Storie fiorentine dal 1378 al 1509/VII

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VI VIII


GUERRA TRA VENEZIA E FERRARA (1482)
PACE DI BAGNOLO. IMPRESA DI PIETRASANTA


Fatta questa pace, stette Italia in quiete insino all’armo 1482, nel qual tempo sendo nate alcune discordie tra e’ viniziani ed Ercole duca di Ferrara rispetto a’ confini ed antique convenzione loro, e non potendo e’ viniziani sopportarle sí per la loro superbia naturale, sí etiam per essere usi a disporre molto di quello stato; e da altra parte Ercole faccendo piú renitenzia che pel passato, per confidarsi in essere genero del re Ferrando e nella lega aveva con lui, con Milano e Firenze; ed ultimamente sendo el vicedomine che stava in Ferrara per la signoria di Vinegia scomunicato dal vicario dello vescovo, lo effetto fu che e’ viniziani deliberorono rompergli guerra con consiglio e consenso ancora di papa Sisto. E parendo loro che la vittoria consistessi nella prestezza, disegnorono una armata grossa in Po e due campi per terra, uno dalla banda di Ferrara sotto el signore Ruberto da Sanseverino, l’altro in Romagna sotto el magnifico Ruberto Malatesta e cominciorono potentemente a infestare lo stato di Ferrara. Da altra banda e’ signori collegati risentendosi non tanto per gli oblighi della lega, quanto pel pericolo commune a tutta Italia se e’ viniziani si insignorivano di quello stato mandorono gente e commessari a Ferrara, non in quello numero bisognava, e per capitano Federigo duca di Urbino, sperando che la presenzia ed autorità sua avessi a fare frutto.

Partissi del reame el duca di Calavria per soccorrere el suo cognato ma sendogli dinegato el passo dal papa che favoriva e’ viniziani, congiuntosi con Savelli e Colonnesi, cominciorono a infestare le terre della Chiesa; e sendo el papa, il conte Girolamo e signore Verginio Orsino occupati alla difesa, e’ fiorentini levorono Città di Castello da obidienzia della Chiesa, rimettendovi a governo messer Niccolò Vitelli che ne era stato, cacciato da messer Lorenzo Iustino capo della parte avversa. E perché el papa potessi difendersi dal duca di Calavria, e’ viniziani gli mandorono el magnifico Ruberto; e cosí la guerra dello stato di Ferrara si alleggerí dalla parte di Romagna. Ma di verso Ferrara e’ viniziani non avendo riscontro, presono Rovigo con tutto el Pulesine e vennono a campo a Ficheruolo, strignendolo per terra e per acqua; ma difendendosi ferocemente, per esservi drento a guardia valenti uomini e perché el duca Federigo, accampato in sull’altra riva di Po, gli dava tutti quegli favori era possibile, non l’ebbono se non in spazio di quaranta o cinquanta dí. Nel qual tempo el duca Federigo, sendo amalato per la cattiva aria di quegli paludi, morí con grandissimo danno di tutta la lega, rispetto alla sua grandissima fede virtú ed autorità, e ne’ medesimi dí el magnifico Ruberto colle gente ecclesiastiche presso a Velletri a un luogo detto Campo Morto, si appiccò col duca di Calavria, dove doppo un lungo fiero e bellissimo fatto di arme, el duca di Calavria fu rotto, presi assai di quegli baroni romani erano con lui, e lui colla fuga scampò le mani degli inimici. Doppo la quale gloriosa vittoria Ruberto, sendo amalato per la grandissima fatica durata nel fatto dell’arme, portato a Roma pochi dí poi morí in grandissima fama, e fu sepulto in San Pietro con uno epitafio vulgare:

Ruberto sono che venni vidi e vinsi
lo invitto duca e Roma liberai
e lui di fama e me di vita ’stinsi.

Morí in quegli giorni medesimi e, come dicono alcuni, in quello dí medesimo che morí a Ferrara el duca di Urbino.

Furono questi successi tanto in favore de’ viniziani, sendo rotto el duca di Calavria, espugnato Ficheruolo, morto Federigo duca di Urbino, che, non avendo ostaculo, el signore Ruberto coll’esercito passò Po, fatti ne’ luoghi oportuni molti ponti e bastioni, massime uno al Lagoscuro di grandissima importanza alla infermità di quello paese, e venne insino alle porte di Ferrara, sendo molto impaurito el duca e deliberato abandonare Ferrara ed andarsene a Modona, se da messer Bongianni Gianfigliazzi, che vi era commessario de’ fiorentini, non fussi stato con gagliarde parole e conforti ritenuto. E certo la vittoria pareva in mano de’ viniziani, avendo stretto el collo a Ferrara con uno esercito potentissimo, con una grossa armata per Po, e sendovi gli aiuti de’ collegati molto deboli, e sperandovisene pochi altri, perché el re, poiché era rotto, non pareva sufficiente a sforzare el papa di dargli el passo; lo stato di Milano aveva guerra co’ Rossi di Parmigiana, e’ quali sotto la speranza de’ viniziani si erano ribellati, e tutto lo sforzo di quello stato era vòlto a espugnare San Secondo, luogo fortissimo, ed e’ fiorentini soli non potevano né volevano difendere questa piena, e come accade nelle cose che s’hanno a fare per piú, comunemente la freddezza dell’uno intepidiva gli altri.

Ma perché lo imperio di Italia non era ancora disegnato a’ viniziani, si volse nuovo vento, in modo che mutate la condizione delle cose, non solo si salvò Ferrara, ma furono e’ viniziani in grandissimo pericolo perdere tutto lo stato avevano in Italia in terraferma; perché el papa e conte Girolamo che avevano insino a quel dí dato loro favore, si rivolsono e collegoronsi colla lega alla difesa di Ferrara. La cagione può essere varia, o perché fussino sdegnati co’ viniziani d’avere loro mancato forse in qualche convenzione avevano insieme, o perché fussino allettati da qualche promessa de’ collegati, o perché fussino impauriti, considerando che se e’ vinizani ottenevano, verrebbono in tanta grandezza, che e gli amici e gli inimici arebbono a stare a loro discrezione. Comandò dunche el papa a’ viniziani che levassino le offese da Ferrara e restituissino le cose occupate a quello stato; e non ubbidendo loro successivamente, benché con qualche intervallo di tempo, gli dichiarò scomunicati ed interdetti; e per pigliare el modo della difesa, si fece una dieta a Cremona, dove oltra gli oratori di tutti gli altri stati di Italia, eccetto e’ genovesi, vi intervenne personalmente el duca di Calavria, el signore Lodovico Sforza, Lorenzo de’ Medici, el marchese di Mantova, messer Giovanni Bentivogli, e credo el conte Girolamo, oltre a Francesco da Gonzaga, cardinale mantovano, legato del papa. E finita la dieta, el legato e duca di Calavria si transferirono a Ferrara; dove attendendo alla difesa ed ingrossando continuamente di gente, el signore Lodovico espugnò San Secondo e spacciò tutto lo stato de’ Rossi, in modo che potendosi valere di tutte le gente sforzesche, si conchiuse, per piú difesa di Ferrara, rompere a’ viniziani dalla banda di Milano in sul bresciano. La qual cosa si accelerò, perché el signore Ruberto sperando avere parte in Milano e potervi fare movimento, partito del ferrarese e fatto un ponte in sull’Adda, ne venne insino in sulle porte di Milano, dove non si vedendo novità, si ritornò adrieto, non avendo fatto alcuno acquisto; e perché gli era molto tardi al campeggiare, le fazioni dell’arme si riposorono.

Nella medesima state la città recuperò le terre tenevano e’ sanesi di nostro, acquistate nella guerra del 78, perché avendo e’ sanesi fatto novità e cacciati molti cittadini, e loro ridottosi in su’ confini, dove si stimava avessino favore o dal papa o dal re, entrò gran sospetto a quegli reggevano, in modo che per loro sicurtà e appoggio feciono lega colla città e restituirono la Castellina e gli altri luoghi. E di poi andorono a campo a Serezzana la quale non s’ebbe, per avere in Lunigiana poche gente e quelle non potendo tardare, perché avevono a essere in Lombardia.

L’anno sequente lo esercito della lega, sendo potentissimo e molto superiore a’ viniziani, prese Asola e molti luoghi del bresciano e bergamasco; e continuando tuttavia la vittoria, avendo el duca di Calavria notizia che el bastione del Lagoscuro non era tanto guardato che giugnendolo alla improvista non si espugnassi e cosí si levassi tutta la guerra da Ferrara, cavalcò con le gente subitamente verso Ferrara. Ma fu in que’ giorni tanta tempesta in Po, che le barche ordinate da lui non furono a ostia a tempo potessi passare; in modo che, soprastandovi a aspettarle, el signore Ruberto che egli era cavalcato drieto collo esercito, lo raggiunse e fu al bastione innanzi a lui.

Nel medesimo anno Giovan Francesco conte di Caiazzo e messer Galeazzo, figliuoli del signor Ruberto, tennono stretta pratica col signore Lodovico venire a’ soldi sua e dettono speranza a principio del signore Ruberto loro padre; di poi vedendo che lui non lo farebbe, con alcuni loro fidati fuggirono occultamente del campo de’ viniziani e vennono in quello della lega. Il che si stimò assai, perché fu opinione che e’ viniziani avessino a insospettire del signore Ruberto e volersene assicurare o veramente non lo adoperare; ma lui prudentissimamente, come intese el caso, se ne andò a un castello de’ viniziani, e quivi fatto chiamare el castellano, gli comandò per l’autorità aveva dalla signoria per conto del capitanato, lo ritenessi a stanza della signoria; il che lui non volle fare. E con questi ed altri modi in modo assicurò e’ viniziani, che loro gli mandorono imbasciadori a confortarlo, ed a mostrargli avere in lui piú fede che mai.

Avevano e’ viniziani tenute astutamente molte pratiche di pace, massime col papa, non tanto per farla, quanto per ingegnarsi di mettere qualche ombra tra e’ signori della lega, a fine che questa unione si dissolvessi, o almeno che la speranza della pace gli raffreddassi ne’ provedimenti s’avevono a fare, le quale arte sendo cognosciute, non solo si pensava alla pace, ma nella fine di quello anno si consultorono in una dieta a Milano gli ordini del continuare l’anno sequente potentemente la guerra; in modo che in quella vernata furono e’ viniziani in grande angustie di pensare e provedere gente e danari per difendersi. E sopravenendo la state, uscí alla campagna el duca di Calavria collo esercito della lega tanto potente che non potendo el signore Ruberto stare alla campagna a petto agli inimici, sforzavano tutti e’ luoghi dove si accampavano. Di qui e’ viniziani, diminuendo ogni dí la riputazione, sbigottiti e con poca speranza, mancavano ne’ provedimenti necessari ed ogni dí diventavano piú deboli, benché l’armata loro avessi nel reame preso Galipoli; in modo che gli era manifesto che non avevano riparo che gli inimici non pigliassino o Brescia o Bergamo, e di poi con maggiore forza e riputazione, e favoriti da popoli di conto, togliessino loro lo imperio di terraferma di Italia.

Ma quella fortuna che gli ha piú volte conservati per riputazione difesa ed ornamento di Italia fuori di Italia, per peste e calamità di Italia in Italia, in tanto pericolo non abbandonò. Perché sendo lo esercito della lega a Bagnuolo, el signore Lodovico dubitando da un canto che, spacciati e’ viniziani, el duca di Calavria seguitato da’ collegati non lo levassi dal governo dello stato di Milano, quale lui governava in nome di Giovan Galeazzo suo nipote e genero del duca di Calavria, da altro sendogli occultamente promesso da’ viniziani favorirlo in continuarlo nel governo e forse in farlo duca di quello stato, e correndovi anche forse sotto mano qualche somma di danari, tenuto pratica di pace col signore Ruberto da Sanseverino, finalmente la conchiuse con condizione disonorevole alla lega: restituissi la lega tutte le terre e luoghi tolti in questa guerra a’ viniziani, ed e converso e’ viniziani restituissino al re, al duca di Ferrara tutti e’ luoghi occupati, eccetto Rovigo con tutto el Polesine e ritenessino in Ferrara e nel ferrarese l’antique immunità privilegi e preeminenzie, ritenessi lo stato di Milano e’ luoghi tolti a’ Rossi; delle differenzie de’ fiorentini e Fregosi circa allo stato di Serezzana non si parlò, e cosí dello includere nella lega el presente stato di Siena; rimanessi el signor Ruberto soldato de’ viniziani ed avessi titolo di capitano generale di tutta Italia.

Dispiacque questa pace universalmente a tutti e’ collegati, parendo loro perduta una grandissima occasione di assicurare Italia per qualche tempo da’ viniziani, e dolendosi delle condizioni vituperose; dispiacque particularmente al duca di Ferrara, e per tornare nelle antique servitú e per vedersi sanza el Pulesine, luogo importantissimo allo stato suo ed e’ viniziani presso alle porte di Ferrara a quattro miglia, dispiacque a’ fiorentini per non si essere tenuto conto delle particularità loro di Serezzana e di Siena, la qual cosa desideravano, dolendosi che avendo fatto per difesa di Ferrara e per commune beneficio piú che non toccava loro, fussino stati lasciati adrieto; e nondimeno perché la guerra non si poteva sanza lo stato di Milano seguitare, fu ratificata da tutti la pace.

Fatta la pace, subito morí papa Sisto, quale era stato uomo valentissimo ed inquieto e tanto inimico della pace, che a suo tempo Italia stette sempre in guerra; e per essergli naturale questo appetito e perché era noto che della pace ultima aveva avuto dispiacere ed alterazione grandissima, nacque una voce che era morto per dolore della pace, donde vulgarmente se ne celebrò uno distico:

Nulla vis saevam potuit extinguere Xistum;
Audito tantum nomine pacis obit

Fu eletto in suo luogo... cardinale di Malfetta, di nazione genovese, e chiamato Innocenzio ottavo.

Nel quale tempo e’ fiorentini, desiderosi recuperare Serezzana con favore del re e dello stato di Milano, ordinorono mandarvi el campo e provistosi di gente e forze necessarie, e mandato commessario Iacopo Guicciardini, e di già sendo quasi all’intorno di Serezzana, accadde che Paolo dal Borgo loro connestabole passando da Pietrasanta, che era de’ genovesi, per scorta di alcuni muli carichi di vettovaglie che andavano in campo, fu assaltato e svaligiato, e presi e’ muli da quegli della terra; in modo che el campo di Serezzana ne venne subito alla volta di Pietrasanta, e quivi si accamporono, fondandosi in su uno capitolo della pace: che qualunque andassi a recuperare le cose sue e fussi impedito da alcuna altra terra, potessi voltarsi a quella. E fu questa occasione procurata artificiosamente dalla città, stimando molto piú Pietrasanta per la qualità del luogo e per la commodità ed importanza, se mai s’avessi a fare impresa di Lucca.

Sendo le gente nostre accampate a Pietrasanta, venne per soccorrerla dalle riviere di Genova parecchi migliaia di fanti, e’ quali non ebbono resistenzia, perché el campo nostro aveva carestia di fanterie, ed in quegli luoghi aspri non si poteva adoperare cavalli; in modo che el campo nostro venne in tanto pericolo che fu constretto levarsi da campo e ritirarsi. Ma non volendo la città a nessuno modo soportare questa vergogna, fu ingrossato el campo di fanterie e di altre cose necessarie, e per piú riputiazione della impresa e per portare ordine di danari, furono mandati in campo commessari, in compagnia di Iacopo Guicciardini, messer Bongianni Gianfigliazzi ed Antonio Pucci; e ristrinsesi in modo la terra, che non era possibile vi entrassi soccorso alcuno. Difendevansi quegli di drento francamente, e per la cattiva aria nel campo nostro amalò molti, e tutt’a tre e’ commesari ne furono portati a Pisa infermi, dove pochi dí poi morirono messer Bongianni ed Antonio di Puccio. Finalmente sendo quegli di drento disperati di soccorso, dettono la terra, salvo l’avere e le persone; e cosí fu loro osservato. Fu questo buono acquisto perché, oltre alla qualità della terra era una scala a fare piú facile la impresa di Serezzana, era una briglia in bocca a’ lucchesi, di natura che erano forzati stare sempre in continuo sospetto, ed uno instrumento potente alle altre terre e luoghi di Lunigiana quivi propinqui.