Pagina:Cuore infermo.djvu/123

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Parte terza 123

ringrazia, ammira, poi se ne stanca. — È troppo bello; io non vi ho fatto niente — dice l’uomo: e se ne va ad abitare nelle infauste maremme, dove almeno può sognare di far sorgere le bionde spiche, per opera sua. Non mi meraviglio che vi siano tante persone ricche, giovani, belle.... ed infelici. Quale inutile smania di creazione!

— Quello che è già fatto, può essere ammirabile, contessa; ma quello che rimane ancora nell’oscurità del futuro, ha l’attrazione poetica dell’infinito.

— Siete un sognatore, Sangiorgio.

— È il mio torto, lo riconosco, contessa — disse egli con tono malinconico.

— Dunque, giacchè voi cercate persuadermi che Sorrento è ben diversa da Nizza, io vi andrò nell’agosto.

— I D’Aragona hanno un bel palazzo a Sorrento.

— Io non lo abiterò — disse Lalla, dopo una leggiera esitazione: — io ho intenzione di comperare una villa che si vende là. È la villa Torraca.

— È presso quella dei Sangiorgio, contessa.

— Parlatemene dunque. Non sarà troppo grande la casa?

— Piccina anzi.

— Non avrà troppi fiori in giardino?

— Vi è un grande viale di aranci, ma non molti fiori.

— Spero che non veda il mare. Il mare mi affligge.

— È nella campagna folta.

— Benissimo; fa per me. Grazie, Sangiorgio. Voi andrete a Portici, a villa Revertera?

— Io non so mai quello che farò il giorno seguente, contessa. Per questo ne chiedo a voi.

— Vale a dire?

— Vale a dire, che se vi recate a Sorrento, a villa Torraca, vi raggiungerò subito a villa Sangiorgio.