Teoria della relatività/La relatività generale/La traiettoria curva dei raggi luminosi

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La traiettoria curva dei raggi luminosi

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La traiettoria curva dei raggi luminosi
La relatività generale - Inerzia e gravità La relatività generale - Newton ed Einstein

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XI

LA TRAIETTORIA CURVA

DEI RAGGI LUMINOSI

Da quanto si è esposto si è potuto trarre una obiezione nella quale si è trovato il miglior sostegno a tutta la teoria.

Ritorniamo al nostro fisico nella sua cabina, e ammettiamo che attraverso ad una finestra gli arrivi dall’esterno un raggio luminoso inviato, per esempio, da una stella fissa molto lontana. Che cosa osserverà egli? Abbiamo dimostrato l’esistenza di una aberrazione causata dal movimento della cabina; tuttavia ciò non cambia nulla alle sue conclusioni, poiché, se egli vede la stella in una direzione differente da quella in cui la vede un osservatore fisso, egli ritiene, naturalmente la sua direzione come la giusta e non ne trae alcun’altra conseguenza nel suo stato di [p. 107 modifica]movimento. Ma la velocità della cabina non resta costante, aumenta invece sempre piú. Se noi ammettiamo che, anche nel breve intervallo che la luce impiega per attraversarla, questo aumento sia sensibile, ne deduciamo di conseguenza un aumento dell’aberrazione: il raggio mentre attraversa la camera cambierà di direzione; in altri termini apparirà curvato all’osservatore. E qui, naturalmente, vi è posto per una obiezione contro la concezione dell’ultimo capitolo: se la cabina è in movimento accelerato, il raggio luminoso si curva, ma non si è giammai pensato a nulla di simile per una cabina in quiete in un campo di gravitazione. Sarebbe quindi possibile stabilire una distinzione che distruggerebbe definitivamente l’equivalenza che si supponeva completa, tra l’azione di un campo di gravitazione e quella di un movimento accelerato. Einstein, trovando questa conclusione insostenibile, ha enunciato l’ipotesi inversa: “I raggi luminosi sono incurvati da un campo di [p. 108 modifica]gravitazione nella stessa maniera che dal movimento accelerato equivalente.”

L’importanza di questa concezione deriva dal fatto ch’essa offre la possibilità di una verifica sperimentale immediata. È sufficiente far passare un raggio luminoso in un campo di gravitazione e vedere se vi si incurva. Ma bisogna ben persuadersi che non si devono aspettare effetti rilevanti; al contrario la curvatura, cosí ottenuta, e la deviazione in rapporto alla prima direzione non possono raggiungere, in qualsiasi circostanza, che dei valori molto deboli. Non lesiniamo, ed immaginiamo una cassa di 300.000 chilometri, in modo che la luce impieghi esattamente un secondo per attraversarla. Paragonata alle dimensioni dell’universo, sarebbe sempre una ben piccola cosa; dalle stelle fisse, anche le piú vicine, non si potrebbe vedere il nostro apparecchio, anche fosse di una bianchezza abbagliante. Di piú supponiamo che su di essa agisca una forza tanto colossale da farle raggiungere in un solo secondo, dallo stato di quiete, la velocità della terra, cioè 30 chilometri. Ben inteso questa velocità aumenterebbe di altrettanto ogni secondo. In queste condizioni il raggio luminoso avrebbe alla sua entrata nella cabina un’aberrazione nulla; alla sua uscita avrebbe raggiunto il valore che corrisponde alla velocità della terra e che abbiamo indicato a pag. 79 cioè 1/3 di minuto, il 1/100 del diametro apparente della luna o del sole.

Che ne è esattamente nella realtà? Si vedrà che anche questo angolo di deviazione non si può raggiungere cosí presto, e purtuttavia tale angolo [p. 109 modifica]per molto tempo ancora non sarà considerato come abbastanza grande. Infatti non vi sono in natura campi di gravitazione di una intensità tanto formidabile come quella che noi abbiamo ammesso. L’attrazione che il sole esercita su di un punto della sua superficie è all’incirca 28 volte quella che la terra esercita su di un punto della propria; un corpo in caduta libera, percorre sulla terra m. 4,90 nel primo secondo e 135 metri sul sole; la velocità di caduta libera aumenta presso di noi, di m. 9,81 al secondo, di m. 270 sul sole; il campo di gravitazione del sole non sarebbe quindi il 1/100 di quello che noi abbiamo supposto. E questo calcolo poi non è valevole che in prossimità immediata della superficie solare; ad una distanza di un raggio la gravitazione è diminuita di 3/4. Le condizioni sono piú favorevoli in ciò che concerne l’estensione del campo nello spazio. Abbiamo ammesso 300.000 chilometri come larghezza della gabbia; il diametro del sole raggiunge 1.400.000 chilometri, 4 o 5 volte tale distanza, e il campo si fa sentire, benché affievolito, naturalmente, a distanze ancora piú grandi. Questo rapido calcolo, piuttosto questa valutazione, per quanto grossolana essa sia, dimostra abbastanza che, per le nostre deviazioni noi non potremo sperare che angoli molto piccoli, appena al limite delle grandezze percettibili. Non si può pensare a mettere in evidenza la curvatura di un raggio luminoso per mezzo della luna, e ciò è deplorevole, poiché si avrebbero numerose occasioni di osservazione. Siamo obbligati a rivolgerci alla deviazione attraverso il [p. 110 modifica]campo di gravitazione piú forte che noi conosciamo, quello del sole. Ci è necessario quindi osservare una stella, che trovandosi in realtà molto al di là del sole, ci appaia molto vicina ad esso, ed i raggi della quale, per arrivarci, debbano attraversare la parte piú intensa del campo solare. Ora, si sa che di giorno, ed anche lontano da questo non se ne può vedere alcuna. Benché l’osservazione sia facilitata dall’impiego di strumenti (col loro aiuto infatti non vi è difficoltà ad osservare delle stelle in pieno giorno) non si è tuttavia ancora in grado di risolvere il problema; è necessario quindi attendere l’occasione di un ecclissi totale di sole, durante il quale, la sua luce troppo intensa sia mascherata dalla luna.

Per disavventura gli ecclissi totali di sole sono, com’è noto, molto rari. Dopo l’inizio della relatività generale, non se ne ebbero che due: il primo, nell’estate 1914, doveva essere osservato da una spedizione tedesca inviata a tal fine nel sud della Russia; essa però a causa dello scoppio della guerra non poté disgraziatamente fare le sue osservazioni; il secondo, nel maggio 1919, condusse alla verifica ben conosciuta dei calcoli di Einstein.1 Ne riparleremo piú avanti.

Note

  1. Vi fu in seguito un altro ecclisse solare: il 20 settembre 1922. Le misure dello spostamento delle posizioni stellari sulle lastre fotografiche ottenute durante tale eclisse sono, a quanto ha annunziato il prof. W. W. Campbell, Direttore dell’Osservatorio di Lick sul Monte Hamilton in California, in buonissimo accordo con i calcoli basati preventivamente sulla teoria della relatività. È quindi la seconda volta che la deflessione dei raggi stellari nel campo gravitazionale del sole viene confermata dalle osservazioni eseguite durante un ecclisse totale. (N. d. T.)