Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo V/Libro I/Capo V

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Capo V – Viaggi

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[p. 183 modifica]PRIMO 183 Capo V.

Viaggi. I. La Relazione de’ Viaggi di Marco Polo pub- n llI*inero blicala verso la fine del secolo precedente, e le cose maravigliose che dei paesi da lui ve- ‘"or,-!n”u8duti si raccontavano, dovean naturalmente risvegliar desiderio in più altri di rimirare co’ proprj occhi ciò che udivan narrarsi da’ viaggiatori, e d1 inoltrarsi ancora più avanti, e scoprir nuove provincie e osservar nuovi costumi. Così avvenne di fatto, e in questo secolo abbiam notizia di maggior numero di viaggiatori che non nel passato; altri de’ quali intrapresero lunghi e disastrosi viaggi per recar la luce evangelica a’ Maomettani ed agl1 Idolatri, altri solo per una lodevole curiosità di veder cose nuove e di investigare profondamente le leggi e l’ordine della natura. De’ primi non è di quest’opera il ragionare, se non allor quando alle fatiche di un aspostolico zelo essi congiunsero una osservazion diligente de’ luoghi per cui passavano , e delle cose più ammirabili che si offrivan loro a vedere, e ne lasciarono colle lor relazioni memoria a’ posteri. Ed uno di essi appunto ci si fa innanzi al principio di questo secolo, che avendo corse per molti anni provincie e regni appena conosciuti in Europa, e avendo ivi annunciata con felice successo la Religion cristiana, tornato in Italia dettò la descrizione de’ paesi che avea veduti, e il ragguaglio delle cose più memorande che vi avea osservate. [p. 184 modifica]l84 LIBRO NoiHie dei Questi ^ ^ Odorico da Pordenone delB.odenro.ul’Ordine de’ Minori, di cui? dopo allri autori, Puidenoru-. scrjtto colla usata sua esattezza il ch. sig. Gian Giuseppe Liruti (Notizie dei Letter. del Friuli t. 1, p. 274? ec.), e dopo lui il P. Giuseppe Venni conventuale (Elog. stor. del. B. Odor. Ven. 1761, 4)? presso i quali si potranno vedere le più minute contezze intorno alla patria, alla vita, alle fatiche apostoliche, alle virtù di questo indefesso operaio evangelico. Io accennerò in breve le cose ch’essi svolgono distesamente, e rimetterò chi legge alle pruove e ai monumenti che essi ne arrecano. Il B. Odorico nato nel distretto di Pordenone del Friuli circa l’anno 1286, e dopo i giovanili suoi studi entrato nell’Ordine de’ Minori in Udine, vi passò più anni nell’esercizio delle più ardue virtù, e si rendette esempio di osservanza e di perfezion religiosa. Quindi, mosso da ardente zelo, si accinse alla sua faticosissima peregrinazione , e corsi per lo spazio , come si crede, di 16 anni, più lontani vastissimi regni dell’Asia, l’anno 1330 fe’ ritorno in Italia risoluto di andarsene al pontefice Giovanni XXII in Avignone per dargli conto del successo de’ suoi travagli, e per impetrarne nuovi soccorsi alla conversion di que’ popoli. Ma ne fu trattenuto dalle sinistre vicende da cui la Chiesa e il suo Ordine erano travagliati per lo scisma di F. Pietro da Corvara, e da una infermità che sorpreselo in Pisa. Ritiratosi adunque a Padova, ivi per comando de’ suoi superiori dettò la relazion de’ suoi viaggi , di cui ora diremo) e F. Guglielmo da Solagna fu da lui scelto a stenderla [p. 185 modifica]PRIMO i85 c ad esporla latinamente. Il suddetto sig. Liruti afferma (ib. p. 277) che la patria di questo religioso è luogo del modenese. Ma nel territorio e nella diocesi di questa città non vi ha terra di questo nome; e parmi perciò, che debba sicuramente abbracciarsi Y opinione del signor Giambatista Verci. che con erudizione non ordinaria e con instancabile applicazione va illustrando la Storia di Bassano sua patria, il quale nelle notizie assai esatte che di questo scrittor ci ha date (Nuova Racc. d Opusc. p. 139), ci addita nel Bassanese un luogo così chiamato, e pensa a ragione che di esso fosse nativo F. Guglielmo. Passato poscia il B. Odorico al suo convento di Udine, ivi finì di vivere a’ 14 di gennaio del seguente anno 1331, lasciando gran fama delle eroiche sue virtù che diconsi da Dio confermate con maravigliosi prodigi. Tutto ciò basti l’aver accennato così di passaggio. Ciò che noi dobbiamo più attentamente esaminare, sono i suoi viaggi e le relazioni che di essi ci son rimaste. III. Il succennato racconto che il B. Odorico w. dettò a F. Guglielmo, si giacque inedito fino al- Iio’ n7"r<*n!i l’anno i588 in cui fu pubblicato tradotto in ita- vìàgiV^,*u°* liano nella collezion del Ramusio (Viaggi t. 2, p. 245); (a) poscia in latino colla traduzione inglese in quella dell’Hakluyt Il Bollando ancora gli diè luogo negli Atti de’ Santi (januar. (a) La Relazione der Viaggi del B. Odorico assai prima che dal Kamusio fu pubblicata in Jesi l’anno i5i3 per opera di Politico Virunio; e di questa edizione ragiona con molla esattezza Apostolo Zeno (Dws. Voss. t. 2, p. 297, 510). [p. 186 modifica]186 LIBRO t i ad. d. 14) parlando del B. Odorico, ma si dichiarò insieme di sceglierne quelle parti principalmente che provassero l’eroico zelo di questo servo di Dio. Gli autori della gran raccolta de’ Viaggi, dopo averne data qualche notizia, ci dicono (Hist. des Voyag. t. 28, p. 191 ed. de Paris, 1749 in 12) che non l’han creduta opportuna ad entrare nella lor opera, perchè piena di favole e di finzioni. Finalmente il suddetto P. Venni ne ha pubblicato l’originale latino tratto da un codice scritto nel 1401. e che conservasi presso il sig. Liruti. Alle mentovate edizioni convien aggiugnere i diversi codici mss. della Relazione medesima, che dal sig. Liruti, dal sig. Verci e dal P. Venni si annoverano (l. cit p. 288). (*) Or in essi noi veggiam certo molte cose improbabili, e che sembrano o finte interamente a capriccio, o esagerate di troppo, come fra poco vedremo. Direm noi adunque che il B. Odorico si piacesse aneli’ egli, come altri viaggiatori, di vender fole, e che stimasse di ottener lode tanto maggiore, quanto maggiori (*) Tra i codici mss. de’ Viaggi del B Odorico deesi annoverare quello della libreria Farsetti in Venezia, che può piovare a correggere 1’edizioni fattene (Bibl. MSS. Fars. p 1 16, ec.). « Ma il più pregevole è quello che ne possiede ora in S. Daniello nel Friuli il signor conte Dnniello Concilia, il quale sembra o^.della medesima età, o certo non molto da essa distante. Vuoisi qui ancora nggiugner1 che ne’ registri d**ìle pubbliche spese falle dalla città di Udine dai i5 di gennaio d< 1 1331 fino a’ 15 di maggio del i334 son registrate Expensc se puh lire B. Fratris Odorici, cioè le spese fitte per l’arca di marmo in cui fu riposto, e pe’ processi formati per verificarne i miracoli ». [p. 187 modifica]PRIMO fossero le menzogne che raccontasse? Le virtù religiose, di cui egli fu adorno, non ci permetton di crederlo; e parmi che si debba anzi attribuirne la colpa a’ copiatori, i quali avessero ardire di aggiugner più cose che il sant’uomo uè dettate avea, nè pensate, per rendere in tal maniera la narrazione da essi copiata più ammirabile, e per trarne quindi maggior profitto. E non è questa una mia semplice congettura , ma sì un fatto che a me sembra chiaramente provarsi dalle riflessioni che verrò soggiugnendo. IV. Nella collezion del Ramnsio, poc1 anzi citata, abbiam due relazioni del viaggio del B. Odorico, che dall’editore si considerano come due viaggi diversi, e s’intitolan perciò viaggio primo e viaggio secondo. Ma a paragonarle tra loro, come io ho fatto con qualche particolar diligenza, è evidente che non sono che due relazioni di un viaggio stesso, benchè la seconda sia imperfetta e non si stenda tant’oltre come la prima. Oltre queste due, io ho sott1 occhio ancor quella che diè alla luce il Bollando, e l’originale latino a cui è comunemente conforme la prima relazione del Ramusio. Or confrontando tra loro queste quattro relazioni, vedesi in esse non solo diversità, ma contrarietà e opposizione sì grande, ch’egli è evidente che altri vi ha posta mano, e che esse sono state notabilmente alterate e guaste. Lasciamo stare la diversità de’ nomi delle provincie e delle città, e rechiamone solo alcune pruove più convincenti. Nell’originale e nella prima relazion del Ramusio, a cui per lo più ancora è conforme IV. Apologia tirila reljxio • nc de1 medetimi viaggi. [p. 188 modifica]i88 libro quella del Bollando, il B. Odorico giugne a Trabisonda, ed ecco il primo oggetto di maraviglia che gli si offre a vedere: Eravi un uomo qual menava seco più di quattro mila pernici; ed esso camminava a piedi per terra, e quelle lo seguivano volando per 1 aere, e se ne andavano ad un certo Castello chiamato Zanga lontano da Trabisonda tre giornate Queste pernici erano di tal sorte, che volendo il dito uomo riposarsi, tutte a guisa di polli attorno a lui si acconciavano, e così le conduceva fino in Trabisonda al palazzo dell’Imperatore, ove egli eleggeva quante ad esso piacevano, e V altre di nuovo menava al loco, di dove prima V aveva tolte. Chi può tenere le risa a tal racconto i Ma veggiamo come diverso e quanto meno inverisimile sia nella seconda relazione: Vidi un uomo barbuto e di feroce aspetto, che menava con lui circa due mila perdici a quella guisa 7 che menano i pastori loro armenti; quali perdici volando ed andando via le menò a donare all’Imperatore di Costantinopoli, il quale ne tolse quanto a lui parve, e t altre le lasciò andar via. Poco appresso nella prima relazion si racconta che passando presso il monte, su cui dicevasi che era l’arca di Noè, egli avrebbe voluto salirne alla cima; ma ne fu distolto dai compagni, dicendo che niuno avea giammai potuto salirvi, e ciò solo per volere di Dio, il che pur dicesi nell1 originale. Al contrario nella seconda relazion del Ramusio si dice che pochi avean potuto arrivarvi, e ciò sì perla santità del monte, sì anche per la gran copia di nevi ond’esso è coperto. Nell1 originale nella [p. 189 modifica]PRIMO *09 prima relazione tra’ paesi veduti dal B. Odorico si nomina Ormez ossia Ormuz, ov’ei racconta di aver veduta cosa che è turpe al pari che inverisimile; ma nè di Ormuz, nè di tale mostruosità non si ha cenno nella seconda. In una città deir Indie detta Tana o Tava ei vede, secondo la "prima relazione e secondo l’originale, innanzi a ciascheduna casa una pianta di fagiuoli grossa al paro di una colonna; e di questa stranezza pure non vi ha indicio nella seconda. In Zaton, secondo l’originale e la prima relazione, trova undici mila idoli; secondo l’altra, solo tre mila. Così al contrario di molte cose inverosimili e strane che leggonsi nella seconda, come i cavalli da sei piedi e da sei gambe, gli struzzi a due teste, gli uomini di un occhio solo, ed altri simili mostri veduti nella corte del gran Can de’ Tartari; nella prima e nell’originale non si trova vestigio. Lo stesso confronto può farsi tra le relazioni del Ramusio e quelle del Bollando, perciocchè, a tacere di più altre cose, ove nella prima di quelle si * dice che nel regno di Zapa il re ha quattordici elefanti, in quella del Bollando e anche nell’originale gliene vengon dati liberalmente quattordici mila. In somma le relazioni che abbiamo dei Viaggi del B. Odorico, benchè sembrino primamente uscite da una penna medesima, col crescerne e moltiplicarne le copie sono omai divenute così diverse e contrarie tra loro, che una più non rassomiglia all’altra: effetto dell’ignoranza e del capriccio de’ copiatori, ai quali sembrando forse non abbastanza maravigliose le cose che in que’ viaggi si [p. 190 modifica]JC)0 LIBRO raccontavano, si son lusingati di far cosa sommamente pregevole col supplire colla lor fantasia a ciò che il B. Odorico non avea dettato, e col raccogliere quante più fole poteano da altri o viaggiatori, o sognatori che vogliam dire. Non vuolsene dunque incolpare nè il B. Odorico nè F. Guglielmo, a’ quali non abbiam bastevole fondamento per apporre la taccia o di creduli, o di mentitori; e se potessimo avere l1 autografo del medesimo F. Guglielmo, vedremmo probabilmente quanto più semplice e sincera fosse la relazione da lui lasciataci. Il P. Venni, a dir vero, ci dà come sincera originale la Relazione ch’ei ne ha pubblicata; e crede ch’ella sia copia dell’autografo stesso. Ma non parmi ch’ei rechi argomento bastevole a provarlo; e confessando egli stesso che il codice di cui si è servito , fu scritto l’anno 1401, ci dà motivo di dubitare ch’esso sia troppo lontano dall’esser sincero, v. V. Del rimanente il viaggio del B. Odorico Compendio r 1 1 1*J • ì V l di esfi. tu un (de’ più grandi che mai da uomo s intraprendesse. Tragittatosi a Costantinopoli, e quindi a Trabisonda, venne scendendo giù verso mezzogiorno, e traversando l’Armenia e la Persia ed altre provincie fino ad Ormuz; quindi postosi in mare inoltrossi fino al Malabar, e di là volgendosi intorno all’Isola di Ceylan, giunse a Meliapor; poscia giù pel mare dell’Indie fino all’Isole di Sumatra e di Java. Il signor Liruti pensa ch’ei giugnesse fino al Giappone, ma dal contesto e dall’ordine con cui si narrano cotali viaggi, non mi si rende verisimile. È bensi certo ch’ei, risalendo a tramontana, [p. 191 modifica]PRIMO 191 entrò nella Cina ch’ei chiama il regno del Manzi, di cui corse varie provincie e quella singolarmente detta il Cattay. Poscia, volgendo verso occidente , vide le provincie soggette già al principe che dicevasi il Prete Gianni, di che si è parlato ove abbiam ragionato de’ viaggi del Polo, e finalmente entrò nel gran regno del Tibet. Qui finisce la relazione del B. Odorico, nè egli ci spiega per qual via facesse ritorno in Europa. Ed è certamente a dolersi che avendo egli viaggiato per tanti regni a que’ tempi appena fra noi conosciuti, e sì diversi da quelli che ora sono, non ce n’abbia lasciata una descrizione più esatta, e quella che egli pur ci lasciò, sia stata guasta e travisata per modo, che non possiamo pure accertare che cosa egli scrivesse. VI. Ma qual ch’ella siasi la Relazione de’ Viaggi del B. Odorico, ella è l’unica quanto a’ paesi orientali, che abbiamo di questo secolo; perciocchè l’opera di Marino Sanuto, di cui parlerem tra gli storici, benchè contenga ancora la descrizione di parte delle stesse provincie da lui pure vedute, non è però a ciò indirizzata. Ben troviamo contezza di più altri che intrapresero lunghi viaggi, ma poco o nulla ci tramandarono di ciò che avean veduto viaggiando. F. Francesco Pipino dell’Ordine de’ Predicatori, di cui più a lungo parlerem tra gli storici, fu uno tra essi; e in questa Biblioteca Estense conservasi un codice che ne contiene qualche memoria, con questo titolo: Ista sunt loca sacrae venerationis, quae ego Frater Franciscus Pipinus de Bononia Ordinis vi. Altri viaggiatori di’ * ri inaurano le relazioni. [p. 192 modifica]1Q2 LIBRO Fratrum Praeclicatorum visitavi in mea peregrinatione, quam feci anno mcccxx. E da essa veggiamo ch’ei corse la Palestina e l’Egitto, e che fu ancora a Costantinopoli; ma egli appena fa altro che accennare i nomi de’ luoghi per cui passò, e alcuni monumenti di religione che vide. Di diversa natura, perchè per diverso fine intrapresi, furono i viaggi di Andalone del Nero genovese, uno de’ più celebri astronomi di questa età, e di cui perciò altrove dovrem favellare. Il Boccaccio, a cui dobbiam quelle poche notizie che di lui ci sono rimaste, accenna che egli, per desiderio d’inoltrarsi vie maggiormente negli studj astronomici, andò viaggiando quasi per tutto il mondo: cum universum pene orbem sub quocumque horizonte peragrasset (Geneal. Deor. l. 15). Ma null’altro noi ne sappiamo, poichè nè egli nè alcun altro ci ha raccontato più stesamente quai provincie egli vedesse. Lo stesso possiam dire di Giovanni Colonna soprannomato di S. Vito, a cui abbiamo una lunga lettera del Petrarca (Famil). l. 6, ep. 3). Egli costretto a cedere al tempo nelle funeste discordie che la sua illustre famiglia ebbe col pontefice Bonifacio VIII, avea abbracciata quell’occasione per viaggiare ne’ più lontani paesi. Ricordati, o padre, così gli scrive il Petrarca consolandolo della podagra, ond’era compreso, de’ viaggi in tua gioventù intrapresi, e di quel tuo animo insofferente del riposo. Tu vedrai che la podagra era a te necessaria non altrimente che il freno a uno sciolto destriero. Ella starebbe forse bene a me ancora, perchè apprendessi una volta a [p. 193 modifica]PRIMO 1C)3 riposarmi e a vivere meco stesso. Ma tu certo ne abbisogni più che qualunque altro. Tu avresti oltrepassati ancora i confini della nostra zona abitabile , varcato avresti V Oceano, saresti giunto agli Antipodi; e la ragione, che pure in ogni altra cosa ti regge, non avrebbe in ciò potuto giammai frenarti.... Nel che vedi la provvidenza del sommo Iddio. La podagra non ti ha già sorpreso nè nella Persia, nò nell A rabia, nè nell’Egitto, per le quali provincie tu andavi a diporto non altrimenti che in una tua villa; ma dopo esserne ritornato sano e robusto, e dopo innumerabili viaggi, che a mio parere non avrebbon mai avuto fine, ti ha arrestato nell’amenissime tue campagne. Era Giovanni nella lettura de’ buoni autori e nella cognizione della storia singolarmente versato assai, come raccogliamo da più lettere che il Petrarca gli scrisse, e da una principalmente in cui narra l’aggirarsi che facevano insieme per Roma osservando e riconoscendo gli antichi monumenti che vi eran rimasti, e passando il tempo in eruditi ragionamenti (ib. ep. 2); e non è perciò a dubitare che in tanti e sì diversi suoi viaggi ei non facesse quelle esatte e diligenti osservazioni che giammai non trascura un viaggiatore erudito, e donde sì gran vantaggio deriva non a lui solamente, ma a tutti coloro a cui ne fa parte scrivendo. E dobbiamo perciò dolerci ch’egli non ci abbia lasciata memoria alcuna distinta delle cose in tante provincie da lui vedute. VII. Non così fece il Petrarca, il quale ben- vii. che non possa esser compreso nel numero de’ rtuira*Jcè Tuuboschi, Voi. V. i3 [p. 194 modifica]m«lo<1o Ini in tenuto. 194 * libro ‘^viaggiatori, se con tal nome s’intendan solo coloro che viaggiano per paesi non ben conosciuti , dee nondimeno considerarsi come un perfetto loro modello; poichè nelle descrizioni ch’egli ci ha lasciate de’ paesi che vide, ci scuopre quai debban esser le mire, quale il metodo, quali le osservazioni d’un viaggiatore erudito. Belle sono le lettere ch’egli scrisse (Famil. l. 1, ep. 3, 4, 5) narrando un giro che intraprese l’anno 1333 per la Francia e per l’Alleni agn a. Io ho corse, dic’egli, di fresco le Gallie non già per alcuno affare, ma solo per avidità di vedere e per un certo ardor giovanile, e mi sono inoltrato fino alle sponde del Reno e nell Allcmagna, osservando attentamente i costumi degli uomini, godendo alla vista di sconosciuti paesi, e ogni cosa paragonando co’ nostri; e benchè molte cose magnifiche io abbia ivi vedute, non mi è grave però l esser nato in Italia; anzi, a dir vero, quanto più mi avanzo viaggiando, tanto più io l’ammiro. Quindi siegue a descrivere le cose più memorabili che vedute avea in Parigi, in Gant, in Liegi, in Aquisgrana, in Colonia, in Lyon; i costumi che vi avea osservati, lo stato in che avea trovati gli studj, le tradizioni che correano tra’ ’l volgo, ed altre somiglianti cose che un uom dotto osserva sempre con piacere viaggiando. Altrove ei narra (ib. l. 4? ep. 1) il salire che un giorno fece sulle cime del Monte Ventoso nel Contado Venassino, e le cose che vi rinvenne più degne d’osservazione. Bello è ancora il ragguaglio ch’egli ci ha lasciato (ib. l. 5, ep. 4) del suo viaggio pel regno di Napoli, e [p. 195 modifica]primo 195 le riflessioni da lui f’atle in quell1 occasione, sulle città e sulle ville di quelle provincie, di cui si trova menzione presso gli antichi scrittori. Egli accenna ancora, ma oscuramente (Carm. l. 1, ep ’j’lj di aver costeggiati i lidi di Spagna, di aver navigato l’Oceano, e ancor, come sembra, di esser giunto in Inghilterra (Famil. l. 3,ep. 1); ma di ciò non ci ha lasciata più esatta contezza. Avea egli intenzione di viaggiare ancora a’ Luoghi Santi di Palestina, come si raccoglie dalla prefazione dell1 operetta di cui ora ragioneremo; ma atterrito dalla lunga navigazione e da’ pericoli che altre volte avea sul mare incontrati, se ne astenne. In vece però a un suo amico che intraprendeva quel viaggio, e che avealo richiesto di volergli esser compagno, scrisse il piccolo libro intitolato Itinerarium Cyriacum (Op. t. 1, p. 616), in cui, cominciando da Genova, tutti gli descrive minutamente i luoghi ch1 ei dovea veder nel suo corso, e le cose che più attentamente dovea osservare; libro che alla storia e alla geografia di que’ tempi reca non poco lume, e di cui mi stupisco che non abbia fatta parola l1 ab. de Sade ne’ suoi tre tomi di Memorie per la Vita del Petrarca. Chi fosse l1 amico a cui il libro fu indirizzato, nol possiamo conoscere da’ codici stampati, e solo veggiamo eh1 ci fu milanese, poichè il Petrarca, a lui parlando, gli dice: patria tua Mediolanum (p. 622). Ma in un codice a penna di questo opuscolo, che si conserva in questa biblioteca Estense, esso è indirizzato ad Dominum Johannem de Mandello, famiglia antica e nobile di Milano, e che è [p. 196 modifica]1 196 uvno probabilmente lo stesso che l’anno 1347 podestà* di Piacenza (Poggiali, Mem, di Piac, ad h. an.) ■ vili. vili. In questo secolo finalmente, se crediamo Rrluminv ■ „ * 1. ’.. Hr’ Viaggi.li a una Relazione stampata due secoli; appresso, An^moV,1- la sorte spinse un nobile Veneziano allo scoprino "rf"’,’T mento di parte delle terre sottentrionali. Nicre srl tea ino* i »**•• colò Zeno pubblicò colle stampe di Venezia l’anno 1558 la Relazione dello scoprimento delr Isole Fri slanda. Es landa, Engroveland, Es to filanda , et Icaria. fatto per due fratelli Zeni, M. Niccolò il Cavaliere, e M. Antonio. In essa egli narra che il suddetto Niccolò (che dicesi il vecchio per distinguerlo dal giovane autore della Relazione) dopo la battaglia di Chioggia, armata a proprie spese una nave, e postosi in mare l’anno 1390, navigò verso l’Inghilterra*, e che, sorpreso da impetuosa tempesta, fu spinto alla Isola Frislanda, che credesi, come si osserva nella Raccolta dei Viaggiatori (t. 45, p. 280), parte del continente di Groenlandia. Ivi accolto amorevolmente da Zichmni, signore di quella e di più altre isole, gli recò grande aiuto nella guerra che sostenea contro il re di Norvegia, e ne ebbe perciò onori e ricompensa non picciole. Niccolò ne diè ragguaglio per lettere ad Antonio suo fratello, il qual pure, colà tragittatosi, trovò presso quel principe amorevole accoglimento. Niccolò e Antonio s’inoltrarono a scoprire altre provincie, e Niccolò singolarmente giunse alla Estotiland, ossia alla parte settentrionale della Terra di Labrador; e amendue morirono in que’ paesi, Antonio 10 anni dopo Niccolò, e 14 dacchè eravi [p. 197 modifica]PRIMO ll)7 giunto. La Relazione di questi viaggi e delle cose in essi avvenute è stata, come si è detto, data alla luce da Niccolò Zeno il giovane, il quale ha pubblicato ancora alcuni passi di lettere scritte da Antonio ad un altro suo fratello per nome Carlo; e questo fra gli altri, in cui narra ciò che di questo argomento egli avea scritto: Quanto a sapere le cose (p. 56 ed. ven. 1558), che mi ricercate de’ costumi degli uomini, degli animali, e de’ paesi convicini, io ho fatto di tutto un libro distinto, che piacendo a Dio porterò con meco, nel quale ho descritto il paese, i pesci mostruosi, i costumi, le leggi di Frislanda, di Islanda, di Eslanda, del Regno di Norvegia , di Estotilanda , di Drogio, et in fine la vita di Niccolò il Cavaliere nostro fratello con la discoperta da lui fatta, e le cose di Grolanda. Ho anco scritta la vita e le imprese di Zichmni Principe certo degno di memoria immortale, quanto mai altro sia stato al mondo, per il suo molto valore et molta bontà , nella quale si legge lo scoprimento di Engroviland da tutte due le parti, e la Città edificata da lui. Ma il libro sopraccennato scritto da Antonio, con più altre carte di tale argomento, venuto alle mani di Niccolò il giovane ancora fanciullo, fu da lui, come egli stesso sinceramente confessa, con puerile inavvertenza dato alle fiamme; sicchè, da pochi frammenti rimastine, ei potè raccogliere solo la Relazione che ce ne diede, e che è stata poi anche inserita nella collezion del Ramusio (t. 2). Ei fa ancora menzione (p.!46, 47) di una carta da navigare delle parti settentrionali, ma marcia [p. 198 modifica]e vecchia di molti anni, che aveasi in casa, e che era stata probabilmente lavoro di uno de’ due fratelli.


Alcune circostanze di essi sembrano favolose. IX. Io non ardirò di rivocare in dubbio le cose che dal detto Niccolò il giovane si raccontano, nè di sospettare che e i passi da lui pubblicati e il libro da lui ancora fanciullo gittato al fuoco, sien cose da lui inventate a capriccio, per accrescer lode ai suoi antenati e ai suoi concittadini, e per uguagliarli co’ Genovesi nel merito dello scuoprimento del nuovo mondo. Il giudizio solo del ch. Foscarini, che non ha punto dubitato della sincerità di tal narrazione, a me basta, perchè la riconosca per vera1. [p. 199 modifica]Io avrei bramato però, che questo scrittore esattissimo, dopo avere brevemente parlato (Letterat. [p. 200 modifica]200 LIBRO venez. p. 406, ec.) di questo libro, fosse, inoltrandosi nella sua opera, giunto a trattare più stesamente, come avea promesso, de’ viaggi de’ due Zeni. Ei certamente non avrebbe lasciato di sciogliere qualche difficoltà che a chi esamina attentamente la Relazione accennata , si fa innanzi. A me pare strano che essendosi il libro di Antonio Zeno conservato sin circa il principio del secolo xvi, in cui caddero i primi anni di Niccolò il giovane, ed essendo gli uomini stati sempre vaghissimi di intendere cotai relazioni di paesi nuovamente scoperti, non se ne facesse mai alcuna copia, sicchè il perir di quella ch’era presso la famiglia dell’autore, recasse seco la perdita irreparabil del libro. La Relazione inoltre, qual l’abbiamo alle stampe, contiene più cose che hanno una troppo chiara apparenza di favolose. Il re Zichmni che parla in latino co’ Veneziani (p. 4^)j i marinai veneziani che conducono a salvamento le navi del re medesimo fra i banchi e gli scogli di quell’oceano in cui non eran mai stati, e in cui i marinai nazionali le avrebbon fatte perire p. 47); il monastero di frati domenicani che Niccolò Zeno trova in Engroveland, ove i religiosi fan cuocere il pane nelle pignatte sol per mezzo di un’acqua naturalmente infocata che passa per la loro cucina, e ove delle faville che escon da un monte, si servon come di pietre a murare (p. 5o), per le quali cose, benchè que’ popoli le abbiano continuamente sottocchio e possan essi servirsene non altrimente che i frati, nondimeno tengono quelli Frati per Dei, e portano a loro polli, carne, [p. 201 modifica]PRIMO 201 ed altre cose, e come Signori gli hanno tutti in grandissima riverenza e rispetto; i libri latini che si trovano nella libreria del re dell’Estotiland (p. 54), ed altre sì fatte cose non sembran troppo opportune a darci favorevole idea di una tal relazione. Io nondimeno non ardisco deciderne; nè penso che sia ben impiegato il tempo in disputarne più a lungo, sì perchè questa scoperta, quando si ammetta per vera, si dovette al caso più che all1 ingegno e all’arte degli scopritori, sì perchè non mancan ragioni a credere che più secoli prima quelle provincie fosser già conosciute (V. Hist. des Voyag. I cit).

  1. Il sig. Vincenzio Formaleoni rimprovera al dottissimo autore della Letteratura Italiana la poca critica, con cui egli esaminò questo punto, e dice che non vede, per qual ragione abbia spacciata per favola la relazione, dei Zeni (Comp. della stor. de’ Viaggi, t. VI, p. 233). Io non so chi sia l’autore della Letteratura Italiana, contro cui egli si sdegna; e mi lusingo di non esser io quel desso, perchè lungi dal rigettar per favola quel racconto, io anzi ho detto che il giudizio solo del ch. Foscarini, che non ha punto dubitato della sincerità di tal narrazione, a me basta, perchè la riconosca per vera. Ho bensì aggiunto che avrei bramato che il Foscarini avesse potuto condurre l’opera sua sino a quel punto in cui dovea più stesamente trattare del viaggio de’ Zeni. perciocchè poteva sperarsi ch’egli avesse sciolte alcune difficoltà che in quelle relazioni si incontrano, e spiegate alcune circostanze che san troppo del favoloso, e che io ho indicate; ma ho ripetuto che non ardisco deciderne. Ripete quindi il sig. Formaleoni che lo stesso Autore della Letteratura Italiana commise un errore ed un errore grandissimo seguendo l’opinione del Baudrand, che non dove a seguire. E ciò ancora di me non può intendersi, perchè io non ho citato il Baudrand, nè so pure, nè mi curo di sapere che cosa ei dica su ciò. Continua egli dicendo che se quell’autore avesse veduta la carta da navigare dei Zeni pubblicata insieme colla loro relazione in Venezia fin nel 1556; vale a dire prima che fosse riuscito ai Re di Danimarca di rinvenire le spiagge della Groenlandia, di cui s’era perduta la traccia fin dal secolo XIV; avrebbe meglio giudicato delle scoperte fatte da’ que’ due nostri patrizi; e conchiude dicendo che l’autore comprenderà meglio il grande suo sbaglio, quando vedrà la stessa sua carta ch’ei pubblicherà. in altro volume. Ma io dubito che l’autore della Letteratura Italiana, chiunque ei sia, non avrà il piacere di veder questa carta sì interessante, perciocchè lo stesso sig. Formaleoni ci ha poscia altrove avvertiti che non ha potuto trovarne l’originale (App. al t. 20, p. 26); onde, quando pur voglia darcela, non potea far altro che copiar quella incisa nel 1556. E quanto al potersi avere in quell’anno, anche senza la relazione de’ Zeni, sufficiente notizia della Groenlandia, l’autor medesimo rimetterà forse il sig. Formaleoni a ciò che di quella Provincia si legge nella Storia de’ Viaggi dell’ab. Prevost. da cui si raccoglie eli? essa era abbastanza nota assai prima del 1556 (t. 73, éd. de Paris, 1770, p. 352, ec.). Assai meglio ha difesa la Relazione de’ Zeni il sig. Antonio Landi nelle note al Compendio francese della mia Storia (t. 2, p. 343). Egli osserva che di quel convento de’ Domenicani si parla nella Descrizione della Groenlandia stampata in Copenaghen nel 1763, e da me non veduta, e che si citan le testimonianze di molti a provare che un’acqua naturalmente calda scendeva da un monte, ed era stata condotta da que’ religiosi alla lor cucina e al loro orto; che le faville, di cui come di pietre servivansi a fabbricare, potevan essere somiglianti alla lava del Vesuvio, di cui si fanno tavole, pavimenti ed altri lavori, che la lingua latina non era affatto straniera a quelle nazioni, ec. Ma anch’egli conchiude che quella Relazione può esser piena di cose inverisimili e favolose.