e dal tarso allo sterno, 6944dal cùbito al ginocchio,
dall’occìpite al tallone,
dalle vèrtebre alle falangi
la compagine era eloquente
come uno spirto che parli
di sé con un fremito d’ale;
sì che il triste pondo animale 6951in verbo mutavasi eterno.
Quale fra tutti il migliore?
Poggiato la palma sul dado
marmoreo, l’uno era assorto
in un pensiero sì bello
che volgevagli in suso i capegli
a guisa di diadema 6958per occupar solo la fronte
e farne a sé luogo di luce.
Inclito come Polluce,
l’altro piegavasi in dietro
gridando, quasi a lanciare
di là da ogni fine raggiunto
un disco di ferro in cui fosse 6965inciso un decreto del Fato.
In fiera allegrezza, agitato
pareva da pirrica danza
l’altro; e col levar delle braccia
con l’alterno urto dei piedi
con la brevità degli accenti
segnava i ritmi veementi