Storie allegre/Chi non ha coraggio non vada alla guerra/V

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Chi non ha coraggio non vada alla guerra - V

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V.


Il signor Giandomenico, udito il racconto, sentiva anch’esso una gran voglia di ridere: ma invece, atteggiandosi a giudice severo e inesorabile, si voltò verso i suoi figliuoli, gridando in tono di comando militare:

― Soldati! In riga di battaglia! ―

A questo comando, i ragazzi si posero tutti in fila rimanendo immobili e col loro fucilino di legno appoggiato sulle spalle.

Allora il signor Giandomenico riprese:

― «Visto e considerato che un generale d’armata, il [p. 137 modifica]quale si mette a fuggire perchè ha paura di una tartaruga, non è degno di comandare uno dei primi eserciti d’Europa (i soldati chinarono il capo in segno di ringraziamento) ordiniamo e vogliamo che il generale Leoncino si dimetta subito dal supremo grado che ha tenuto finora, e prenda invece gli scevroni di caporale. Il prode Raffaello, comandante di tutta la cavalleria, è incaricato di farsi consegnare da Leoncino la sua spada d’onore.»

Raffaello, senza metter tempo in mezzo, andò subito in fondo alla stanza: e movendosi di là e camminando un po’ di trotto e un po’ di galoppo, si presentò dinanzi al povero generale, e fece l’atto di chiedergli la spada.

Leoncino non disse una mezza parola, ma seguitava a tentennare il capo come fanno i chinesi di gesso. Alla fine, visto che non c’era scampo, cominciò adagio adagio a sfibbiarsi la spada dalla cintola: e sfibbiata che l’ebbe, figurò di consegnarla in mano a Raffaello, ossia al comandante della cavalleria.

Ma invece di consegnargliela, gliela battè sulle dita. E pare che gliela battesse piuttosto forte, perchè l’altro si risentì tutto inviperito, e ne nacque un combattimento a corpo a corpo fra la cavalleria e il generale. E chi lo sa come questo combattimento sarebbe finito, se il signor Giandomenico non ci fosse entrato di mezzo con le buone maniere, dando, cioè, un bellissimo scappellotto al generale, e pigliando per un orecchio la cavalleria. E così persuase i due guerreggianti a sospendere le ostilità e a firmare li su due piedi un trattato di pace.

E la pace fu firmata.

Ma il povero Leoncino non sapeva rassegnarsi a [p. 138 modifica]quest’atto d’umiliazione: e giorno e notte si lambiccava sempre il cervello per trovare il modo di dare qualche splendida prova di coraggio, tanto da riguadagnarsi il grado e la spada di generale. Cerca oggi, cerca domani, finalmente gli parve di vedersi balenare dinanzi agli occhi una bell’idea.

Quella sera andò a letto tutto contento; e prima di addormentarsi diceva dentro di sè: «Domani o doman l’altro sarò generale daccapo, e allora, guai a Raffaello!... Per vendicarmi di lui, ordinerò subito che la cavalleria debba camminare sempre a piedi!...»

Eppure è così: i ragazzi vendicativi spesse volte sono anche ridicoli nelle loro vendette!