Versi sciolti dell'abate Carlo Innocenzio Frugoni/12

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Nelle nozze della Signora D. Bradamante

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Nelle nozze della Signora D. Bradamante
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Nelle Nozze della Signora D.BRADAMANTE
nata MARCHESA SCOTTI di CASTELBOSCO,


Col Sig. MARCHESE GIOSEFFO MALVICINI
FONTANA di NIBBIANO.


Ai nobilissimi sposi


N
On io, se move da i superni giri,

Velato il capo di purpuree rose,
Agitator d’inestinguibil face
L’immortale Imeneo, non io col Coro
5De le Castalie Dee sempre di Cirra
Lascio le cime, nè da l’auree sedi
Ad incontrarlo le sonore penne
A i fatidici versi apro, e disciolgo:
Ma quando per Eroi, che bella fanno
10Questa, a cui caro vivo, età felice,
Egli quaggiuso appar, ricca tenendo
Per man catena da gli Dei commessa
Al buon lavoro de l’eterne incudi:
Presa la Cetra, che in Savona un tempo
15Solo nomi onorò di viver degni,
Sorgo, e al vegnente Dio carmi preparo,
Che poi sel sanno de’ suoi nodi illustri

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A l’alta Madre sua tornar superbo.
E s’ora io desto, e lungo Parma affretto
20Non che i seguaci del mio caldo ingegno
Delfici modi, ma quei pure invoco,
E in pompa guido, che a’ famosi Cigni
Arte, e Natura diero, Italia dica,
Se queste, che il buon Nume insieme annoda,
25Antiche stirpi hanno ragion su i doni,
Che a supremo valor Febo destina.
Certo cred’ io, che non sorgesse uguale
Cagion di canto, quando al gran Peleo
Più che marino guado azzurra i lumi,
30Dal glauco crin fino al volubil piede
Candida, e schietta più che argentea spuma,
Teti si avvinse, benche allor guidaro
L’umide Figlie di Nereo per l’onde
Insolite carole, e sovra i lidi
35Sparser conche, e coralli, e Proteo sorse,
Tacendo i flutti, e non osando i venti
Spirar fiato importuno, o batter ala;
A far parole del venturo Achille.
Ne questa, invido Vulgo, è di soverchio
40Favoloso lodar vana lusinga;

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Odio menzogna, e col favor di Pindo
Voti nomi infecondi a le remote
Credule età non pennelleggio, ed orno.
Qual ne’ suoi raggi 1’amorosa stella
45Mostrasi a 1’ombre fuggitive, e in faccia
Al rinascente giorno arde, e scintilla,
Vieni, e nei pregi tuoi Te stessa avvolgi,
E omai ti scopri, o di Piacenza luce,
O fiore eletto de le Ausonie Spose,
50Eccelsa Bradamante, e a i detti miei
Acquista fede, e fa ragione al vero.
Quale in Te cosa, che più il Mondo ammiri,
Vien meno? Ed anzi quale in Te più rara
Sovrana dote non ridonda, come
55In Indica miniera oro inesausto?
Potea lume maggior d’Avi, e di Cuna
Toccarti in sorte? Mira il tronco altero,
Onde pur Teco ebbe principio, e nome
La Scotta inclita stirpe. Appesi mira
60A l’annose sue braccia in ordin lungo
Aviti scettri, ch’ oltre Mar frenaro
Le bellicose Calidonie Genti,
E amati in pace, e paventati in guerra

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Signoreggiando le Scozzesi rive
65Vider un de’ suoi Germi a Trebbia dato
Spander la verde chioma, e larga arena
Coprendo di bell’Ombra, in sua radice
Lieta d’augusto Sangue ogni paraggio
Quasi sdegnar, levando 1’ardua fronte
70A i Regi eguale, e a gli alti Dei vicina.
Taccio poscia sospese a la tua Pianta
Sorta fra noi dal Peregrin Rampollo
Fulminee Spade, ardenti usberghi, ed elmi
Memori ancor de’ generosi petti,
75E d’aspre di valor sudate prove:
Taccio fulgide Croci, ed Ostri alteri,
E mille incisi titoli sublimi,
Onde de’ tuoi Maggiori a ragion puoi
Prender dal ricco onor nobile orgoglio.
80Solo or sul plettro rimembrar mi giova
Di che felice Genitor Tu sei
Germoglio, e speme. A lui dorate fasce
Fausta, mentre nafcea, porse Fortuna,
E già de i grandi suoi destin presaga
85Gloria lo accolse. Egli poteo le voci
Tanto possenti un dì, tanto ammirate

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Del Farnese Francesco, Alma prodotta
Fra i nostri Voti, e tra il favor de’ Fati.
Illustre Messaggier recare a l’Arno,
90A la Senna, al Danubio; ed or ben sai
Come pregiato su le Ibere piagge
Per fede, e per consiglio adorno porta
Di vello d’oro l’onorato petto;
Dono d’alta Reina, immortal Donna,
95Che al sommo Ispano, invitto Re diletta,
De’ suoi voler supremi alta Custode,
Del Talamo, e del Trono a parte alzata,
Solo se stessa in suo splendor simiglia,
E le suggette, e non suggette terre,
100I vasti mari, e questi tempi, e quanti
Ne sorgeran, finchè in Ciel roti il Sole,
Empie del Nome suo: Forte se a l’armi,
E a le vittorie il corso apre, e prescrive,
E coronata Amazzone dal Tago
105Su l’Affrica infedel fulmina, e tona:
Giuata, aplendida, e aaggia, o ae di pace
Si volge a l’opre, e largamente onora
Degne fatiche, e se gli ingegni, e l’arti
Di real grazia riconforta, e bea.

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110Te provvida gentil cura materna,
Come esperto cultor governa, e pasce
Di fiori, e di speranze arbor ridente,
Di rari esempli, e di costumi egregi
Lungamente formò. Te fra 1’eccelse
115Vergini a bella servitude elette
Piena d’accorto signoril talento
Amò l’alta Sofia, mente, e sostegno
Del gran Nipote, e del sorgente Impero;
E spirando incessante aura feconda
120A le crescenti tue virtù novelle,
Te del favor de’ suoi pensieri impresse.
Chi ridir può, ne le festose notti
Al Genio sacre, al folgorar di cento
Tremole faci, tra i sospiri, e il plauso
125D’ornata Gioventù de’ balli amante,
Come leggiera, e graziosa intessi
D’agile danza regolati errori?
Non va lieve cosi con piè rosato
Dolce Favonio in bel mattin d’Aprile
130Su 1’erbe prime, che col puro argento
De le rugiade sue l’Aurora asperge.
Amabil cortesia regge i tuoi modi,

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Tempra gli atti, e i sembianti, e ovunque vai,
Guida su l’orme tue vezzo, e decoro.
135Ma può le spiche numerar su i solchi,
Può di notturno Cielo ad una ad una
Contar lo stelle, e quanti fior nel grembo
Di Primavera aura gentil dischiude,
Chi tutte annoverar, tutti raccorre
140Può del tuo Volto, può de tuoi begli occhi
Le grazie, e i vivi lampi, e può de l’alma
Tutti ridire gl’immortali onori.
Or Tu non men di Lei sublime, e chiaro
Risorgente splendor, novo ornamento
145Dei prodi Malvicini, inclito Sposo,
Prendi parte del canto, e appieno mostra,
Se per più degna, e più mirabil Coppia
Le Pindariche fonti amica Euterpe
Aprir potea. Non tacerò de’ Toschi
150L’antico Regnator Celio, nè il forte
Celebrato Fonico, diletto a Marte,
Che indomita trattando asta vittrice,
Mille traendo a fianco ardite imprese,
Corse d’onor guerriero immensa strada.
155Egli era sommo Duce, egli era Sangue

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Del Re Toscano, e Tu da Lui scendesti.
Quinci nel Ceppo altier, che ti produsse,
Regal gloria vetusta ancor s’aggira,
E, come Tuo primier caro alimento,
160Per le vecchie radici, e per le fresche
Fronde tacita serpe, e di sua tempra,
E del Tuo genio i novi Frutti imprime.
Guarda poi quante di tua Schiatta usciro
Per brando invitto, e per egregio senno
165Utili a i Regni, e a i grandi uffizj intente
Anime forti, di cui l’Adria serba,
Serban’Arno, ed Insubria, e Tebbro, ed Istro
Alte memorie, che fan guerra al tempo,
E le rispetta il tenebroso obblio.
170Del tuo prisco Dondazio ancor ricorda
L’orgoglioso Tidon le leggi, e il freno,
Che da Lui prese, e di lontane lodi
Tutta l’ampia sua Valle ancor risona.
Ma troppo largo mare a fender prendo,
175E me sgrida Imeneo, scotendo in alto
La Nuzial sua Teda, e la vagante
Prora del gran cammino a Te ritorce,
Nobil Gioseffo, che, qual Torre in bruna

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Dubbia notte a i Nocchier lungi splendcnte,
180Segni con la tua luce a le mie vele
Quella, cui fanno nome i pregi tuoi,
E che a folcar mi refta, onda infinita.
Qual altro d’altra più lodata Madre
Nafcendo tolfe, e maturò con gli anni
185Spiriti più vivaci, e cor più pronto,
Più generofo, e d’ondiate amico?
O forme ebbe più colte, o più concordi
Tempre di Vita, o più leggiadro afpcuo
Sparlo di Nobiltà, che fuor traluce?
190Te il campo ammira in fimulata pugna
Prodemente rotar ferro onorato,
Che neghittofo fregio, o inutil pondo
Non ti pende dal fianco; e fc ’l chiedefie
Patria, Dritto, ed’Onor, Giuftizia, e Fede»
195Come verrebbe a lampeggiarti in mano,
De l’Alma valorofa abil Miniltro!
Tu spesso il tergo a Corridoi’ feroce
Premendo godi in faticofa caccia
Stancare i Veltri, efcrcitar le fclve,
200Ed ami le robufte agili membra,
Pazienti del fol, durate al gelo

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Togliere al sonno, e a le oziose piume.
Te circondata il crin d’equestre alloro
L’arte miglior de i Cavalier Maestra
205Lieta vede vegliar su l’auree carte,
Che non falsa d’onor folle scienza
Vergò ne’ tempi, che al furor si tolse
Di man l’ingiusto, e mal nudato acciaro,
E col buon lume di sicure leggi
210Sul disarmato error ragion rifulse,
E Te pur vede quelle amar, che grido
Danno a i Secoli, a i Regni, a i Nomi, a l’opre,
Storia di lor pingendo vera, in cui
Ciò, che fuggir si dè, ciò che seguire,
215Da i varj fatti, e da gli eventi instrutta
L’attenta cura d’ogni età raccoglie.
Però ringrazia Amor, che il più bel dardo,
Che riporto tenesse in sua faretra,
Per Te adattò su l’infallibil corda,
220E solo, per Costei, che in foglie d’oro
Degna de’ tuoi sospiri a Te crescea,
Sì bella al cor Ti disegnò ferita,
Per cui d’Urania ora il celeste Figlio
Dettando in Ascra avventurosi carmi,

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225E conducendo per sereno calle
Al Talamo beato Augurj, e Voti
Superbamente scende, e con eterno
Adamantino laccio a Lei ti stringe.