Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo V/Una parte sviluppata in un grado e in un modo straordinario...

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Capo V

Una parte sviluppata in un grado e in un modo straordinario presso una specie, rispetto alla parte omologa delle specie affini, tende ad essere altamente variabile

../Le strutture multiple, rudimentali ed inferiori sono variabili ../I caratteri specifici sono più variabili dei caratteri generici IncludiIntestazione 1 giugno 2008 75% paleontologia

Capo V

Una parte sviluppata in un grado e in un modo straordinario presso una specie, rispetto alla parte omologa delle specie affini, tende ad essere altamente variabile
Capo V - Le strutture multiple, rudimentali ed inferiori sono variabili Capo V - I caratteri specifici sono più variabili dei caratteri generici

Parecchi anni fa io fui molto sorpreso da una simile osservazione, pubblicata dal Waterhouse, intorno a questo effetto. Io traggo anche da una riflessione fatta dal prof. Owen, riguardo alla lunghezza delle braccia dell’ourang-outang, ch’egli pervenne ad una conclusione consimile. Non sarebbe sperabile il convincere chicchessia della verità di questa proposizione senza appoggiarla coi molti fatti da me riuniti, e che mi è impossibile introdurre in questo luogo. Io non posso fare altro che esporre la mia convinzione che codesta è una delle regole più generali. Conosco parecchie cause che possono trarre in errore, ma spero di averne tenuto il debito conto. Si comprenderà che questa regola non può intendersi applicata ad ogni parte che sia sviluppata in una maniera straordinaria, a meno che questo sviluppo non sia anormale in confronto colla parte omologa delle specie strettamente affini. Così l’ala del pipistrello è una struttura affatto anormale nella classe dei mammiferi, ma la regola ora detta non potrebbe in questo caso applicarsi; sarebbe applicabile solo quando qualche specie di pipistrello avesse le sue ali sviluppate un modo rimarchevole in paragone alle altre specie del medesimo genere. Questa regola trova una rigorosa applicazione nel caso dei caratteri sessuali secondari, quando sono spiegati in un modo insolito. Diconsi caratteri sessuali secondari, denominazione usata da Hunter, quelli che sono propri di un solo sesso, ma che non sono direttamente collegati all’atto della riproduzione. La regola si estende ai maschi e alle femmine; ma si applica più raramente a queste, offrendo esse meno frequentemente caratteri sessuali secondari notevoli. Questa regola diviene tanto evidentemente applicabile al caso dei caratteri sessuali secondari per la grande variabilità di questi caratteri, comunque siano essi sviluppati in una maniera insolita; fatto del quale non può menomamente dubitarsi. Ma la nostra regola non si limita ai caratteri sessuali secondari, come chiaramente risulta nel caso dei cirripedi ermafroditi; posso aggiungere che mentre io studiavo quest’ordine, occupandomi particolarmente dell’osservazione del Waterhouse, rimasi pienamente convinto che essa si verifica quasi invariabilmente in questi animali. Nella mia opera futura io noterò i casi più rimarchevoli; intanto ne darò brevemente un esempio per dimostrare la regola nella sua più vasta applicazione. Le valve opercolari dei cirripedi sessili (balani) sono, nel pieno senso della parola, organi assai importanti, e differiscono assai poco anche in generi diversi, ma nelle varie specie del genere Pyrgoma, queste valve presentano un insieme sorprendente di diversificazione; le valve omologhe sono affatto dissimili nelle forme, e negli individui di parecchie specie, la somma delle variazioni è sì grande che non si esagera dicendo, esservi maggior differenza fra le varietà nei caratteri di queste importanti valve, che fra le altre specie di generi distinti.

Negli uccelli di un paese si hanno variazioni assai piccole, e perciò io li osservai particolarmente e parvemi che questo principio si applichi anche a questa classe. Io non potrei riconoscere se ciò avvenga nelle piante, il che avrebbe seriamente compromessa la mia opinione sulla verità del principio, se la grande variabilità di esse non rendesse assai difficile il paragonare i relativi loro gradi di variabilità.

Quando noi vediamo una parte o un organo sviluppato in un grado o in modo straordinario in una specie, abbiamo una presunzione plausibile che ciò sia di molto valore per essa; nondimeno la parte in tal caso è soggetta eminentemente a variare. Ora come potrebbe spiegarsi codesto fatto, considerando ogni specie come creata indipendentemente con tutte le sue parti tali quali le osserviamo? Ma se noi pensiamo che i gruppi delle specie hanno uno stipite comune e furono modificati dalla elezione naturale, credo che potremo ottenere qualche schiarimento. Se nei nostri animali domestici una parte, o l’animale intero fosse trascurato, e non si applicasse il principio di elezione, questa parte (per esempio la cresta nei polli Dorking), o tutta la razza, non avrebbe più un carattere quasi uniforme. Allora si direbbe che la razza ha degenerato. Negli organi rudimentali, e in quelli che furono resi meno speciali per uno scopo determinato, e forse nei gruppi polimorfici noi abbiamo un esempio naturale quasi parallelo; perchè in questi casi l’elezione naturale non potè esercitarsi interamente e quindi l’organismo rimase in una condizione instabile. Ma ciò che ora più particolarmente ci interessa è che nei nostri animali domestici quei caratteri, che al presente sono soggetti a rapidi cangiamenti per la continua elezione, sono anche eminentemente variabili. Infatti se consideriamo le razze dei colombi, noi vediamo quante prodigiose differenze si trovano nel becco dei giratori, nel becco e nelle barbette dei messaggeri, nel portamento e nella coda dei colombi pavoni, ecc.; e queste sono le particolarità che oggi principalmente si ricercano dai dilettanti inglesi. Anche nelle sotto-razze, come nei giratori a faccia corta, è notoria la difficoltà di riprodurli nella loro purezza, e spesso nascono individui che si allontanano completamente dal tipo. Potrebbe asserirsi che esiste una lotta costante fra la tendenza di riversione ad uno stato meno modificato e la tendenza innata di maggiori variazioni d’ogni sorta da una parte, e dall’altra col potere di una costante elezione per mantenere pura la razza. Nel corso dei tempi l’elezione rimane vittoriosa, nè potremmo attenderci di produrre da un buona razza di colombi a faccia corta un uccello come il giratore comune. Ma finchè l’elezione progredisce rapidamente, noi dovremo sempre aspettarci di trovare molta variabilità nella struttura degli organi che vanno modificandosi.

Ora ci sia permesso di ritornare alla natura. Quando una parte fu sviluppata in una maniera straordinaria presso una specie qualsiasi, in confronto delle altre specie del medesimo genere, noi possiamo inferirne che quella parte subì un insieme straordinario di modificazioni, dall’epoca in cui la specie si staccava dallo stipite comune del genere. Questo periodo è di rado molto remoto, poichè ogni specie non dura quasi mai al di là di un periodo geologico. Una quantità straordinaria di modificazioni implica una somma straordinariamente grande ed estesa di variabilità, che fu continuamente accumulata dall’elezione naturale, a benefizio della specie. Ora se la variabilità di una parte od organo straordinariamente sviluppato fu considerevole e lungamente protratta, in un periodo che non può essere eccessivamente lontano; noi dobbiamo aspettarci di trovare, in regola generale, maggiore variabilità in questa che in quelle altre parti dell’organismo che rimasero quasi costanti per un periodo più vasto. Ed io sono convinto che appunto ciò si verifica. Io non trovo alcun motivo di dubitare che la lotta fra l’elezione naturale e la tendenza alla riversione e alla variazione possa cessare nel corso dei tempi e che gli organi che sono più anormalmente sviluppati siano per conservarsi inalterati. Per conseguenza quando un organo, anche molto anormale, fu trasmesso quasi nelle stesse condizioni a molti discendenti modificati, come nel caso dell’ala del pipistrello; quell’organo deve essere esistito, secondo la mia teoria, durante un immenso periodo nel medesimo stato, e sarà quindi per tal modo divenuto meno variabile di qualunque altra struttura. Solo in questi casi, in cui le modificazioni furono comparativamente recenti e molto grandi, noi possiamo trovare quella che si direbbe variabilità generativa, capace di agire con molta efficacia. Perchè allora la variabilità non sarà stata annullata che di rado dall’elezione continua degli individui che variarono in un dato modo ed in una certa estensione, e dall’eliminazione costante di quelli che tendettero a ritornare alle primitive condizioni meno modificate.