Vulcano/Settima sintesi

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Settima sintesi

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Settima sintesi

L’ETERNA TRINCEA

L’Etna in eruzione con la zeta sanguigna delle colate di lava domina il limoneto di Porpora e Serena. In fondo a sinistra nella finestra aperta della casetta di Serena un lettuccio da campo e una cassetta da ufficiale con sopra una candela infissa nel collo di una bottiglia. Nel fondo a destra il muro crollato della casetta-laboratorio di Porpora lascia vedere la cresta incandescente della collina di lava marciarne. In questo muro una larga breccia e una feritoia che lasciano passare fasci d’oro rovente. Nel muretto di destra una porticina. Tramonto di agosto infernale.

Porpora

entrando dalla porticina di destra travestito da colonnello di artiglieria chiama Alberto Serena che si affaccia alla finestra aperta della camera a pianterreno della sua casetta:

Alberto! Debbo scappare! La folla è inferocita contro di me! Vogliono linciarmi, imprigionarmi. Mi accusano di [p. 196 modifica] avere scatenato il Vulcano! Mi imbarco questa notte... Ma tu cosa fai ancora qui? Fra poco la lava avrà tagliato la strada. Non si passa più dal sentiero.

Serena

distratto:

Lo so, lo so. Però posso ancora resistere. Ho molte munizioni...

Porpora

Ma perché non vieni via?

Serena

cercando qualcosa nella casetta:

Da che il nemico mi ha tagliato le comunicazioni, niente telefono e niente luce elettrica. Sono ridotto alla candela.

Porpora

Vieni via, Alberto. La tua casa crollerà fra pochi minuti. Se avessi saputo ti avrei mandato il soldato per trasportare il tuo bagaglio.

Serena

Non mi mandare nessuno. Non potrebbe passare. La posizione è accerchiata!

Porpora

con impazienza:

Ho capito. Non ti muovi da qui? Ciò vuol dire in altri termini: lasciami in pace, aspetto una maschietta. Addio! (Porpora esce dalla porta di destra) [p. 197 modifica]

Serena

compare sulla soglia della casa:

Uff! Questi colonnelli in ispezione... (Va a sprangare la porticina di destra) Si fidano perfettamente di me, ma vogliono guadagnarsi delle medaglie ispezionando, gli avamposti, quando il nemico non spara. (Voltandosi verso l’interno della casetta) Cutrone, chiudi il sacco a pelo! I negri attaccano. Dammi il fucile. Metti accanto alla feritoia una cassetta di cartucce. Presto, tartaruga! Vuoi che ti prenda a pedate nel sedere? (Cambiando voce per simulare quella dell’attendente) Signor tenente, sono qui! Sono qui! Le cartucce, il fucile, tutto è pronto! Vengo anch’io alla feritoia di sinistra. (Riprendendo la sua voce normale) Accidenti! Ci tirano coi montagna! (Imita vocalmente il rumore tipico dei cannoni da montagna) Agg-tum, agg-tum, agg-tum. (Origlia al muretto di destra) È lei! Non mi sbaglio! Il suo passo nelle foglie. Sei tu? (Corre alla porticina di destra) Sei tu? Lucia! Luciiia! (Apre la porticina; fra i battenti si vede una lista perpendicolare di lava d’oro vermiglio) Dio! Come sei bella in questa tua nuova veste d’oro caldo. Vieni! Entra. Entra. Entra presto. (Entra Eugenia in una veste di lava ardente formata di piccole lastre di mica rossa e lampadine elettriche) Lucia? No! Eugenia! Lucia, fuse insieme per formare la statua della gloria! O la statua della morte! Dammi, dammi, dammi un bacio! (Eugenia avanza, fa due passi lenti, si ferma ritta immobile) Come bai fatto ad attraversare le linee delle truppe negre? Tu sanguini! Sei ferita? Dove? Al fianco? Cutrone, Cutrone, presto il pacchetto di medicazione. Corichiamola qui! Non vuoi? Perché taci? Come sei bella! Hai finalmente la veste di fuoco che sognavi! Scotti? Vuoi bere? (Eugenia rimane muta, Serena riprende con voce femminile) Grazie, Alberto! Come sei buono! (Con voce normale) Hai traversato l’inferno per venire da me. (Con voce femminile) Sono passata dal nostro noccioleto tutto penombre estatiche, brividi di foglie, passi verdi di luna... Le truppe negre non l’hanno ancora occupato. (Eugenia con passo [p. 198 modifica] d’automa entra nella casetta che subito splende di luce rossa. Serena riprende con voce normale rivolto alla lava) Ora ci tirano addosso con tutte le batterie. Anche i lunghi cannoni del sole sparano! Corriamo alle feritoie! I negri sono sotto. Sparate basso! Perché rallentate il fuoco? Non avete più munizioni? Accidenti! Il tramonto ci mitraglia in faccia le prime stelle atroci. Salgono i carri delle costellazioni con nuove munizioni di luce! Nuove scariche di sabulite, velenite, impazzite! Attenti! Al mio segnale verrete tutti fuori dietro di me. Beco! Ecco! Non si può più tardare! Fuori! Fuori! Seguitemi!

Serena dopo la controscena che accompagna queste frasi si slancia nella breccia e scompare. Il rumore di catene della lava marciante dura un minuto. Poi dalla cresta del muretto di destra piomba giù un sacco pieno, seguito da un secondo sacco, pochi secondi dopo. Passi veloci poi rumori di due uomini che si arrampicano. Compaiono sul muretto due contrabbandieri; spiano a destra e a sinistra, si lasciano scivolar giù; poi rimangono per pochi secondi appiattati immobili. Un vocio e un ticchettio d’armi nel noccioleto dietro il muretto li fa sussultare. Un pugno formidabile scuote la porticina di destra. Subito dopo sempre sullo stesso muretto compare un doganiere armato di fucile. A cavallo sul muretto il doganiere punta col fucile uno dei due contrabbandieri.

Il doganiere

Alto le mani! Avete approfittato dell’eruzione per svaligiare il casello daziario! Bravi! Bravi! Il luogo è scelto bene! Non avete paura della lava voi! (Apre il sacco) Tabacco... Tabacco... Apri questo altro... Cocaina... E quell’altro?... Pure cocaina... Va bene.

Sipario