Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli (1920)/XVII. Cenne dalla Chitarra d'Arezzo

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XVII. Cenne dalla Chitarra d'Arezzo

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XVII. Cenne dalla Chitarra d'Arezzo
XVI. Folgore da San Gimignano XVIII. Ser Pietro de' Faitinelli detto Mugnone
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XVII

CENNE DALLA CHITARRA D’AREZZO

I

Presenta l’ignobile brigata, a cui offre le sue parodie dei sonetti dei mesi di Folgore.

A la brigata avara senza arnesi:
in tutte quelle parti, dove sono,
davanti a’ dadi e tavolier li pono,
4per che al sole stien tutti distesi;
ed in camicia stiano tutti i mesi
per poter piú legger ire al perdono:
entro la malta e’l fango gl’imprigiono,
8e sien domati con diversi pesi.
E Paglierino sia lor capitano;
ed abbia parte di tutto lo scotto,
11con Benci e Lippo savio da Chianzano,
Senso da Panical, c’ha legger trotto:
chi lo vedesse schermir giuso al piano,
14ciascun direbbe: — E’ pare un anitrotto! —

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II

Gennaio.

Io vi doto, del mese di gennaio:
corti con fumo al modo montanese;
letta, qual ha nel mar il genovese;
4acqua con vento, che non cali maio;
povertá di fanciulle a colmo staio;
da ber, aceto forte galavrese:
e stare come ribaldo in arnese,
8con panni rotti, senza alcun denaio.
Ancor vi do cosí fatto soggiorno:
con una veglia nera, vizza e ranca,
11catun gittando de la neve a torno,
appresso voi seder in una banca;
e, rismirando quel suo viso adorno,
14cosí riposi la brigata manca.

III

Febbraio.

Di febbraio vi metto in valle ghiaccia
con orsi grandi vegli montanari,
e, voi cacciando con rotti calzari,
4la neve metta sempre e si disfaccia;
e quel, che piace a l’uno, a l’altro spiaccia
con fanti ben retrosi e bacalari;
tornando poi la sera ad osti cari,
8lor mogli tesser tele ed ordir accia.
E ’n questo vo’ che siate senza manti,
con vin di pome, che’1 stomaco affina;
11in tal alberghi gran ’sospiri e pianti,
tremoti, venti: e non sian con ruina,
ma sian si forti, che ciascun si stanchi,
14da prima sera infino la mattina.

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IV

Marzo.

Di marzo vi riposo in tal maniera:
in Puglia piana, tra molti lagoni,
e ’n essi gran mignatte e ranaglioni;
4poi eia mangiar abbiate sorbe e pera,
olio di noce veglio, mane e sera,
per far cal degli, arance e gran cidroni;
barchette assai con remi e con timoni,
8ma non possiate uscir di tal riviera.
Case di paglia con diversi razzi;
da bere, vin gergon, die sia ben nero;
11letta di schianze e di gionehi piumazzi.
Tra voi, signori, sia un priete fèro,
che da nessun peccato vi dislazzi;
14per ciascun luogo v’abbia un munistero.

V

Aprile.

Di aprile vi do vita senza lagna:
laváni a schiera con asini a tresca,
ragghiando forte, per che non v’incresca,
4quanti ne sono in Perósa o Bevagna;
con birri romaneschi di campagna,
e ciascadun di pugna si vi mesca:
e, quando questo a gioco non riesca,
8ristori i marri de’ pian di Romagna.
Per danzatori vi do vegli armini;
una campana, la qual peggio suona,
11stormento sia a voi, e non rifini.
E quel, che ’n millantar si largo dona,
in ira vegna de li suoi vicini,
14per che di cotal gente si ragiona.

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VI

Maggio.

Il maggio voglio che facciate in Cagli
con una gente di lavoratori,
con muli e gran destrier zoppicatori:
4per pettorali forti reste di agli.
Intorno questo sianovi gran bagli
di villan scapigliati e gridatori,
de’ quai risolvati si fatti sudori,
8che turbin l’aere si, che mai non cagli.
Poi villan altri facendovi mance
di cipolle porrate e di marroni,
11usando in questo gran gavazze e ciance:
e’n giú letame ed in alto forconi;
massari e veglie baciarsi le guance;
14di pecore e di porci si ragioni.

VII

Giugno.

Di giugno siate in tale campagnetta,
che vi sien corbi ed alghironcelli;
le chiane intorno senza caravelli:
4entro lo mezzo v’abbia una isoletta,
de la qual esca si forte venetta,
che ’n mille parti faccia e ramicelli
d’acqua di solfo, e cotai gorgoncelli,
8si ch’ella adacqui ben tal contradetta.
E sorbi e pruni acerbi siano he,
nespole crude e cornie savorose;
11le rughe sian fangose e strette vie;
le genti vi sian nere e gavinose,
e faccianvisi tante villanie,
14che a Dio e al mondo siano noiose.

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VIII

Luglio.

Di luglio vo’ che sia cotal brigata
in Arestano, con vin di pantani,
con acque salse ed aceti soprani,
4carne di porco grassa a peverata;
e poi, diretro a questo, una insalata
di salvi’ e ramerin, per star piú sani,
carne di volpe guascotta a due mani
8e, a cui piacesse drieto, cavoiata;
con panni grossi lunghi d’eremita:
e sia si forte e terribile caldo,
11com’ha il sol leone a la finita;
ed un brutto converso per castaido,
avaro, che si appaghi di tal vita:
14la moglie a ciascadun sia ’n manovaldo.

IX

Agosto.

Di agosto vi riposo in aere bella,
in Sinigallia, che mi par ben fina;
il giorno si vi do, per medicina,
4che cavalcate trenta migliatella,
e tutti ’n trottier magri senza sella,
e sempre lungo un’acqua di sentina;
da l’altra parte si faccia tonnina,
8poi ritornando a passo di macella.
E, se ben cotal poso non vi annasa,
mettovi in Chiusi, la cittá sovrana,
11si stanchi tutti da non disfar l’asa;
la borsa di ciascuno stretta e vana,
e stare come lupi a bocca pasa,
14tornando in Siena un die la semana.

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X

Settembre.

Di settembre vi do gioielli alquanti:
ágor’e fusa, cornino e asolieri;
nottol’e ehieppe con nibbi lanieri;
4archi dá lana bistorti e pesanti;
assiuoli, barbagianni, allocchi tanti,
quanti ne son di qui a Monpeslieri;
guanti di lana, borse da braghieri:
8stando cosí a vostra donna davanti.
E sempre questo comparar e vendere,
con tali mercadanti il piú usando:
11e di settembre tal diletto prendere;
e per Siena entro gir alto gridando:
— Muoia chi cortesia vuole difendere,
14ch’i Salimbeni antichi li dièr bando! —

XI

Ottobre.

Di ottobre vi conseglio senza fallo
che ne la Faltarona dimorate,
e de le frutta, che vi son, mangiate
4a riglie grand’, e non vi canti gallo.
Chiare Tacque vi son come cristallo:
or bevete, figliuoli, e ristorate;
buon v’è uccellar a’varchi, in veritate,
8ché farete nel collo nervo e callo,
in quell’aere, ched è sottile e fina:
ben stanno in Pisa piú chiari i pisani,
11e ’l genovese lungo la marina.
Prendere ’I mi’ consiglio non sia’ vani:
arrosto vi darò mesto con strina,
14che ’l sentiranno i piedi con le mani.

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XII

Novembre.

Di novembre vi metto in un gran stagno,
in qual parte piú può fredda pianeta,
con quella povertá, che non si acqueta
4di moneta acquistar, che fa gran danno.
Ogni buona vivanda vi sia in hanno;
per lume, facelline di verdeta;
castagne con mele aspre di Faeta:
8istando tutti insieme in briga e lagno.
E fuoco non vi sia, ma fango e gesso,
se non alquanti luochi di rimiti,
11che sia di venti miglia lo piú presso;
di vin e carne del tutto sforniti:
schernendo voi qual è piú laido biesso.
14veggendovi star tutti si sguarniti.

XIII

Dicembre.

Di dicembre vi pongo in un pantano
con fango, ghiaccia ed ancor panni pochi;
per vostro cibo fermo, fave e mochi;
4per oste abbiate un troio maremmano;
un cuoco brutto, secco, tristo e vano,
che vi dia colli guasconi, e quei pochi:
e qual, tra voi, allumi dadi o rocchi
8tenuto sia come tra savi un vano.
Panni rotti vi do ed imbrillati;
appresso questo, ogni uomo in capegli,
11bottazzi di vin montanar fallati.
E chi vi mira si si meravegli,
vedendovi si brutti e rabbuffati,
14tornando in Siena cosí bei fancegli.