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Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu/310

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280 LA GERUSALEMME

XXVI.


     E si mostra in quel lume a’ riguardanti
Formidabil così l’empio Soldano,
Come veggion nell’ombra i naviganti
204Fra mille lampi il torbido Oceano.
Altri danno a la fuga i piè tremanti:
Danno altri al ferro intrepida la mano:
E la notte i tumulti ognor più mesce,
208Ed occultando i rischj, i rischj accresce.

XXVII.


     Fra color che mostraro il cor più franco,
Latin, sul Tebro nato, allor si mosse:
A cui nè le fatiche il corpo stanco,
212Nè gli anni dome aveano ancor le posse.
Cinque suoi figlj quasi eguali al fianco
Gli erano sempre, ovunque in guerra ei fosse,
D’arme gravando, anzi il lor tempo molto,
216Le membra ancor crescenti, e ’l molle volto.

XXVIII.


     Ed eccitati dal paterno esempio
Aguzzavano al sangue il ferro, e l’ire.
Dice egli loro: andianne ove quell’empio
220Veggiam ne’ fuggitivi insuperbire.
Nè già ritardi il sanguinoso scempio,
Ch’ei fa degli altri, in voi l’usato ardire:
Perocchè quello, o figlj, è vile onore,
224Cui non adorni alcun passato orrore.