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Pagina:Cuore infermo.djvu/122

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122 Cuore infermo

— Anch’io.

— Spero di ritrovarla in casa Filomarino. Potrò fare la sua conoscenza.

— ... Ci sentiremo compiaciuti di quest’onore, contessa — disse egli, con un gelido inchino.

— Voi siete molto innamorato di vostra moglie, mio povero Marcello — disse ella lentamente, spiccando le sillabe, e fissandolo negli occhi.

— Chi vi ha detto ciò? — esclamò egli trasalendo dolorosamente.

— Nessuno, lo so.


— ... No, se le rassomiglia troppo — terminò di dire Lalla.

— Qualcuno sostiene così — rispose Marcello a bassa voce. — ma sbaglia.

— Me lo assicurate?

— Ve lo assicuro. Nizza è sempre bella, sempre elegante, sempre fiorita, è ritoccata, carezzata sino alla sua ultima sfumatura. È un’arte completa, perfetta; non si osa più nulla sperare da essa. Sorrento è anche stupenda, ma in diverso modo. Ha, dopo la sua ultima linea di bellezza, un’altra gradazione indefinita che è forse l’azzurro del cielo, forse un pensiero, forse l’ideale; alla splendida festa della natura, segue dopo quell’orizzonte indeterminato che l’uomo desidera ritrovare per crearvi qualche cosa; quella nebulosità vaga che piace a noi, uomini del sud, stanchi di luce. Sorrento non è Nizza, signora.

— È strano, è strano — riprese Lalla, divenuta pensosa — come gli uomini vogliano imporre dappertutto la loro personalità. — Ecco un bel paese, te lo dono; siine felice; — dice il Signore misericordioso all’uomo — e lui