Tieste/Atto quinto

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Atto quinto

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Atto quarto
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Atto quinto

Giorno.

Atreo, e una Guardia

Atreo. Udisti? Ov’ei s’arrenda, a un cenno, tutto

Sia pronto: bada, che nulla traspiri:
Cingan la sala i tuoi: null’uom qui innoltri:
Vanne.1.
Sempr’arte, e ferro mai? – Pur lieve
Fora adoprarlo, ma dannoso e poco:
E qui grand’arte vuolsi: alle promesse
Mescer ira e terrore. – Ippodamia
Viensi piagnente: fia di pro suo pianto:
In tempo giunge.

Ippodamia, Atreo

2

Atreo. E perchè, madre? Sorgi.
Ippodamia. L’ultime voci di tua madre intendi:
Se tuo fratello ei non è più, Tïeste
È figliuol mio; grande è per te sua colpa;
Nulla è per me: se tu nol salvi, io vengo
A’ piedi tuoi prima spirar: decidi.
Atreo. Parole parli di furor, di cieca
Disperazion; e non t’avvedi quanto
Strazio al mio core strazïato aggiungi.
Oh! non foss’ei fratello mio, non fora
Misto il mio pianto al sangue suo: – pur deggio
Sopprimer tutto, rammentar ch’io sono
Re, cui s’addice castigar delitti.
Placato è mio furor, ma non placato
È della legge il dritto.

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Ippodamia. E chi t’astringe,

Chi il tuo poter ti toglie!
Atreo. Altri, che Atreo,
In Argo avvi signor! – Pure tremendo
È sino ai re della giustizia il grido.
«Chi del sovrano suo tentò la vita»,
«Pera». Così tuonan le leggi; ed io
Deggio loro ubbidir. Ma a gemer teco
Quindi, madre, verrò: tuo cor sommetti,
Qual anch’io lo sommetto, al giusto, al sommo
Rigor del Cielo.
Ippodamia. Così molti e grandi
Son gl’infortunj miei, ch’omai ricuso
Di sofferirne più. Tu che tant’hai
Coraggio di sommetterti, tuo labbro
A tuo fratel dia morte: io per me, il dissi,
Prima perir, poi tanta a’ piedi miei
Carnificina avvenga: il so, di sangue
Hai sete tu: dissetati del mio;
Egli tuoi scorni lavi. A che t’arretri?
A me quel brando, a me: sazierott’io
Smania tanta di sangue, e più fia caro
A te, ch’egli è congiunto, ed è di madre.
Ma almen meco svanisca ogni altro orrore
Dalla reggia di Pelope: dai numi
Chiedesi innocua vittima; la porgo,
O re, in me stessa; se obbriar prometti
Di Tïeste le offese e alla dolente
Erope rendi il pargoletto, io m’offro
Contenta all’ara degl’iddii sdegnati.
Atreo. Madre, a che vuoi tu trarmi? io di tuo sangue
Bramoso!... e ’l crederesti? E di Tïeste
Forse in me vedi l’esecrabil alma?
Ippodamia. Rimbrotta sì d’un’infelice madre
L’amor, ma solo di tuo cor feroce
Quest’è rimbrotto. Al par di te, nol nego,
L’amo; figli mi siete...
Atreo. Egli tuo figlio!

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Ei che tramò di pur rapirten’uno?

Ippodamia. Vedi tu questo mio braccio tremante?
Ei vendicava un figlio, ove Tïeste
T’avesse ucciso: ora tu vivi, e regni;
Nè egli fia spento anzi di me.
Atreo. Tïeste
Morrà: tu meco viverai regnando.
Fiati più caro il tuo lungo dolore
Diviso meco, che il perpetuo nostro
Mortal periglio. Non sarem securi,
Fin che il fratello vive.
Ippodamia. Alta, inumana
Crudeltà spiran tuoi tiranni detti!
Io morrò; e ratto: chè pugnale acuto
A tant’uopo mi serbo. Io funestarti
Vo’ tua vendetta col morir mio prima;
Se pur funesta a te sarà mia morte.3.
Atreo. Or dove corri?
Ippodamia. Ad abbracciar morendo
Il figlio mio. – Di filïal pietade
Dà questo segno almeno; unico forse,
Ed estremo ei sarà. Sin che la luce
Del dì rifulse, d’Erope e Tïeste
Intorno all’atre carceri piangendo,
Io tutta notte errai: temea che crudo
Tuo manigoldo gl’immolasse entrambi.
Il giorno aprissi, e qui men venni. Indarno
Priegai; ciò non rileva: or sol ti prego,
Fa che il carcer si schiuda, ivi concesso
L’entrare a madre sia. Stretta a mio figlio
Perdere io voglio l’estremo sospiro.
Atreo. A pietà tu mi sforzi: a tue materne
Lagrime calde chi resister puote?
Qui dunque fia che tu l’abbracci. –4
Emneo,
A me Tïeste ed Erope.5.
Ti calma;
Ove Tïeste il voglia, io ti prome

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tto...

Forse... perdono.
Ippodamia. Bada, Atreo, che fero
Più della pena il tuo perdon non sia.
Se infami patti tu proponi, infame
Vita Tïeste non accetta mai.
Quindi io di te più temo...
Atreo. Generoso
Fia più d’Atreo Tïeste?

Erope, Tieste accompagnati dalla Guardia

che resta nel fondo, Atreo, Ippodamia

Tieste. (6)

Al fin scegliesti
La più ria morte? Pur, qual siasi, cara
Per noi sarà, purchè finiam di vita
Questi odiosi istanti.
Atreo. O tu, superbo
Disprezzator di morte, abbila, e insulta. –
Soldato...7.
Ippodamia. (8)
Empio carnefice, qui il brando;
Per questo seno tremante ripassa,
L’immergi, su: stretta mi sto a mio figlio.9
Qui per me solo giungerà a ferirlo.
Tieste. Madre, t’arretra; me morir sol lascia.
Ippodamia. (10)
Così perdoni?
Atreo. Perdonar misfatti,
Mercando oltraggi, io non appresi. – Udite:
Fien brevi i detti, e l’eseguir fia ratto. –
Soldato, va.11.
– Perdonerò: m’è grave
Di madre il duolo, e al fratricidio Atreo
Non nacque:12
or vedi, in te sta sol; tu scegli
Nuovo esilio perpetuo, e pria lo giura
Sulla solenne tazza: o per tuo figlio
E per te scegli morte.

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Erope. E per me?...

Atreo. Vita
Qui a te si serba, ove perì tuo padre,
Ove spirar del figliuol tuo nel sangue
L’abbominevol amator vedrai. –
E tu, giuri?
Tieste. Ti giuro odio, tremendo
Oltre l’Averno alto furor ti giuro.
Atreo. Or tu li giura, ed io li compio.
Ippodamia. O figli!
Fratelli siete; omai cessate. – Il figlio,
Atreo, mi salva. – Al figlio mio, Tïeste,
Cedi. – Deh! perdonatevi. La Grecia
Dell’opre suona della reggia d’Argo.
Pietà abbiate di me, degli anni miei
Cadenti, e avvolti dall’orror, dal scorno,
Da rea tristezza: della tomba io miro
L’orlo per me già spalancato... Ah! basti
Mia sciagura sin qui, chiuda miei lumi
Contaminati da men colpe.
Tieste. Cessa:
Tiranno preghi, e speri? – Io senza regno,
E senza fama per la Grecia in bando
Andrò mendico? senz’osare altrui
Scoprir mio nome? Troppo omai soffersi
Questa mia vita; or è ben tempo ch’io,
Benchè da scure di fratel, sia posto
In libertà.
Atreo. Regno tu brami? Or vola
Da’ miei scortato in Calcide: l’impero
Là ti s’appresta, ove lasciar tu voglia
Temuti i grandi ed avvilito il vulgo.
Ma giura tu di non por piede in Argo,
Nè più ridomandarmi Erope e il figlio.
Silenzio eterno ambo li copra: al trono
Sarieno d’onta e di ruïna forse.
Tieste. Io re non nacqui; e a questi patti il regno,
Che tu mi rendi, abborro: e questo abborro

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Mio viver grave da tanti delitti

Contaminato; e da infamia cotanta. –
Pur io ti priego; e per l’amaro frutto,
Frutto innocente di profano ardore,
Ti priego io sol. – Lasciarmi i dì non dei,
Nè puoi, nè il voglio: in cor d’entrambi avvampa,
E ’l sai ben tu, feroce odio di morte;
Nè spento andrà s’uno dei due nol tuffa
Del fratello nel sangue; a me non spetta,
Ch’io re non sono: pazïenza opposi
A tuo furore io sempre; alle tue trame
Opposi ferro, e invano. Or tu pon fine
A nostre gare, e all’infelice madre
Sol rendi il figlio: de’ suoi mali fonte
Noi fummo; e fonte di peggior sventura
Sarem noi pur? – Altro non chieggio: e in prezzo
A te gradito ecco mia vita.
Erope. Indarno
Parli, Tïeste. Tu di me per sempre
T’obblia, per sempre. Nel tuo soglio torna;
Vivi: a morire qui starommi io sola,
Sola io, cagion d’ogni tuo fallo. Il figlio
Lasciami in cura. – O re, mal tu l’ascondi
Ad una madre; io veglierò, vivendo
Per lui soltanto; e se mel togli, un’ora
Non rimarrommi, e ’l seguirò nell’urna. –
E chi, tranne una madre, il tuo divieto
Romper potea? Da’ tuoi custodi il figlio
Strappai: me lassa! Ove celarlo? Un crudo
Nume invadeami il cor: divina voce
Sentia tonar a me dintorno. – «Mori»,
«Ma pria lo svena». – E già la man sul capo
Stendea del figlio, e già feria... delitto
Nerissimo! – Deh placati! deh! schiudi
Il pargoletto a una dolente madre;
Quindi sarò, qual vuoi, sommessa e lieta
A’ tuoi tormenti, ove di più tu n’abbia.
Atreo. Tuo figlio! ei crescerà tutto rigonfio

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Di rabbia tïestea: di chi pietoso

Vita donogli e genitori, al sangue,
Allo sterminio anelerà. Puot’ei
Forse smentir suo infame nascimento?
Ippodamia. Tiranno inesorabile! placato
Non se’ tu ancora? Or che riman? Vuoi forse
Con empj eccessi prevenir le colpe? –
Crudele! – Omai trassi cinqu’anni in pianto,
Pace sperando; ma sperar che giova,
Se aneli al lutto? Or tu sguaïna il brando
E il ruota a cerchio; semiviva, esangue
Cadratti a’ piedi col fratel la madre.
Ma dì: felice tu sarai? No: cruda
Necessità di sangue il core irato
T’arderà sempre, e d’uopo fia versarne
A rivi; e più versato, e più tu ingordo
Ne diverrai; ma regia è l’opra: imprendi
Da me tu prima; io tel ridico, alcuno
Non preverrammi da te spento.
Atreo. Donna,
Li vedi tu? Sai di qual marchio entrambi
Segnaro Atreo? – Non se’ di re tu madre?
Ippodamia. Io di re moglie e di re figlia e madre
La pena sconto di tai nomi; io quindi
Maladetta dal Ciel voi dal mio fianco
Trassi stromenti di mie pene, voi
D’orrore insazïabili e di stragi,
Io vi son madre: ecco mio vanto; all’opra
M’unisco orrenda, e furibonda io bramo
Vendicativi parricidj. – Lassa!
Con chi deliro?... Ov’io mi volgo? – A tutto
Deh! t’arrendi, Tïeste: ti scongiura
Tua madre ... fa che quest’amplesso, o figlio,
L’estremo ... a me non sia.
Tieste. (13)
Madre...
Ippodamia. E un sol mezzo,
Atreo, teco m’avanza: ecco io l

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’adopro.

Mi prostro, e bagno... tue vesti... di lagrime...
Placati...
Atreo. (14)
Ad opra tu mi spingi, o madre,
Funesta forse... Sia che può. – Tïeste,
Abbiti regno, abbiti sposa, e figlio;
Ma t’allontana da’ miei sguardi: giura
Di non tornarti in questa reggia, e turpe
Macchia recare, dov’io regno: duro
M’è il fratricidio; ma tua vista assai
È a me più dura.
Tieste. Madre, Erope, figlio,
A che voi mi traëte? Indegno dono
Aver da Atreo la vita! E ben söave
Fora il rifiuto, ma fatale... io vengo
Al giuramento dunque, ove prometta
Perdono tu.15.
Atreo. Perdono?
Tieste. A me fien gravi
Tuoi doni, e pena il rimembrar miei scorsi
Delitti, e a sdegno mi verrà la vita
Poichè rapirla a te tentai; mio core
Non avrà pace mai: credi...
Atreo. Mendaci
Parole spargi: io ben fui teco ingiusto;
E ciò mi dolse, e duolmi: ma più fosti
Empio tu meco.
Tieste. Qual con me se’ stato,
I’ nol rammento; tua clemenza tutto
Cancella: or odi, io tel confesso; duolo
Avrò mortale in rammentarla; acerbo
Tu sembreraimi più: ritogli dunque
Ogni tuo dono: ei m’è più amaro assai
De’ tuoi tormenti; o se lasciar tu il vuoi,
Perdonami.
Atreo. Ad un tratto or se’ pentito
Veracemente!
Tieste. E che a te

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dir poss’io,

Che te l’attesti? – Ben hai scelta vera
Vendetta, Atreo, col non svenarmi.
Ippodamia. (16)
Ancora
Tu non assenti? – Ed io l’attesto ai numi,
Pentito egli è.
Tieste. Fratel, ti cedo io tutto:
Fratello, io scordo, e ti perdono tutto.
Giovin alma ardentissima a funeste
Opre m’addusse; a pentimento vero
Or mi ti guida: questo caldo pianto
Deh ti sia pegno.
Atreo. Cupamente finto
Non ti cred’io; se veritier non sei,
Dorrammi men, che il non avermi arreso
A tuo pregar: io fe ti presto, e dolce
M’è il prestarla a fratello, e dir parole
Di pace alfine. Franco parlo: tutti
I miei pensieri eran di morte; immenso
Scorno mi festi, ed io rancore immenso
Contro di te pascea: pur di fraterno
Affetto i moti mi sentia nell’alma;
Però talvolta te punir col bando
Pareami molto; ma furor sorgea,
E ratta, ferocissima, infernale
Io meditava contro te vendetta.
La distolsero i numi, e amor materno
Dall’ira mia mi svelse. – Il so: tiranno
Io sembro; e forse il fui: ma chi può saldo
In solio starsi, e non rigarlo in sangue?
Temp’è di calma: or ti racquisto. – Questo
Lavi i delitti nostri. Io ti perdono:
Tu m’abbraccia, e perdonami.17.
Tieste. (18)
Fratello! –
Ippodamia. O miei figliuoli! Io pace vidi! Or meno
Venga mia vita; io lieta muoio... Ahi quale
Nel core palpitante

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mi funesta

Presentimento! – E fia pur vero! Amici
Tornate voi? Fia vero! Ah che in cor tristo
Trista è per fin la gioia!
Tieste. O mio fratello!
O madre! Erope! figlio!
Erope. (19)
Il figliuol mio
Tu generoso ora mi schiudi.
Atreo. Un sacro
Innanzi ai numi giuramento stringa
Nostra amistà.
Erope. Mio figlio.
Atreo. (20)
Emneo la tazza,
E il fanciulletto. –21
Ecco la tazza:22
giura.
Erope. Ov’è mio figlio?
Atreo. Il figliuol tuo verratti.
Gli augusti giuri non tardar.23
Gli porgi
Il nappo; va: guida il fanciul.24.
Tieste. Bersaglio
D’aspra sorte io mi sia, qual fui sin ora;
Più che di tomba, di rimorsi eterni
Preda io divenga, se slëal del santo
Giuramento oserò frangere i nodi.
L’invïolabil tazza ella gli stringa.
In faccia i numi io giuro pace; io ferma
Amistà giuro.
Erope. Il figlio mio...
Tieste. (25)
Che bevo?
Sangue!...26.
Atreo. Felloni! è questo il figliuol vostro:27
Del misfatto godete.
Tieste. Un brando, un ferro.28.

Atreo, Erope, Ippodamia

Ippodamia. (corre, e poi s’arresta, guardando dal lato ov’è

partito

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Tïeste)

Ferma, figlio, deh! ferma. – O tu, soldato,
Non lasciargli quel brando. – Ahi! glielo strappa.29.

Atreo, Erope, Tieste di dentro che poi esce seguito da

Ippodamia e da Guardie

30.

Tieste. (31)
Via, traditori. – Madre, sgombra... mora
Prima il tiranno. – Ebben, crudeli, io stesso32.
Trafiggerommi.33.34.35
Ah... qui mi traggi... Io voglio
Mescer mio sangue a quel... del figlio. – Atreo!...
Vista d’orror!... Ch’io morendo... nol veggia...
Erope. Figlio!36.
Tieste. Ero... pe... madre...
Ippodamia. (37)
O mio Tïeste! –
Ti seguirò.
Tieste. Ven... detta! ...38.
Atreo. Vendicarvi
Vostro è dovere, o numi: io... vendicato...
Fulmin di morte sul mio capo attendo.

FINE DELLA TRAGEDIA

  1. La Guardia parte
  2. Ippodamìa in atto di gettarsi a’piedi di Atreo.
  3. In atto di partire
  4. Alla Guardia
  5. La Guardia parte
  6. ad Atreo
  7. La Guardia s’avanza
  8. alla Guardia
  9. Abbracciando Tïeste
  10. ad Atreo
  11. La Guardia si ritira nel fondo
  12. a Tïeste
  13. abbracciando Ippodamìa
  14. sollevandola
  15. Ad Atreo
  16. ad Atreo
  17. S’abbracciano
  18. dopo un breve silenzio
  19. ad Atreo
  20. alla Guardia
  21. La Guardia reca una tazza
  22. a Tïeste
  23. Alla Guardia
  24. La Guardia porge la tazza a Tïeste, e parte
  25. accostando la tazza alle labbra
  26. Getta la tazza
  27. mostrando il sangue, che è sparso in terra
  28. Parte disperatamente
  29. Si lancia verso il detto lato
  30. Erope guata stupida il sangue
  31. di dentro
  32. Comparisce con ferro in mano circondato e incalzato dalle Guardie
  33. Si ferisce
  34. Erope guata ancora stupida il sangue
  35. Tieste sostenuto da Ippodamia
  36. Cade tramortita
  37. sostenendo sempre Tieste
  38. Spira tra le braccia d’Ippodamia