Viaggio da Milano ai tre laghi Maggiore, di Lugano e di Como e ne' monti che li circondano/Capo XXVI

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Capo XXVI. Vall'Assina

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CAPO XXVI.

Vall’Assina.


I due rami del Lario col Pian d’Erba formano un triangolo, entro cui eccelsi monti sono, elevate pianure, un’estesa valle, chiamata Assina dal borgo di Asso, che n’è il [p. 305 modifica]principal paese, e molta popolazione. Da più luoghi s’entra in vall’Assina. Da Bellaggio si sale sino alle sorgenti del Lambro per ripida via, fra sassi, castagneti e prati, passando per Civenna, dianzi feudo imperiale de’ Monaci Cistercensi, che qui e nella sottoposta Limonta, di cui parlammo, sin dal secolo x copiosi uliveti coltivavano. Si passa da Civenna a Magrelio, ove la vall’Assina termina e il Lambro comincia, come vedremo. Nel salire si lascia a destra il monte di Chevri, ove dicesi esservi indizj di rame e molto asbesto. Il nocciolo del monte è calcare e marmoreo; ma il monte è sparso in ogni parte di massi granitosi e schistosi d’ogni qualità e grandezza. Da Nesso s’ascende a Velleso e Gelbio, si percorre il pian del Tivano, e per Sormano o per Caglio si discende ad Asso. Da Onno si monta in Valbrona, e da Vicino si va ad Asso.

Ma la miglior via è quella di Canzo. Presso a Pieve d’Incino due strade vi conducono, una carrozzabile ed ampia per Incasale e Longone, l’altra più angusta per Ponte. Una dolce salita, in parte sopra un bianco marmo, porta dal letto del Lambro ad Incasale, e di là nuovamente si sale a Longone: viensi al lago di Sagrino, angusto e lungo circa due miglia, fra due monti, de’ quali l’orientale ha una stratificazione orizzontale [p. 306 modifica]ed uniforme. Questo contorno chiamasi la Squadra de’ Mauri, sul qual nome si sono formate molte conghietture. Al finir del lago di Sagrino vedesi Canzo.

Tra il mentovato lago e Ponte due paesi importanti per l’antiquario vi sono in alto, cioè Castel-marte e Proserpio. Ben indica il nome loro che uno a Marte, a Proserpina l’altro rendean culto: ma se ivi sieno de’ monumenti che il provino, l’ignoro. Un curioso monumento v’è in Castel-marte di certo Ubaldo Prina, nel cui prolisso epitaffio, scolpito in ampia tavola di candido marmo, leggesi ch’egli era duce fidissimo e compagno di Rinaldo d’Este, quando con Goffredo, Boemondo, Tancredi e Gedeone andò alla conquista di Gerusalemme. Il buon uomo che ne fu l’autore, non conoscendo forse altra storia, s’appigliò al Tasso, e fece d’Ubaldo un suo progenitore, senza pensare che favoloso era l’eroe Rinaldo del Tasso, come la sua maga Armida: trovò presso la chiesa una bell’urna marmorea, ne prese la più pulita tavola, e in un latino da scolare gli fece la sua leggenda. Non è senz’esempio quest’impostura, perdonaile se nulla ha guastato d’antico e di pregevole; ma se un fianco della stessa urna è, siccome pare, la tavola quadrata di marmo che sta sopra la porta del campanile, allora è presumibile che abbia [p. 307 modifica]costituita la sua leggenda a qualche bel basso rilievo o a qualche greca o romana epigrafe, poichè un bel leone sta nella tavola summentovata. Gli stipiti della porta stessa, ne’ quali è intagliato fra belle cornici un ornato o festone rappresentante un tirso, son pur essi di bel marmo. Sta sulla piazza il coperchio d’un’urna di Scerizzo, e un’aquilaccia dello stesso sasso, per cui quel paese chiamossi Castel-marte dall’uccello. Altri resti d’antica scultura, cioè tre belle teste, son nel campanile, sotto le quali v’è un’iscrizione non sì facilmente leggibile da terra. Vuolsi che da Castel-marte abbia avuto il nome tutto il distretto della Martesana, i cui i principali borghi sono Vimercato e Canturio.

Il monte che Ponte dal lago di Sagrino divide, è in parte di selce, frammezzata al sasso marnoso a strati orizzontali, ma talora irregolari e ad angolo acutissimo fra di loro.

A Ponte ciò che v’ha di più importante a vedersi è il filatojo da seta. Negli avanzi d’un distrutto monistero vi sono ancora delle vetuste pitture pregevoli pe’ colori, e talora anco pel disegno, rappresentanti caccie e ritratti.

Da Ponte, costeggiando il Lambro, viansi a Canzo, posto nell’angolo della valle, appiè [p. 308 modifica]di quel monte a cui la forma lunata fe’ dare il nome di Corni di Canzo.

V’è in quel monte una miniera di ferro, che scavavasi un secolo fa, e ven sono tuttavia le abbandonate gallerie nel sasso calcare o marmo rossigno. Gli strati vanno dal S. O. al N. E. La galleria superiore dicesi Tampa del Roncaiuolo, ed è quasi chiusa. L'inferiore dicesi Tampa del Maglio, e vi si penetra per molti passi. Alle falde del monte vi sono strati di pietra calcare. In alto v’è del marmo rosso, e altro sasso calcare con nummaliti (Lapis frumentarius).

Fra Canzo ed Asso v’è una bella cascata, detta la Vallategna, che serve a varj edifizj, ove precipita l'acqua tutta di Valbrona e della valle di Vicino; e v’è pure del marmo majolica.

In Asso vedesi un antico borgo, in cui conservasi tuttavia la bella iscrizione del cippo che L. Plinio Burro dedicò al genio d’Asso. Vi sono pur varie fabbriche, ed è paese di molto commercio pel sostentamento della valle tutta. Sin qui viensi comodamente in vettura: il fatto ha provato che si può andar più oltre, e ben anche a Bellagio; ma non è cosa da farsi che per un capriccio. Al nord di Asso veggonsi strati di scisto bituminoso diretti dall’ovest all’est, che ardendo danno forte odore di zolfo. [p. 309 modifica]Proseguendo per la valle, viensi a Lasinigo o Nasnigo, a Barni, a Magrelio, anguste pianure che vanno elevandosi, sinchè si giugne alle sorgenti del fiume. A Lasinigo, che un autore crede sia Assi vicus, il vico di Asso, nell’angolo d’una casa poco distante dalla torre vedesi un’iscrizione, che C. Alebo Veterano della legione viii pose vivente per sè, e per Pompea Dorcade sua moglie1. Rinomate son le lumache di Barni, che gli abitanti sanno nutrire colla tossilagine (Tussilago petassites L.). Vedesi sopra Magreglio una grotta nel monte e una sorgente d’acqua intermittente, detta la Menaresta; le quali cose possono interessare il naturalista. La [p. 310 modifica]Menaresta nasce da uno scoglio all’altura del Tivano sopra Magrelio, ov’è il Pian-rancio. Ad ogni otto minuti all’incirca la sorgente fa un sensibilissimo aumento, e se n’ode l’interno romorìo. Dura circa tre minuti l’accrescimento, e cinque il decresce. Ivi comincia propriamente il Lambro. Lì presso è un’altra sorgente detta l’Acqua della febbre, perchè credesi un antifebbrifugo. A me parve amarognola. Il monte è calcare; ma v’ha de’ massi di granito, granatiferi e scistosi d’ogni maniera. Il Lambro al primo nascere si perde e ricompare. Lo stesso fa talora presso Lasinigo. Presso Asso ha alveo angusto e profondo, perchè gli strati del monte son ivi quasi perpendicolari.

Stanno in alto le così dette Alpi, cioè pascoli estivi del bestiame, ove sono magnifici prati, ed opportune stalle e comode abitazioni de’ pastori.

Fra que’ monti degno da vedersi nella state è il così detto piano del Tivano, o Tuano. Vi si sale da Asso per Sormano, o per Rezzago e Caglio, come dicemmo. Il monte è a strati di sasso calcare o marnoso, ma vi s’incontrano grossi massi di granito e di scisto. V’è pure a luogo a luogo molta breccia. Presso Caglio v’ha della buon’argilla, di cui non si fa uso. Il pian del Tivano sta nel centro del triangolo formato dai due rami del lago; [p. 311 modifica]è alto 1945 braccia (piedi 3566) dal medesimo; ma è contornato da gioghi più elevati, senza che da niuna parte le acque siansi aperta una strada. Che divengono esse dunque quando piove, e quando sciolgonsi le nevi? V’ha nel mezzo del piano una grotta, detta il Buco di Nicolina, ove gran parte delle acque si porta; e se questo foro per la trasportatavi terra e foglie si chiude, come par che debba presto avvenire, il pian del Tivano diverrà laghetto o palude. Non tutte però in questo luogo si radunano le acque, ma v’ha degli altri parziali catini che hanno pur essi il loro sfogo nella stessa maniera: e convien dire che nel centro di altri piani circondati da’ monti fossero i buchi, o pozzi naturali di Premeù sotto il culmine della guardia sopra Pognana; di Profondà sopra Blevio, di Gravinate e Bianca-monda sopra Velleso, ed altro senza nome sopra Gelbio (pozzi che or sono sulla vetta or su pendio), poichè veggonsi formati dall’acqua che gli ha spiralmente corrosi. In molti di questi pozzi io discesi, nè altro vi trovai che il monte a strati orizzontali di sasso marnoso, il quale scomponendosi nella superficie, parea formare la così detta Pietra-morta. Nella grotta di Gravinate trovai de’ begli avanzi di stalattite, un teschio di capretto, e una mandibola di lupo; e progredendo [p. 312 modifica]quanto più potea con torcia accesa in mano, mi trovai sull’orlo d’un ampio recipiente d’acqua; dal che giudicai non coll’occhio, ma dal tonfo che faceano i gettativi sassi. Ved. alla pag. 271.

Un fenomeno importante di questi contorni è la torbiera di Velleso all’altezza del pian del Tivano, e sul pendìo occidentale del monte verso Brienno. D’ottima qualità è la torba e abbondante, essendovene uno strato che in qualche luogo ha quattro piedi d’altezza. Misti alla torba vi sono de’ grossissimi tronchi di larice (albero che v’abbondava sino al sesto secolo, come rileviamo da s. Ennodio), i quali sul luogo tagliansi colla vanga come la torba stessa, ma esposti all’aria induriscono. Guardando la posizione del luogo, argomentasi che vi fosse un catino o prato contornato da alture che vi ritenevan le acque, nelle quali si formò la torba: caddero e marcirono i tronchi degli alberi, finchè uno sconvolgimento distrusse il contorno occidentale, e rimase asciutto il fondo e divenne prato. Solo da pochi anni si scoprì la torba nello scavarne la contigua argilla. Dicesi anche che un castello di delizie vi avesse la regina Andefleda moglie di Teodorico. Ivi pur trovasi la pietra calcare nericcia, che strofinata ha odore di petroleo. Alla cima di vall’Ombria, posta al sud, v’è una [p. 313 modifica]spaccatura, ove narrasi che siasi gettato un cane, il quale ritornò alla luce pel Buco di Nicolina.

Il pian del Tivano è generalmente a prati, e ivi nascono erbe utili per la farmacia e per la tintura, e bellissimi anemoni, renoncoli, astranzie, ec.: vi si semina anche della segale. Vi è pure frequente il sorbo da uccellatori (sorbus aucuparia L.), i cui frutti danno un sugo acido, sostituibile al limone per le tinture.

Chi dal pian del Tivano discende al lago, per Velleso o per Gelbio va a Nesso; o vero per Pallanza, Lemna e Molina scende fra Nesso e la Pliniana. Tutti i mentovati paesi sono sur un piano, ov’argomentammo che negli antichissimi secoli giunsero le acque. Viti, grani e legumi ivi coltivansi in piccoli piani sostenuti con macerie; ma questi uniti a’ frutti, ai castagneti e ai prodotti del bestiame non bastano a sostenere la popolazione, cosicchè gli uomini vanno ad esercitare in lontani paesi la loro industria.

Se da Asso vuolsi andare ad Onno, per la valle di Vicino si passa a Valbrona, ov’è altro paese di questo nome, e di là giugnesi alla discesa, che l’uomo a piedi abbrevia, portandosi sugli scogli che stanno rimpetto alla Badia e a Mandello.

[p. 314 modifica]Le due mentovate valli hanno poco grano, viti e gelsi, e il prodotto maggiore traggono da castagni o noci e da’ fieni.

  1. Ci grava il non aver veduta nè questa nè l’antecedente lapide di Plinio Burro, intorno le quali non possiamo dir nulla. Badi però il viaggiatore ad entrambe; che nella prima, come qui vien riferita, vi ha sbaglio nel nome, nella seconda l’ultima linea è tuttavia, da chi ne parlò, non intesa. L’interpretazione ch’è nel Morigia non regge coi principj epigrafici. Ma già intorno a queste e ad altre lapidi e monumenti preziosi di belle arti e di antichità che ammirare si possono dai dilettanti in questo bel viaggio, parleremo forse più a lungo nella sesta edizione di questo libro. Le note che ora vi abbiamo fatte per nostro studio e diletto, non erano già destinate alla stampa; nè piegammo ad accordarle al Silvestri che per quella benivoglienza che si procaccia dai letterati un tipografo menemerito degli studj migliori (Nota del sig. dott. Gio. Labus).