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Pagina:Cuore infermo.djvu/60

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60 Cuore infermo


convenzionale ed inutile, o qualche scherzetto che vuol parere spiritoso ed è volgare. Così la pubblicità aumenta, cresce, si diffonde. Impossibile rimanere ignorati. Poi, la famiglia aristocratica è una vasta rete, sottile talvolta, ma estesa, dalle maglie resistenti, unite fra loro solidamente. Si hanno amici, parenti, semplici conoscenze, alti personaggi nelle città da percorrere; e bisogna vederli, riceverli, ricambiare loro le visite, accettare gli inviti premurosi, trattenersi con essi, perdere il tempo per compiacenza, deviare dal viaggio talvolta, per semplice ossequio alle relazioni più o meno amichevoli. A Roma si rimarrà due giorni di più per visitare una zia, che è badessa in un convento, dove si può entrare solo in quel tal giorno e non in un altro; a Firenze si dovrà piegare per Lastra a Signa, dove è la villa della marchesa tale, cugina, che andrebbe molto in collera, se si vedesse trascurata; a Bologna la baronessa tale, amica del padre o dello zio, dà un grande pranzo agli sposi; ed in tutti i paesi, i nuovi ed i vecchi amici che li attendono alla stazione e vanno a riaccompagnarveli. Impossibile, impossibile sfuggire al mondo esterno.

Uguale nel fondo, ma con singolare varietà d’incidenti, fu il viaggio attraverso l’Italia dei due giovani sposi, Marcello e Beatrice. Lui, fornito di moltissima pazienza, trincerato nella sua compitezza sorridente, soffriva internamente a vedere distrutto nella realtà l’ideale di un viaggio stupendo, un ideale amato e carezzato nella mente; lei accettava con la massima buona grazia qualunque nuovo intoppo, qualunque nuovo fastidio, senza prendersene per nulla, amando egualmente il viaggio rapidissimo e quello lento, ad intervalli irregolari; adoperando, come sempre, quella giusta misura, quella medianità di carattere che la faceva contentare di tutto.