Software libero pensiero libero/Volume II/Assoli: Progetti operativi in Italia e in Europa

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Richard Stallman - Software libero pensiero libero (2002)
Traduzione dall'inglese di Bernardo Parrella (2003)
Volume II - Assoli: Progetti operativi in Italia e in Europa

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ASSOLI: Progetti operativi in Italia e in Europa

Introduzione

L'Associazione Software Libero (http://www.softwarelibero.it/) nasce nel novembre 2000 ponendosi come scopi di base la corretta informazione e la diffusione della conoscenza secondo quanto definito del 1984 da Richard Stallman all'atto della creazione della Free Software Foundation: libertà di utilizzo del software, libertà di studio, libertà di modifica, libertà di ridistribuzione. Il tutto poggia su un presupposto: l'accesso al codice sorgente. Sono stati sufficienti tre anni di attività perché fosse chiaro come le principali minacce a questo genere di libertà non derivassero esclusivamente dalle holding dell'informatica, promulgatrici dagli Anni Ottanta in avanti di una politica di chiusura delle informazioni. Le minacce, ad oggi, arrivano anche dalle istituzioni che, in ritardo e a volte con scarsa cognizione di causa, legiferano sotto la spinta di lobby interessate alla preservazione dei propri privilegi di mercato. Ed ecco che non si va più solo a ledere la libertà di sviluppo del software, elemento che già di per sé dovrebbe indurre a una riflessione, ma anche le libertà fondamentali dei cittadini, identificabili con quella di espressione e parola. Perché provvedimenti come la brevettazione delle invenzioni immateriali (che coincide con il software) e la direttiva europea sull'armonizzazione del diritto d'autore insinuano proprio queste genere di rischi. Danneggiando sviluppatori e utenti, tecnici e profani.

Ma a volta capita anche che un movimento nato spontaneamente agli albori dell'era digitale e poi ufficializzatosi per difendersi dalle aggressioni delle regole del business, qual è il software libero, penetri le mura di quelle stesse istituzioni portando, seppur lentamente e con difficoltà di comprensione, i propri valori al vaglio di amministrazioni centrali e periferiche. Contribuendo così non solo alla veicolazione del proprio messaggio intrinseco, ma anche a una maggiore democratizzazione degli enti pubblici attraverso l'accesso ai dati e alle informazioni. E, non ultimo, a volte anche al superamento del gap tecnologico tra il primo mondo, l'Occidente industrializzato e potente, e gli altri mondi, quelli dai capitali limitati e dall'assenza di tecnologia capillare o, quanto meno, diffusa.

Sono questi i motivi per cui di seguito vengono presentati tre progetti dell'Associazione Software Libero, tre cavalli di battaglia attraverso i quali scardinare, o almeno tentare, la visione imperante dell'informatica legata al pagamento delle licenze, alla mera esecuzione dei programmi, alla limitazione delle informazione per trasformare gli utenti in 'pigiatori' di tasti e icone a cui manca però la conoscenza di fondo, quella che si cela dietro alle interfacce grafiche e che costituisce uno dei presupposti della libertà. Parte dei testi riportati sono presenti sul sito dell'Associazione, sono liberamente consultabili e altrettanto liberamente sono veicolabili secondo quanto riportato in calce alle pagine web: "la copia letterale e la distribuzione del materiale qui raccolto nella sua integrità sono permesse con qualsiasi mezzo, a condizione che questa nota sia riprodotta (se non diversamente indicato)".

EUCD (European Union Copyright Directive)

L'EUCD viene contrassegnata come legge comunitaria 29/2002, e le sue intenzioni sono l'armonizzione della disciplina relativa al diritto d'autore. Peccato che tale provvedimento, recepito in Italia a fine marzo 2003 per decreto legislativo ed entrato in vigore il 29 aprile successivo, non miri tanto a tutelare chi, teoricamente, dovrebbe beneficiare dalla sua introduzione, cioé gli autori. Il suo obiettivo è invece la preservazione di benefici già esistenti (quelli imposti di fatto dalle multinazionali dell'informatica e dell'entertainment, tanto per citarne due) e semmai radicalizzarli attraverso recrudescenze legislative. L'EUCD è la direttiva della Comunità europea nata per uniformare la legislazione sul diritto d'autore in vigore nei Paesi membri. Si tratta di un argomento estremamente importante per la società, perché ogni persona ha che fare con il diritto d'autore ogni volta che accede ad una qualunque opera, documento o informazione.

Il diritto d'autore è un insieme di leggi che forniscono agli autori alcune prerogative sulle proprie creazioni (come il monopolio sulla riproduzione). L'esistenza di tali leggi è giustificata dal fatto che esse incoraggiano la produzione di nuove opere, favorendo la diffusione del sapere e il progresso sociale (http://www.biblio.liuc.it:8080/biblio/liucpap/pdf/44.pdf).

L'EUCD introduce nuove norme che ampliano il diritto d'autore, ma di fatto ne contraddicono le finalità positive. Concede nuovi privilegi legali ai colossi del settore, senza però offrire alcuna nuova garanzia agli utenti. Questa impostazione sposta il bilanciamento dei diritti e dei doveri, favorendo i grossi produttori a spese di tutti coloro che, in vario modo, utilizzano le moderne tecnologie.

Contiene quindi molte norme pericolose, tutte riconducibili a un problema fondamentale: la tutela legale per le "misure tecnologiche di protezione", ovvero per i sistemi che regolano l'accesso e la copia di materiali coperti da diritto d'autore. La "tutela legale" implica che ogni tentativo di aggirare queste misure diventa reato.

Sancisce quindi un nuovo potere per gli editori: quello di ricorrere a sistemi digitali che stabiliscono in che modo gli utenti possano utilizzare le opere possedute (come e-book, CD contenenti musica o dati, DVD).

Questo significa che domani assisteremo alla diffusione di e-book a tempo, che diventano inutilizzabili dopo un certo periodo, e non possono essere stampati o ceduti a parenti o amici; CD musicali che non si possono copiare, o memorizzare sul computer o sul lettore MP3 portatile; film in DVD che si possono guardare solo in certi Paesi e con certi sistemi operativi; programmi che automaticamente cancellano dal proprio PC i file ritenuti "illegali"; computer, periferiche e sistemi operativi che si rifiutano di leggere dati ritenuti "non autorizzati". L'elenco potrebbe continuare ed è potenzialmente molto ampio. Una applicazione estensiva di questi sistemi potrà togliere agli utenti ogni controllo sul funzionamento delle macchine in loro possesso.

Non si tratta di semplici ipotesi: tutto questo avviene già oggi. Ma l'EUCD richiede che gli Stati europei difendano queste misure tecnologiche, creando leggi apposite: domani, quindi, ogni tentativo di aggirare le vessazioni di questi sistemi di protezione potrebbe essere punito con il carcere; chi crea programmi che leggono certi tipi di file potrebbe commettere un reato; anche chi solamente discute su come evitare una limitazione tecnologica potrebbe rischiare la galera. Le persone accusate potrebbero essere punite anche se non avessero mai commesso atti oggi illeciti perché ritenuti violazioni del diritto d'autore. Con l'applicazione dell'EUCD, alcuni casi recentemente balzati all'onore delle cronache avrebbero avuto conseguenze diverse: il creatore del DeCSS sarebbe stato condannato; chi ha scoperto come superare le limitazioni dei CD anti-copia usando un pennarello sarebbe un criminale; anche chi utilizza o semplicemente rende note queste invenzioni correrebbe il rischio di ritorsioni legali.

Negli Stati Uniti questo scenario è già realtà, a causa del Digital Millennium Copyright Act (DMCA): una legge che ha permesso a varie aziende di ottenere arresti, intimidazioni e censure che hanno colpito utenti, programmatori, ricercatori. E le norme del DMCA sono le stesse previste dall'EUCD.

Con le norme introdotte dalla direttiva, diventa illegale l'aggiramento di tutte le "misure tecnologiche" (anche se facilmente superabili) che regolano l'accesso e la copia delle opere digitali, e diventa illegale l'offerta di informazioni e servizi, o la creazione di programmi che possano facilitare tale aggiramento. Gli autori/editori possono proibire agli utenti di cedere o rivendere le opere digitali, come software o e-book, regolarmente acquistate attraverso Internet, e possano controllarne qualunque diffusione.

Agli utenti non viene riconosciuta alcuna garanzia di poter utilizzare in modo ragionevole le opere in formato digitale. Il riconoscimento legale delle "misure tecnologiche" di protezione sancisce, di fatto, l'introduzione di un nuovo privilegio per i detentori dei diritti sulle opere: la possibilità di poter influire sull'utilizzo delle opere stesse. Infatti le "misure tecnologiche" dichiarate intoccabili dall'EUCD potrebbero imporre restrizioni estremamente severe per gli utenti, ed esse non potrebbero essere aggirate per alcun motivo. Si pensi ai film in DVD che possono essere guardati solamente in certi Paesi, agli e-book che non possono essere stampati, o ai cosiddetti "CD anti-copia" che non possono essere ascoltati su computer: queste vere e proprie truffe ai danni degli utenti verrebbero protette dalla legge, e rese inaggirabili.

A rischio anche la possibilità di scegliere quale software utilizzare per gestire i propri dati. La creazione di software interoperante richiede il superamento delle misure tecnologiche che proteggono i formati dati. Questa procedura è indispensabile per creare, per esempio, programmi che leggano i DVD, o altri documenti (anche di propria creazione) criptati, protetti da password o comunque memorizzati con alterazioni (anche molto semplici) che ne impediscano una lettura diretta. L'aggiramento delle misure tecnologiche, tuttavia, è vietato dall'EUCD - e quindi la direttiva di fatto riserva ad una sola azienda la possibilità di creare applicazioni che gestiscano un formato dati da essa creato. Gli utenti potrebbero perdere qualunque possibilità di scelta.

Verrebbe altresì negata la possibilità di cedere o rivendere i materiali digitali ottenuti attraverso Internet. Questo rende impossibile la nascita di un mercato degli e-book o del software "usati", che porti a una riduzione dei prezzi come avvenuto nel mercato del libro tradizionale. Inoltre, ogni documento diffuso via Internet potrebbe essere censurato in qualunque momento dalla sua fonte, l'autore o l'editore, e nessuna delle persone che ne abbia ottenuto legalmente una copia avrebbe il diritto di renderla nota in alcun modo. Questo pone dei gravi rischi alla futura possibilità di accesso a materiale di rilevanza storica e documentaristica.

Sarà impossibile sapere se i programmi utilizzati siano sicuri o meno. Le informazioni sulle falle e difetti (bug) del software potrebbero agevolare l'aggiramento di "misure tecnologiche" difettose. Tali informazioni potrebbero essere quindi censurate, e gli utenti potrebbero essere tenuti all'oscuro dei problemi dei programmi utilizzati - con grande vantaggio di varie aziende produttrici di software proprietario, non più costrette a correggere i problemi dei propri prodotti. La libertà di espressione su Internet sarà in grave pericolo. Qualunque informazione in grado di agevolare l'elusione di misure tecnologiche potrebbe essere dichiarata illegale, con gravi conseguenze sulla libertà di espressione e di stampa. Inoltre, le informazioni e i programmi resi illegali dall'EUCD potrebbero essere rimossi da Internet in modo estremamente rapido, con atti di censura che non richiedono l'intervento di un tribunale. Infatti, a causa della già citata direttiva sul commercio elettonico, ogni ISP (Internet Service Provider) che ospita le pagine Web degli utenti verrebbe di fatto costretto a soddisfare le richieste di oscuramento (più o meno motivate) provenienti dalle grosse aziende. Agli utenti verrebbero lasciate ben poche garanzie e possibilità di sfuggire alla censura.

Agli sviluppatori viene proibita la creazione di software in grado di interoperare con altri programmi e sistemi operativi proprietari: per produrre software interoperante, infatti, è necessario studiare il comportamento del software originario, aggirando le misure tecnologiche che rendono difficoltosa la lettura dei formati di scambio dei dati. Ma l'EUCD rende illegale questa pratica di aggiramento - e quindi un'azienda che subisca la concorrenza di un nuovo programma in grado di gestire gli stessi dati potrebbe denunciarne il creatore per il reato di "elusione di misure tecnologiche". Uno sviluppatore che superi una misura tecnologica per garantire l'interoperabilità potrebbe essere incarcerato, anche se egli non avesse mai compiuto alcuna violazione del diritto d'autore. Inoltre, i programmi (liberi e non) ritenuti scomodi da qualche azienda potrebbero essere rimossi da Internet con una semplice telefonata intimidatoria all'ISP che ne ospita il sito, magari con l'accusa di essere degli strumenti in grado di agevolare l'elusione di misure tecnologiche. Tutto questo porta direttamente al monopolio legale sui formati dei dati.

Da notare, infine, che gli studi su crittografia e sicurezza sono basati essenzialmente sull'analisi della robustezza del software e degli algoritmi; questa analisi viene effettuata eseguendo dei tentativi di aggiramento delle misure tecnologiche di protezione. Purtroppo, tale pratica è vietata dall'EUCD - ed anche la comunicazione dei dati su questi studi è dichiarata illegale, e censurabile con estrema facilità. Chiunque aggiri delle misure tecnologiche, o diffonda informazioni su questo argomento, potrebbe essere arrestato, pur senza aver mai compiuto violazioni del diritto d'autore.

Tali limitazioni rappresentano un evidente ostacolo alla libertà di ricerca, e frenano inevitabilmente i progressi nel campo della crittografia e della sicurezza informatica: fino ad oggi, queste attività sono state svolte alla luce del sole, ed hanno portato enormi benefici per il miglioramento del software disponibile; ma, a causa dei divieti previsti dall'EUCD, le ricerche su crittografia e sicurezza diventerebbero sostanzialmente illegali e per questo verrebbero trattate solo "sotterraneamente", per scopi tutt'altro che leciti (gli stessi che l'EUCD cerca di contrastare).

EUCD in Italia

Per l'Italia il pericolo appare assai concreto e vicino: infatti è diventato esecutivo il decreto legislativo per il recepimento dell'EUCD. Essendo nato da una delega ottenuta dal Governo, il decreto finale potrebbe essere approvato senza alcuna discussione in Parlamento.

Da quanto ha iniziato a circolare, la bozza del decreto ha destato notevole interesse per un suo aspetto in particolare: gli aumenti di prezzo previsti per i supporti di memorizzazione come CD-R e CD-RW, causati da un incremento delle tasse destinate alla SIAE. La rivista AFDigitale ha addirittura indetto una petizione on-line per l'annullamento dei rincari (http://www.edisport.it/edisport/afdigitale/petizione.nsf/Editoriale?Openpage).

Tuttavia, per quanto estremamente discutibile, la questione rincari appare paradossalmente il problema meno grave della bozza di decreto legislativo. Tale decreto, infatti, comprende sopprattutto le pericolose innovazioni previste dall'EUCD:

- rende estremamente problematica e complessa la tutela dei diritti degli utenti, specie contro gli abusi legati a "misure tecnologiche" troppo restrittive

- rende pericolosa e potenzialmente illegale la produzione di software interoperante, specie se libero: i creatori di applicazioni poco gradite a qualche grosso produttore di software proprietario rischiano fino a tre anni di carcere

- rende illegale la ricerca su crittografia e sicurezza informatica: lo schema di decreto legislativo vieta l'aggiramento di "misure tecnologiche" e la diffusione di informazioni sull'argomento, senza alcuna tutela per la ricerca scientifica

- vieta di cedere o rivendere il materiale digitale acquistato via Internet, con i rischi già illustrati per la futura possibilità di accesso al sapere.

Grazie ad una delega ottenuta dal Governo, tale decreto è giunto in tempi brevi ad una forma definitiva ed esecutiva, senza dibattito parlamentare. Purtroppo, il clamore attorno ai (discutibilissimi) aumenti di prezzo ha posto in secondo piano altri aspetti decisamente più importanti e preoccupanti dello schema di decreto legislativo: esso, infatti, rappresenta il recepimento dell'EUCD nella legislatura italiana, ed introduce tutte le pericolose innovazioni previste dalla direttiva.

Per ulteriori dettagli, incluse le modifiche al decreto proposte da Assoli, oltre che per seguire i futuri sviluppi della questione: http://www.softwarelibero.it/progetti/eucd/index.shtml

Brevetti sul software

"Proteggiamo l'innovazione in Europa: no ai brevetti software" è il titolo dell'appello ai parlamentari europei diffuso in appoggio all'iniziativa intrapresa da FFII (Free Information Infrastructure, http://ffii.org/), associazione non-profit di Monaco di Baviera che si dedica alla maggior diffusione possibile dell'informazione sull'elaborazione dei dati. Un'azione, quella partita dalla Germania, sostenuta in Italia da Assoli, anche se nel caso specifico si appoggia al sito http://swpat.xsec.it/ e all'ufficio dell'europarlamentare Marco Cappato. Già dall'intestazione dell'appello si evince il bersaglio: la brevettazione delle opere immateriali e, più nello specifico, del software. Un pericolo che in Europa è alla sua terza apparizione e che va a insidiare gli articoli 52.2 e 52.3 della Convenzione di Monaco (Convenzione sulla concessione di brevetti europei, Cbe), approvata il 5 ottobre 1973. Il primo tentativo coincide con i lavori della Conferenza di Parigi (14-25 giugno 1999). Il secondo si ripresenta meno di un anno e mezzo più tardi con la conferenza di Monaco (20-29 novembre 2000). Entrambi non hanno sortito l'effetto desiderato.

In risposta al terzo tentativo, lanciato a settembre, Assoli ha raccolto il testimone europeo diffondendo la "Richiesta di azione" proposta negli altri paesi e sollecitando piccole e media imprese e professionisti attivi nel campo del software libero a firmare l'appello ai parlamentari europei contro i brevetti.

La proposta della Commissione Europea sulla brevettabilità delle innovazioni nel software richiede che il Parlamento Europeo, i governi degli stati membri ed altre figure politiche diano una chiara risposta.

Le maggiori preoccupazioni riguardano diversi fatti:

- l'Ufficio Europeo per i Brevetti (UEB), in contraddizione con il testo e lo spirito della legge, abbia garantito decine di migliaia di brevetti sulle idee riguardanti la programmazione e gli affari, che chiameremo "brevetti sul software".

- La Comissione Europea (CEC) sta esercitando pressioni affinché questi brevetti siano legalizzati e resi applicabili in tutta Europa. Nel fare ciò, la CEC sta ignorando il chiaro e ben argomentato appello della grande maggioranza di professionisti del software, compagnie, scenziati ed economi.

- La CEC basa la sua proposta su una bozza di documento scritta apparentemente dalla Business Software Alliance (BSA), una organizzazione statunitense guidata da poche grandi compagnie, come Microsoft, che ha un considevole interesse su tale argomento, dato che attualmente il 60% dei brevetti per il software accordati dall'UEB sono detenuti da compagnie statunitensi.

- I brevetti sul software interferiscono con il diritto d'autore su questo e per i creatori di software tendono a portare all'espropriazione piuttosto che alla protezione della loro proprietà. Dei numerosi studi economici esistenti, nessuno conclude che i brevetti sul software portino ad una maggiore produttività, innovazione, diffusione del sapere o siano, in qualche altro modo, macro-economicamente vantaggiosi. La brevettabilità del software proposta da CEC/BSA, inoltre, porta a diverse inconsistenze all'interno del sistema dei brevetti e annulla le centrali assunzioni su cui si basa. Come risultato, ogni cosa diventa brevettabile e non ci può più essere alcuna sicurezza legale.

- Le istituzioni del sistema europeo dei brevetti non sono in alcun modo soggette sigificativamente ad un controllo democratico. La divisione tra potere legislativo e giudiziario non è sufficiente ed in particolare l'UEB sembra essere terreno fertile per gli abusi e la pratica dell'illegalità.

Per queste ragioni, gli appelli delle varie Associazioni avanzano le seguenti richieste:

- sollecitiamo il Parlamento ed il Consiglio europeo a rifiutare la proposta direttiva COM(2002)92 2002/0047.

- sollecitiamo il Parlamento Europeo a trovare un modo per obbligare l'UEB a rifondarsi, per come è intesa la brevettabilità, sulle sue linee guida d'indagine del 1978 o un equivalente, in modo da reinstaurare la corretta interpretazione della CBE.

- suggeriamo che un tribunale europeo indipendente sia obbligato a riesaminare su richiesta di un qualunque cittadino un qualsiasi brevetto che a prima vista possa sembrare accordato sulla base di una scorretta interpretazione delle direttive sulla brevettabilità dell'EPC, e che l'UEB, in tali casi, sia obbligata a rimborsare ai precedenti detentori del brevetto tutte le tasse da loro pagate.

- sollecitiamo i legislatori, sia a livello europeo che nazionale, affinché approvino il corrente testo dell'EPC e considerino la sua riapplicazione in accordo alla proposta http://swpat.ffii.org/stidi/epc52/index.de.html, ciò fino a quando sarà ritenuto necessario, in modo da evitare interpretazioni scorrette da parte dei tribunali.

- proponiamo che il Parlamento ed il Consiglio Europeo considerino di rendere palesi i limiti della brevettabilità nel caso del software e delle creazioni dell'ingegno emanando una direttiva europea secondo le linee delle contro-proposte disponibili su http://swpat.ffii.org/stidi/javni/index.de.html e http://swpat.ffii.org/papri/eubsa-swpat0202/index.en.html#prop.

- chiediamo che ogni proposta di legge (incluse le proposte della direttiva CEC e le regole create dai precedenti giuridici) riguardante la brevettabilità sia verificata attraverso un sistema di prove costituito da esempi di applicazione del brevetto, in modo da vedere al di là di ogni dubbio se ciò porterà effettivamente i risultati desiderati e non lascerà spazio ad alcuna interpretazione sbagliata.

- proponiamo che il Parlamento Europeo crei un Comitato Permanente sulla Brevettabilità, con lo scopo di assicurare che i brevetti siano accordati solo nelle condizioni in cui questi siano vadano nella direzione del pubblico interesse. Questo comitato dovrebbe essere composto da persone del MEP ed indipendenti, esperti in vari campi dell'ingegno quali matematica, informatica, scienze naturali, ingegneria, economia, epistemiologia, etica e giurisprudenza. Il numero dei detentori di brevetti, funzionari dell'ambiente o altre persone le cui entrate e carriere dipendano dalla comunità dei brevetti, deve essere mantenuto esiguo (ad esempio il 10-20%). Il comitato dovrà controllare ogni legge sui brevetti così come le interpretazione che gli uffici brevetti e i tribunali ne faranno. Inoltre dovrà istituire incontri, proporre studi specifici sugli effetti del sistema dei brevetti e stimolare una ricerca correlata nel modo più aperto e inclusivo possibile. Il comitato dovrebbe segnalare al Parlamento Europeo in che misura la realtà dei brevetti è conforme alla teoria ed agli obiettivi di politica pubblica della Comunità Europea e dei relativi membri. Il lavoro di questo comitato dovrà rivolgersi verso le preoccupazioni sollevate dal Comitato del Parlamento Europeo per gli Affari Legali ed il Mercato Interno per il Controllo di Qualità nell'UEB, come espresso nella discussione sulla regoloamentazione comunitaria sui brevetti COM(2000)0412.

- proponiamo che il Parlamento Europeo crei un Comitato d'inchiesta per investigare sulle varie accuse di comportamenti irregolari tenuti da coloro che propongono le direttive sulla brevettabilità del software e delle opere d'ingegno all'UEB ed al CEC, come la loro stretta collaborazione con una limitata cerchia di potenze, il loro ragionare incoerente ed il loro apparente disprezzo dei principi democratici e legali, e di proporre misure per una riforma in modo da prevenire il ritorno di questi fenomeni nel futuro.

- riteniamo che, almeno fino a quando i problemi nell'UEB non saranno risolti, ogni nuova regolamentazione, come Brevetto comunitario, sia implementata attraverso istituzioni differenti dall'UEB.

Per ulteriori dettagli, nonchè per seguire i futuri sviluppi della questione: http://swpat.ffii.org/ e http://swpat.xsec.it/

Pubblica Amministrazione

Il software libero sta diventando un argomento sempre più spesso collegato alla pubblica amministrazione. La conferma più istituzionale a questa affermazione deriva dalle indicazioni contenute nell'"Indagine conoscitiva sul software a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione" (http://www.innovazione.gov.it/ita/comunicati/open_source/indagine_comm issione_os.pdf). Un documento frutto del lavoro della Commissione ministeriale di indagine sull'open source, presieduta Angelo Raffaele Meo, docente al Politecnico di Torino, che dà un rilievo ufficiale all'argomento.

L'argomento, tuttavia, non è nuovo. E se anche l'Aipa (Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione), nel maggio 2002, aveva rilasciato uno studio dal titolo "Il software Open Source (OSS), scenario e prospettive" curato da Francesco Grasso (http://www.aipa.it/servizi%5B3/notizie%5B2/scenariooss.pdf), la comunità del software libero si interroga da tempo sui rapporti e sui vantaggi per la cosa pubblica dalla sua adozione. Da questo presupposto, scaturisce anche il progetto di Assoli "Il Software Libero per la Pubblica Amministrazione" il cui contenuto è illustrato nella sua introduzione.

"L'Associazione Software Libero constata con soddisfazione che la pubblica amministrazione italiana, a vari livelli, sta favorendo l'adozione del software libero tramite appositi provvedimenti volti a rimuovere ostacoli alla sua diffusione, o lo promuove attivamente riconoscendone l'importanza strategica. Gli enti pubblici locali e nazionali che vorrebbero impegnarsi su questa strada, però, rischiano di essere ostacolati dalla carenza di informazione sul tema. Vista la delicatezza del dibattito che si è ormai esteso al di fuori della comunità, per coinvolgere media ed importanti organi politici, l'Associazione costituisce un gruppo di lavoro, che si propone di raccogliere sistematicamente le fonti di conoscenza sull'argomento, e di diffonderle comunicando direttamente con stampa e organi politici. Come primo passo per facilitare il lavoro è stata creata una mailing list di discussione e coordinamento all'indirizzo: pa@softwarelibero.it".

Il documento prosegue indicando quelli che, nell'opinione di Assoli, sono i cardini - riportati integralmente - su cui confrontarsi e discutere. Prima di procedere nella loro presentazione, va ricordato che l'Associazione, per mantenere aggiornata l'evoluzione della questione, ha avviato anche due sezioni che si occupano di monitorare rispettivamente il dibattito e quanto viene pubblicato.

Un numero sempre maggiore di amministrazioni locali e nazionali privilegiano, con appositi atti di legge, il software libero nell'utilizzo all'interno delle proprie infrastrutture informatiche. Ricordiamo in breve i benefici principali attribuiti all'adozione del software libero da parte degli enti pubblici:

- La promozione dello sviluppo economico locale: il modello di sviluppo e vendita del software libero è, infatti, un modello collaborativo e diffuso, che consente a una pluralità di attori economici di beneficiarne (sviluppatori, imprese di servizi, utenti). I costi di acquisto del software, infatti, si spostano dalle licenze alla personalizzazione, consentendo lo sviluppo di imprese locali di servizi. Questo può rilanciare un'economia nazionale del software, mentre finora molti paesi erano costretti ad importare costosi pacchetti dall'estero.

- La trasparenza e la sicurezza: il fatto di poter disporre del codice sorgente dei programmi con cui vengono memorizzati e trattati i dati dei cittadini offre la possibilità di verificare la sicurezza delle applicazioni software. La disponibilità del sorgente a una vasta comunità di programmatori interessati a testarlo comporta notevoli vantaggi nella risoluzione di problemi, senza dover attendere le soluzioni ufficiali emesse dai produttori.

- La condivisibilità del software: il fatto di poter mettere a disposizione di altri enti pubblici il software sviluppato da un ente, nell'ottica di promozione del bene comune che è propria di questo settore; questa possibilità è garantita dalle licenze software "libere", in conformità alla legge n. 340 del 24 novembre 2000 (art. 25, comma I) che richiedeva proprio questo in ogni contratto di acquisto software stipulato da un ente pubblico, legge ampiamente disattesa anche perché poco nota.

- L'ereditarietà del software: il fatto di poter cambiare fornitore senza dover perdere l'investimento fatto; grazie agli standard aperti utilizzati nel software libero infatti tutti i professionisti IT, utilizzando linguaggi comuni, possono lavorare sulle applicazioni sviluppate in precedenza da altri. Diventa così più semplice mettere in concorrenza i propri fornitori (non è un caso che il modello di sviluppo proprietario o chiuso abbia generato un impressionante monopolista), quando si hanno le specifiche e la documentazione relative al codice software.

Per ulteriori dettagli e aggiornamenti: http://www.softwarelibero.it/pa/



Associazione Software Libero, luglio 2003