Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 106

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Libro II - Capitolo 106

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Alcune autorità della sacra scrittura circa la immoderata cupidità delle ricchezze. Cap. CVI.

Hor se gli huomini gentili, et infideli, co’l solo lume della ragione furono di cuore cosi generoso che seppero disprezzare le ricchezze, quanto più lo doverà fare il christiano, la cui heredità è in cielo, et sa che questa vita non è altro che un pellegrinaggio, et un’esilio? per tanto il buon padre consoli il figliuolo se per caso saranno poveri, con quelle parole del buon Tobia, quando dicea al figliuolo: Non temer figliuol mio, povera è la vita che noi meniamo, ma havremo molti beni, se temeremo Iddio, et ci scostaremo da ogni peccato, et operaremo il bene. Dimostrigli che non ci è cosa più suave, che haver quel poco che si possiede con giusto titolo, et di buono acquisto, si come lo Spirito santo dice per bocca di David, Melius est modicum iusto, super divitias peccatorum multas, cioè, meglio è il poco al giusto, sopra le molte ricchezze de i peccatori.

Non si dannano le ricchezze, ma si consolano i poveri, non si dannano le ricchezze, che sono instrumento della vita humana, ma si danna la sete insatiabile di molti, i quali quello che è uno aiuto solamente et un mezzo del ben vivere lo appetiscono con tanto ardore, come se fosse il fine ultimo, et [p. 98r modifica]la felicità nostra; sono i ricchi utili, et necessarii nella republica, et quantunque la povertà eletta voluntariamente per amor di Dio sia virtù heroica christiana, et stato di altissima perfettione, nondimeno perche per hora parliamo a gli huomini communi et padri di famiglia, si dice che le ricchezze si convengono a lo stato loro, et son buone, quando son ben usate, et male se altrimenti, et si può esser ricco et insieme buono, et vi sono stati anticamente et sempre ve ne saranno de i ricchi, et santi se bene non è cosa senza gran pericolo, et difficultà, secondo il detto del Salvatore nelle notissima parabola; che più sia facile che il camelo, ò sia quello animale grande, et tortuoso, ò sia un grosso canape di nave, entri per una cruna di aco, che non è che un ricco entri in paradiso, ma come si sia il male non è nelle ricchezze, ma nella disordinata voluntà, si come molto bene ci dimostra san Paolo scrivendo à Timoteo, la cui dottrina per esser molto notabile, et a proposito del nostro ragionamento, mi è parso di registrarla di parola in parola in questo luogo. Dice adunque cosi:

Un gran guadagno è la pietà, co’l contentarsi di quanto basta, percioche niente habbiamo portato in questo mondo, et certo è che al partire niente ne possiamo portare, havendo adunque gli alimenti et il vestire di tanto siamo contenti, conciosia cosa che quelli che vogliono diventar ricchi, inciampano in tentationi et nel laccio del diavolo, et in molti desiderii inutili, et nocivi, che sommergono gli huomini nella morte, et nella perditione, imperoche la radice di tutti i mali è la cupidità, et l’amore della pecunia, la quale appetendo alcuni hanno deviato dalla fede, et hanno implicato se medesimi in molte miserie et travagli. In sin qui sono parole dell’Apostolo, ben degne d’esser molto ben ponderate et considerate.