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Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu/260

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elegia nona. 231

     S’al merito e al demerito aspettarsi
L’uom deve il premio ed il supplicio uguale,
75Nè al punir nè al premiar son gli Dei scarsi,
     Come temo io che ve ne venga male,
Se ’l pentir prima e il soddisfar non giugne
78A cassar questo error più che mortale!
     S’a voi per mia cagione o macchiar l’ugne
O vedessi un crin mosso, oimè che doglia!
81Solo il pensarvi me da me disgiugne.
     Voi di periglio e me di pena toglia
Un pentir presto, un soddisfarmi intero;
84Che fia il debito vostro: quel ch’io voglia,
     Che a saper abbia altri che voi, non chero.




ELEGIA DECIMA.




     O vero o falso che la fama suone,
Io odo dir che l’orso ciò che trova,
3Quando è ferito, in la piaga si pone;
     Or un’erba or un’altra; e talor prova
E stecchi e spini e sassi ed acqua e terra;
6Che affliggon sempre, e nulla mai gli giova.
     Vuol pace, ed egli sol si fa la guerra;
Cerca da sè scacciar l’aspro martire,
9Ed egli è quel che se lo chiude o serra.
     Ch’io sia simile a lui ben posso dire,
Chè poi ch’Amor ferìmmi, mai non cesso
12A nuovi impiastri le mie piaghe aprire;
     Or a ferro or a fôco; ed avvien spesso
Che cercandovi pôr che mi dia aita.
15Mortifero venen dentro v’ho messo.1
     Io volsi alfin provar se la partita,


  1. Il Baruffaldi, confrontando questo componimento con ciò che il poeta dice di sè nella Canzone prima, ne inferisce che qui si accenni non oscuramente agli sforzi che Lodovico avea fatti per estinguere la passione già concepita per Alessandra Strozzi, fin da quando ell’era maritata; passione che si riaccese vieppiù, qund’egli la rivide in Firenze, tutta splendente della sua prima bellezza, e, che più è, sciolta dal suo primo legame. Vita ec., pag. 152-53.