Viaggio in Dalmazia/Del Primorie, o sia Regione Paratalassia degli Antichi/5. De' luoghi abitati lungo il Litorale del Primorie a Ponente, e a Levante di Macarska

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5. De' luoghi abitati lungo il Litorale del Primorie a Ponente, e a Levante di Macarska

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5. De' luoghi abitati lungo il Litorale del Primorie a Ponente, e a Levante di Macarska
Del Primorie, o sia Regione Paratalassia degli Antichi - 4. Del Mare, che bagna il Primorie; del suo livello; della Pesca Del Primorie, o sia Regione Paratalassia degli Antichi - 6. Delle voragini di Coccorich; de' Laghi di Rastok, di Jezero, di Desna; e del Fiume Trebisat
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§. 5. De’ luoghi abitati lungo il Litorale del Primorie a Ponente, e a Levante di Macarska.

Dalla picciola Villa di Brella, che sorge su d’un’altura in riva del Mare presso la Vrullia, dove second’ogni probabilità il Pegunzio degli Antichi, e la Brullia del Porfirogenito si dee cercare, incomincia il Territorio di Macarska. I pochi terreni, che dalle radici della Montagna stendonsi lungo il mare formando qualche striscia di Litorale piano, e le colline contigue sono assai mal coltivate; buona parte di esse giace abbandonata al pascolo degli animali, quantunque fosse ragionevole cosa il ridurre a vigne tutto quel tratto. La nudezza però della Montagna superiore giustifica l’uso delle terre litorali. A onta delle troppo frequenti visite di Borea, tutto il Primorie Macherano è attissimo a portare Ulivi, e Viti, e frutta gentili; queste ultime vi si vanno introducendo sull’esempio de’ [p. 132 modifica]Poglizani, che ne coltivano lungo il loro litorale con felicità, e ne fanno un commercio lucroso, quantunque non sieno peranche arrivati a migliorare le spezie col mezzo degl’innesti. Vi fanno eccellente riuscita le Marasche, spezie di Ciriegie, dal nocciuolo delle quali particolarmente si dà il sapore al Rosolio conosciuto sotto il nome di Maraschino, di cui molte Fabbriche esistono in Dalmazia, e a Zara principalmente una d’assai rinomata presso i Signori Carseniga.

Oltre gli Ulivi, e le Viti, i più considerabili prodotti degli alberi fruttiferi sono in quel distretto i Fichi, e le Mandorle. La coltura delle due prime spezie non vi è generalmente ben intesa: si trovano nel medesimo picciolo podere alla rinfusa Ulivi, Fichi, e Mandorli in mezzo alle Viti; queste sono piantate in distanza di due piedi l’una dall’altra, e si lasciano vagare per terra co’ sarmenti. Il prodotto annuo delle Vigne non ascende a rendita media sino al quattro per cento, computando le spese che vi si richiedono. L’età della Vite è di trent’anni al più: ma l’associazione de’ tanti alberi, che succhiano il terreno medesimo fa che la vecchiaja loro si scopra assai presto, e tanto più quanto che il Paese manca di concimi in conseguenza del metodo barbaro di lasciar vagare gli animali anche in tempo di notte, e dell’aver pochissimo foraggio. Al finire delle Viti d’un podere riesce svantaggioso il ripiantarne fra l’ombra; nè dall’altro canto l’interesse consiglia che si sradichino gli alberi fruttiferi. Il partito, cui prendono in questo caso i Primoriani, si è di seminare quelle terre, nel che spendono sudore, e tempo fuor di proporzione col raccolto, quantunque i loro aratri adattati alla picciolezza de’ buoi poco si profondino nel campo. Questi vizj d’Agricoltura convengono poco più poco meno a tutta la Provincia, ed in con[p. 133 modifica]seguenza di essi il popolo dopo d’essersi ben affaticato trovasi ridotto a vivere di radici salvatiche per qualche mese, mancando d’ogni altro alimento.

Tutte le Villette del Primorie sono ben situate, e godono d’ottim’aria, e di buon’acqua. Bast, ch’è fabbricata su d’una collina, attinge a una fonte vicina al mare, che dà il nome di Baska-Voda ad un picciolo gruppo di case litorali. Colà si traggono di sotterra Iscrizioni, ed altre pietre lavorate anticamente. Un pilastro, ch’eravi stato trovato di fresco, mi somministrò materie d’osservazione. Egli è di Pietra calcarea composta di frantumi marini, e particolarmente di Petrobrj, e spine, o croste d’Echini lapidefatte; un fluore bituminoso, che vi si è insinuato probabilmente prima del suo induramento, le à dato un colore grigio fosco. Coloro, che trassero di sotterra il pilastro, nel percuoter colle zappe sentirono alzarsi un forte odore di pece; quindi mi condussero a vederlo come una curiosità. Io ne feci staccare parecchie scheggie, che nell’atto di separarsi diedero una fortissima graveolenza, ed attualmente ancora la cacciano fuori, allorchè voglio confricarle l’una contro l’altra.

Le colline di Bast fiancheggiano le radici del Biocova, e prolungandosi passano dietro alla Città di Macarska sempre appoggiate alla Montagna. Su d’esse veggonsi i Casali di Velo-berdo, di Macar, di Cotisina, dai due ultimi de’ quali scendono piccioli rivoletti di buon’acqua, che dopo breve viaggio mettono in mare. Le Carte della Dalmazia confondono in questi contorni tutte le posizioni, e stroppiano i nomi de’ luoghi così stranamente, che lunga e nojosa cosa sarebbe il parlarne in dettaglio; sarà più agevole per Voi di farne il confronto colla mia Carta Topografica rettificata, per così dire, a palmo a palmo lungo quel litorale. [p. 134 modifica]

Nel tenere della picciola Villetta di Tucepi sul Mare abitava in un delizioso Casino fabbricato col gusto de’ nostri della Brenta il Co: Abate Grubbisich, dotto, ed utile, ed ospitale Filosofo, della di cui morte immatura sarò maisempre dolentissimo. Egli avea concepito il progetto di riformare col proprio esempio la malintesa Agricoltura de’ Primoriani; e vi sarebbe infallibilmente riuscito, se avesse avuto lunghezza di vita proporzionata al suo merito. Il Conte Grubbisich avea incominciato dallo studiare il clima dei paese, e l’indole de’ terreni: e in conseguenza di lunghe, e ragionate osservazioni s’era determinato ad un nuovo piano di coltivazione. Le Viti de’ di lui poderi a Tucepi sul pendio delle colline erano alzate da terra tre piedi, e legate a picciole pertiche, e pali longitudinalmente in guisa di siepi piantate a traverso del vento dominante, ch’è il grand’obbietto alle piantagioni elevate in quella contrada. Fra l’una, e l’altra siepe restavano convenienti spazj per le seminagioni, onde si traessero ad un tempo due prodotti dallo stesso terreno, senza spossarlo. Le uve maturavano meglio, erano più abbondanti, e di miglior qualità; le Viti potate alla maniera de’ colli d’Italia promettevano più lunga vita. Gli alberi da frutto, e i Mori veggonsi disposti anch’essi intorno a’ campi coltivati per modo, che non gl’ingombrino incomodando i seminati, o le Viti. Studiavasi poi particolarmente il riflessivo Uomo di piantare gli Ulivi lungo i sentieri, dopo che aveva osservato una differenza notabilissima fra gli alberi di questa spezie piantati nel centro de’ poderi, e quelli che trovansi vicini a’ luoghi di passaggio, ne’ quali riescono più fruttiferi, e meno soggetti all’aridezza. Le muraglie a secco, dalle quali sono sostenuti i terreni di Tucepi, somigliano alle meglio intese de’ Toscani, e de’ [p. 135 modifica]Vicentini, dai quali il Conte Abate avea preso anche l’aratro da monte con quattro ruote, e tirato da quattro buoi, che non si usava da’ Primoriani avvezzi a graffiare la terra con un leggierissimo aratro senza ruote, e tirato da due piccioli animali.

Per mettere le sue sperienze al coperto da ogni eccezione, egli avea scelto il luogo più dominato dal vento, il più soggetto agli altri incomodi del clima, e del più laborioso fondo; sapendo benissimo, che de’ tentativi fatti in luoghi vicini all’acque, coperti da’ venti, e di terreno pastoso non si suol dare il merito all’intelligenza del Coltivatore se riescano bene, ma solo alle favorevoli circostanze. Il saggio Amico mio avrebbe voluto, che la Georgica fosse trattata piuttosto per via di fatto dai possessori di terreni, che per deduzioni, e congetture, e compilazioni da gente, che non à un campo in proprio; quindi egli era poco divoto de’ Fogli periodici, che trattano di questa materia; delle sperienze poi non faceva il menomo conto se le non erano fatte all’aperto. Secondo il di lui modo di pensare, come non si dovrebbono scegliere pegli usi medicinali le piante alpine trasportate in un Giardino Botanico a preferenza di quelle, che si colgono su’ monti, così non si dovrebbe far caso delle prove eseguite ne’ terreni chiusi, preparati, irrigati, se non dopo d’averle vedute riuscire nelle vaste tenute, o su i monti.

Le colline del Primorie sono in parte sassose, e in parte coltivabili; è però necessario usare dell’industria e della fatica per ridurre queste ultime, che non sempre sono naturalmente docili. Oltre alle terre cretose, e argillose, che s’incontrano in istato trattabile, v’ànno degli strati della natura medesima, semipetrosi, ne’ quali scavando, dopo che le glebe ànno sofferto l’azione delle pioggie, e del Sole per qualche tempo, si ri[p. 136 modifica]trae un fondo buono per le Viti, ma che non è punto atto a nodrire Ulivi, nè a produr grano. Questa spezie di terra, che sciogliesi in minime parti romboidali, è detta Bigar da’ Primoriani. Le crete azzurrognole sono talvolta mescolate con minutissima sabbia di torrenti, o con terre bianchiccie provenienti dalla dissoluzione di marmi calcarei, ed in quel caso portano sufficiente raccolta di grani, purchè la secchezza della State non le renda sterili. La pietra dominante in queste colline è la Cote, detta Brusniza dagli abitanti, nella quale talvolta si scoprono frantumi di Corpi marini, e talvolta no. È osservabile la qualità di questa pietra, che al di fuori per lo più è rugginosa, e nell’interno quasi sempre azzurra; coloro che deggiono fabbricare in riva del mare, la scelgono a preferenza d’ogni altra pelle fondamenta. Vi si trovano anche degli strati d’Alberese, e varie paste di marmi, fra’ quali un banco di nobilissima Breccia rossa ne’ poderi de’ Conti Grubbisich. Rimontando i letti de’ torrenti vicini al delizioso Casino, dov’io era alloggiato fra’ libri dell’ottimo Amico, io raccolsi parecchie varietà di pietre aggregate. Le fenditure fatte da quelle acque eventuali non sono così profondamente scavate, che si possa trarne idee precise dell’interna struttura de’ colli, per lo pendio de’ quali si fanno strada, essendo pell’ordinario gli alvei loro fiancheggiati da materie più anticamente trasportate dall’alto della Montagna, prima che gli uomini vi fissassero un cammino costante ai torrenti. Presso la Chiesa della Madonna di Tucepi io ò raccolto una spezie curiosissima di marmo bianco, tutto scritto di lineette serpeggianti, rosse, che corrono quasi sempre regolarmente colla medesima direzione.

Vicino a questa Chiesa campestre, ch’è circondata dal suo bosco sacro, trovansi molte Sepolture antiche [p. 137 modifica]Slavoniche, senza Iscrizione alcuna, ma con varj bassorilievi. La lapida d’una di queste à un Guerriero stranamente vestito, che porta in capo una spezie di berretto, sul quale s’alza un cono acutissimo; al qual ornamento forse è appoggiata la tradizione, che sotto di quella pietra sieno state sepolte le interiora d’un Doge di Venezia morto in guerra contro i Narentani. Questo Doge potrebb’essere stato Pietro Candiano, che morì in una spedizione Narentana vicino ad un luogo detto Miculo. La Sepoltura, però, ch’io ò fatto disegnare per curiosità, mostra d’essere Slavonica, ed è anche Slavonico il berretto acuminato, come si vede in un sigillo pendente da un Diploma del Re Dabiscia, che dee trovarsi fra le carte del mio Amico defunto.

Nel tenere della Villa di Tucepi sono state trovate delle Iscrizioni Romane, e Greche, le quali passarono in Italia. È probabile che nella contrada detta Javorac fosse il Laurentum di Procopio, dacchè il significato delle due voci indica egualmente luogo piantato di Lauri. Le caverne naturali sono comunissime in que’ contorni, e se ne trovano anche quasi in ogni Villa di fortificate con muraglie, e talvolta con piccioli Castellucci di secoli, e Architettura barbara. È probabile, che ne’ più rimoti tempi servissero di ritiro ai Pirati, come ne’ più vicini a noi servirono di ricovero agli abitanti spaventati dalle ruberie degli Uscocchi.

Tre fonti submarine si veggono presso il litorale di Tucepi, a’ quali senz’alcun dubbio somministrano acque i gran serbatoj, che sono al di là della Montagna, o alcuno di que’ fiumi, che non potendo venirsene al mare si sprofondano nelle voragini. Uno di questi tre fonti è detto Smerdegliac, cioè puzzolente, pel fetore, che (al dire degli abitanti) suol tramandare; le terre vicine sono chiamate Pakline, o sia luoghi [p. 138 modifica]abbondanti di pece. Dicono, che il fetore della fonte non è costante, nel che fa d’uopo distare alla loro asserzione. È fatto di verità, che non sempre il fonte Smerdegliac si vede gorgogliare mettendo in movimento la superficie del mare; egli suole starsi cheto qualche giorno: ma non di raro anche nel dì medesimo si fa replicatamente vedere, e sparisce. Le pioggie copiose al di là della montagna, e gli anfratti sotterranei, pe’ quali deggiono farsi luogo le acque assorbite dalle voragini per venir al mare, saranno peravventura le ragioni di queste incostanze; il fetore poi di bitume chi sa che non venga da qualche accensione, o fermentazione sotterranea ora più, ora meno violenta?

In poca distanza da Tucepi sorge su d’una Collina la Villa di Podgora, che domina un bellissimo tratto di litorale il più fertile, e coltivato di que’ contorni. Il picciolo Promontorio di Dracevaz, che sporge in mare nel tenere di questa Villa, merita d’essere osservato. Gli strati superiori che lo formano sono di Breccia, gl’inferiori composti di Cote ànno de’ filoni fabbricati di pezzi cubici, e disposti a foggia di muraglia. Due di queste muraglie sporgono in fuori racchiudendo una spezie di terrapieno nel mezzo; gli ordini de’ pezzi cubici è inclinato verso il mare. Sotto Podgora nasce un ruscello, che nell’atto di finire il suo brevissimo corso fa girare de’ Mulini a Jarìchine. Forse da questa picciola acqua indiscretamente marcata su qualche Carta Corografica, prese motivo il Cantelio di segnare fra Podgora, e Drafnize un fiume, che scende dalle vicinanze d’Imoski, d’onde non è possibile che l’acque volino al disopra del Biocova. È ben probabile che di là venga la fonte submarina chiamata Vrugliza, o Mala Vrullia, che nel Vallone contiguo a Drasnize si fa vedere. Ella sorge con impeto appiè [p. 139 modifica]d’una ripida falda di Monte, dal fondo del mare, che in quel sito è considerabile, e chiama a se un gran numero di pesci.

Noi discesimo a Drasnize per vedervi una Lapida Romana, che vi debb’essere, ma che dallo scortese Curato del luogo ci fu tenuta nascosa pelle solite ragioni di sospetto, e d’ignoranza, che militano in quelle contrade a danno del forastiere. Fu d’uopo contentarci di ricopiare due Iscrizioni Slavoniche, l’una pella singolarità di qualche carattere, l’altra perchè indica l’Epoca d’un passaggio dell’Herceg Stefano per quel paese.

È celebre in Primorie l’acqua d’una picciola fonte, che scaturisce da un masso elevato poco lontano dalla Chiesa di Drasnize, e scorrendo giù pella rupe portasi al mare, dopo poche braccia di viaggio. Dicono ch’ella sia tanto leggiera, e perfetta quanto quella di Nocera; e vi fu chi ne conservò per molti anni in fiaschi senza che si guastasse; nella loro semplice Medicina quegli abitanti ne fanno uso frequente, e fortunato. Ell’à veramente le qualità volute da Ippocrate, ed è κουφοτάτη, καί γλυχυτάτη, καί λεπτοτάτη, καί λαμπροτάτη. Sarebbe da farne de’ confronti più precisi per la via dell’Analisi, e delle sperienze replicate ne’ nostri Spedali; da che anche l’articolo dell’acqua di Nocera porta fuori dello Stato una somma di denaro non affatto spregevole. È vero che questo nome d’acqua di Dalmazia durerebbe qualche fatica a venir in moda: ma l’appoggio d’un qualche barbassoro in Medicina potrebbe operare anche questo miracolo sollecitamente.

Vicino a questa fonte io ò raccolto de’ pezzi erranti di marmo finissimo statuario visibilmente staccati da strati superiori non molto lontani dal mare, e un marmo rosso gentile d’unitissima, e fina grana, degno d’essere impiegato in qualunque ornamento di sacri luoghi, o [p. 140 modifica]di nobili stanze1. Se il viaggiatore Naturalista avesse sempre i modi necessarj per riportare alla Patria delle prove parlanti dell’utilità delle sue osservazioni, io sarei ritornato a Venezia con Tavole, o pezzi de’ più bei marmi litorali, che avessero potuto innamorare delle produzioni nostrali di questo genere gli Scultori, e gli scalpellini. Avrei voluto anche portare una buona quantità dell’acqua di Drasnize in adattati vasi custodita perchè i dotti, e onesti Medici nostri ne facessero gli esami e le sperienze opportune. Ma non essendo possibile con privati appoggi di far tutto ciò che anderebbe fatto, io mi dovetti contentare di dar indicazioni d’utili ritrovati, lasciando al tempo, e alle combinazioni fortunate la cura di far il resto.

Non molto lontano dalla fonte di Drasnize àvvi una Cappella dedicata a S. Rocco, dove per lungo tempo fu onorato un bassorilievo antico, che poi passò a Venezia non à molti anni. Egli rappresenta un Satiro mezzo coperto d’un mantello di pelle di capra, col suo bastone in mano, e ’l cane dappresso; qualche parte del di lui corpo è da Custode d’orti. Una inferriata, che gli era stata posta dinanzi difendealo dalle mani troppo profane, ma non impediva che le buone donne, e le fanciulle del vicinato vi avessero una gran divozione, come a una rappresentazione di S. Rocco. Fu questo sconvenevole oggetto di superstizione levato di notte dalla sua nicchia: il popolo di Drasnize ebbe a sollevarsi quando se n’avvide, ed appena fu tenuto in dovere dall’aver rilevato, che il preteso santo era sta[p. 141 modifica]to asportato per comando d’una rispettabile Magistratura.

Quasi tutte le ville del Primorie ànno delle fonti di buon’acqua, e parecchie di queste godono molta riputazione di salubrità. Questo titolo non si avrebbe potuto negare alle fonte di Xivogoschie, in di cui lode stanno scolpiti nel vivo della rupe sul mare i due Epigrammi accennati più addietro, uno de’ quali la chiama salutifera: ma da quel sito non iscaturisce più acqua. Rimane però ancora una fonte perenne alla villa, e trovasi un po’ più addentro sul pendio della collina, presso al Convento de’ buoni, e cortesi PP. Minori Osservanti. Così à la sua acqua sorgente Dervenich, dove anticamente fu un Castello, di cui veggonsi tuttora le muraglie rovinose, e dove ricopiò un’antica Iscrizione Slavonica in carattere Cirilliano compostissimo l’Amico mio Conte Grubbisich. Non molto lungi da questo Castello trovasi a sinistra del cammino della Montagna una gran pietra sepolcrale in piedi, piantata su d’una base proporzionata, adorna di addentellature Gotiche tutto all’intorno, e d’un bassorilievo nel mezzo, in cui si veggono varie figure rozzamente disegnate, e fra le altre quella d’un Guerriero, che uccide una belva. Questa sepolcrale isolata, contro l’uso delle altre Slavoniche, appartiene all’antica Famiglia Costagnich attualmente stabilita in Macarska. A poco più d’un miglio da Dervenigh trovasi Zaostrog, ch’è ’l 'Рασώτξα del Porfirogenito, dove si veggono due Iscrizioni Romane nella Chiesa di S. Barbara. Al lido del mare v’è un Convento di Minori Osservanti, che nella fabbrica della Chiesa loro fatta di fresco impiegarono una quantità grandissima di Lapide antiche, dalle quali ebbero l’attenzione di scancellare i caratteri. Eglino le raccolsero da’ vicini luoghi, e dalle rovine di Narenta [p. 142 modifica]in particolare; e chi sa di quante belle memorie dobbiamo la perdita al loro zelo! Lungo il lido di Zaostrog, ch’è importuoso, e battuto da tutti i venti, io ò raccolto de’ pezzi di Stalattite cretaceo, fluviatile, con impressioni di foglie d’Alno, similissimo a quello, che trovasi presso Roma alle falde del Monte Pincio, dove altrevolte corse peravventura il Tevere. Vi si trovano anche erranti pella ghiaja ricacciata su dal mare, e portata originariamente da’ torrenti montani, molti pezzi di Pietra bituminosa, scissile, di sottili lamine parallele, di grana impalpabile, fetidissima nella confricazione, e che corrisponde perfettamente alla Pietra porcina de’ Naturalisti2, e non male somiglia al Bitume marmoreo, compatto, fetido, del Linneo. La superficie esteriore de’ pezzi esposti all’aria è cenerognola, e conviene colla descrizione del Dacosta: ma l’interno è nero. Lungo il lido medesimo ò raccolto delle Nummali lapidefatte.

Da Zaostrog alle foci del fiume Narenta trovansi alle radici della Montagna i Casali di Brist, e Lapçagn; e dietro al Promontorio fra terra deesi aggiungere alle migliori Carte il Lago di Bachina. i monti, che lo circondano, sono più aspri, e sassosi che ’l resto del Primorie: ma nulladimeno furono abitati anticamente più di quello lo sieno adesso. Il rovinoso castello di Gradaz, e il Sepolcreto di Slavinaz, dove probabilmente fu la Labienitza del Porfirogenito, ne fanno [p. 143 modifica]buona testimonianza. Dicesi che il Bachinsko-Blato, o sia Lago paludoso di Bachina, oltre alle Anguille, che gli sono comuni cogli altri Laghi di quelle contrade, abbia de’ pesci proprj: ma sarebbe d’uopo pescarvi replicatamente per assicurarsene.

  1. Calcareus micans, ruber. Waller. § 41.2 (c), ed anche Calcareus æquabilis, incarnatus. Waller, § 41.1 (c).
  2. Calcareus fissilis, unicolor, fuscus, Wall.
    Schistus fusco-cinereus, Lapis fœtidus dictus, Dacosta 170. 9.
    Lapis fuilli
    particulis granulatis (piuttosto impalpabilibus) Cronst. 23;
    Bitumen
    marmoreum, fœtidum, compactum. Linn.