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atto quarto. — sc. v. | 405 |
Di casa mia con tal fretta?)
Camillo. Oh pericolo
Grande!
Fazio. (È Camil Pocosal. Chi condotto lo
Avrà mai qui?1 Dio m’ajuti!)
Camillo. O perfidia
D’uomini scellerati!
Fazio. (Quando diavolo
Entrò qua dentro?)
Camillo. Oh caso spaventevole!
Oh pericolo grande! oh gran pericolo,
A che son stato qua su! Di chi debbomi
Fidar mai più? se quei che beneficio
Hanno da me ricevuto e ricevono
Tuttavía...
Fazio. (Che grida egli?)
Camillo. Mi tradiscono!
Bontà divina, che tanta ignominia,
Che tanto mal non hai lasciato incorrere!
O giustizia di Dio, che fatto intendere
Tal cose m’hai, che non mi dê rincrescere.
Per saperle, ch’io sia stato a pericolo
Di lasciarci oggi la vita!
Fazio. (M’immagino
Che qualche gran ruina n’ha da opprimere.)
Ma da chi aver in presto ora potrebbesi,
Da pormi sul farsetto, almeno un picciolo
Mantellino, per ire a trovar subito
Abbondio...
Abbondio. (Chi è quel che là mi nomina?)
Camillo.E fargli intender quanto, a suo perpetuo
Scorno, e della figliuola, ed a ignominia
Di casa sua...
Abbondio. (Dio m’ajuti!)
Camillo. Cercavano
Di far questi ribaldi?
Abbondio. (Mi pare essere
Camillo Pocosale: è desso.)
Camillo. Abbondio,
Non volevo altro che voi.
- ↑ Così legge ancora il Barotti. Le più antiche hanno, con difetto di più sillabe: Ha qui.