Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu/109

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CANTO TERZO. 91

LXXI.


     Così diss’ egli: e già la notte oscura
Avea tutti del giorno i raggj spenti;
E con l’oblío d’ogni nojosa cura
564Ponea tregua alle lagrime, ai lamenti.
Ma il Capitan ch’espugnar mai le mura
Non crede senza i bellici stromenti,
Pensa ond’abbia le travi, ed in quai forme
568Le machine componga, e poco dorme.

LXXII.


     Sorse a pari col Sole, ed egli stesso
Seguir la pompa funeral poi volle.
A Dudon d’odorifero cipresso
572Composto hanno il sepolcro appiè d’un colle,
Non lunge agli steccati; e sovra ad esso
Un’altissima palma i rami estolle.
Or quì fu posto; e i sacerdoti intanto
576Quiete all’alma gli pregar col canto.

LXXIII.


     Quinci e quindi fra i rami erano appese
Insegne, e prigioniere arme diverse,
Già da lui tolte in più felici imprese
580Alle genti di Siria, ed alle Perse.
Della corazza sua, dell’altro arnese
In mezzo il grosso tronco si coperse.
Quì (vi fu scritto poi) giace Dudone:
584Onorate l’altissimo campione.