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Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu/108

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90 LA GERUSALEMME

LXVIII.


     Già non si deve a te doglia nè pianto;
Chè se muori nel mondo, in Ciel rinasci:
E quì dove ti spogli il mortal manto,
540Di gloria impresse alte vestigia lasci.
Vivesti qual guerrier Cristiano e santo;
E come tal sei morto: or godi, e pasci
In Dio gli occhj bramosi, o felice alma,
544Ed hai del ben oprar corona e palma.

LXIX.


     Vivi beata pur; chè nostra sorte,
Non tua sventura a lagrimar n’invita:
Posciach’al tuo partir sì degna e forte
548Parte di noi fa col tuo piè partita.
Ma se questa, che ’l volgo appella morte,
Privati ha noi d’una terrena aita;
Celeste aita ora impetrar ne puoi,
552Che ’l Ciel t’accoglie infra gli eletti suoi.

LXX.


     E come, a nostro pro, veduto abbiamo
Ch’usavi, uom già mortal, l’arme mortali;
Così vederti oprare anco speriamo,
556Spirto divin, l’arme del Ciel fatali.
Impara i voti omai, ch’a te porgiamo,
Raccorre, e dar soccorso ai nostri mali:
Indi vittoria annunzio: a te devoti
560Solverem trionfando, al tempio, i voti.