferente al raggio dell’epiciclo. E questa è veramente la condizione necessaria perchè sia possibile l’equivalenza delle due ipotesi, siccome chiaramente risulta dalle considerazioni fatte nel § 12.

È dunque manifesto, che dal tempo d’Apollonio al tempo d’Ipparco (al quale crediamo presa’a poco contemporanee le idee esposte da Adrasto) il concetto di eccentrico mobile si era fatto più generale. Gli eccentri mobili di Apollonio potevano solo adattarsi alla teoria dei pianeti superiori: il che prova che essi furono escogitati appunto per quei pianeti, senza dubbio qual complemento alla teoria dei pianeti inferiori, cui gli epicicli si adattavano così bene nel sistema di Eraclide Pontico. Invece il moto degli apsidi lunari avea mostrato, che alla Luna poteva applicarsi la teoria dell’eccentro solare, facendo però muovere lentamente il centro di questo intorno alla Terra, in un tempo uguale al periodo rivolutivo dell’apogeo lunarenota. E molto probabilmente dobbiamo riconoscere da ciò la maggior generalità che acquistò l’idea di eccentro mobile dopo Apollonio.

26. Ma oltre alla Luna, Adrasto comprende nella sua definizione degli eccentri mobili anche i due pianeti inferiori. Che il moto di questi pianeti, in modo così evidente rappresentato dall’epiciclo nell’ipotesi di Eraclide Pontico, si possa anche tradurre in una certa forma di eccentro mobile, non vi ha dubbio alcuno, dopo quanto abbiamo esposto nel § 12. Ma che questo sia stato fatto realmente dai matematici greci, mi* par molto incerto. L’ipotesi dell’eccentro mobile ha il grave difetto di non rendere intuitiva e chiara a primo aspetto la spiegazione delle stazionj e delle retrogradazioni. Nulla ha potuto giustificarne l’uso, fuorché la possibilità di coordinare con essa il moto dei pianeti superiori e quello dei pianeti inferiori 10 [p. 143 modifica]in un unico sistema (cioè in quello che poi fu detto ticonico). La sua applicazione ai pianeti inferiori non solo avrebbe annullato questo vantaggio, ma avrebbe portato nel sistema quell’eterogeneità, che appunto si voleva sfuggire11.

Noi pensiamo dunque che Adrasto, il quale sembra che seri vesso la sua Astronomia come parte di un Commentario al Timeo di Platone12, abbia esposte le cose in un modo generico, e non esatto fino agli ultimi particolari. Costretto dal suo scopo ad evitare (come egli stesso dice nel passo più sopra riferito) troppo lunghe dichiarazioni, non potè o non volle distinguere accuratamente i vari casi che si potevano presentare nell’applicazione degli eccentri mobili alla Luna, ai pianeti superiori ed ai pianeti inferiori; tanto più che gli eccentrici rappresentavano per lui soltanto una combinazione accidentale di movimenti (κατὰ συμβεβηκός), e non il vero piano della natura 13.

  1. Theonis Smyrnei, Astronomia, ed. H Martin, pp. 244, 292 e 300-302.
  2. In Petavii, Uranologion, ed. Paris, 1630, p. 4.
  3. Come risulta dal testo riportato nell’appendice, Simplicio non aveva nelle mani il testo dì Gemino, e lo ha riprodotto estraendolo dal commento, che sulla Fisica di Aristotele aveva fatto Alessandro Afrodisiense.
  4. Theonis Smyrnei, Astron., ed Martin, cap. XXVI, p. 220.
  5. Ibid., cap. XXVII, p. 258.
  6. Ibid., cap. XXVIII, p. 262
  7. Ibid., cap XXX, p. 270.
  8. Longum est demostrando persequi, quae sit, et quatenus accidat, maxima stellarum errantium altitudo, quae media, quae minima; seu serantur, sen per epicyclos (circulos). Itaque veniemus etc, Così Calcidio, copiando anch’egli Adrasto, nel suo Commentario al Timeo di Platone, capo LXXXVI (Mullach, Fragmenta Philosophorum Graecomum, vol. II. p. 201). Vedi anche al capo LXXIX del medesimo Commentario un cenno delle dissensioni dei matematici al riguardo degli eccentri e degli epicicli.
  9. Vedi qui sopra, § 14.
  10. Tolomeo conosceva il modo di rappresentare l’anomalia della Luna con un eccentro mobile (Almagesto, IV, 4). Non l’adottò, volendo riservare l’eccentro mobile alla teoria dell’evezione. Ma ebbe cura di dimostrare, che ambedue le ipotesi si possono adattare in modo da produrre gli stessi risultati.
  11. Mentre per i pianeti superiori la rivoluzione del centro dell’eccentrico intorno alla Terra è per tutti un anno, per gli inferiori dovrebbe essere diversa, e per ciascuno di essi uguale a ciò che noi chiamiamo rivoluzione siderea, periodo che per Mercurio e Venere era agli antichi ed anche ai moderni prima di Copernico) totalmente sconosciuto.
  12. H. Martin, introduzione alla sua edizione di Teone Smirneo, p. 76.
  13. Vedi Theonis Smyrnei, Astronomia, ed. Martin, p. 210, e le spiegazioni di Martin, p. 368