Vai al contenuto

Pagina:Tasso - Aminta, Manuzio, 1590.djvu/26

Da Wikisource.
Versione del 2 nov 2019 alle 23:21 di CandalBot (discussione | contributi) (Bot: modifica fittizia Pywikibot)
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)

scena seconda. 17

     Che mai spiegaſſe al vento chioma d’oro:
     70La figliuola conoſci di Cidippe?
     E di Montan ricchiſſimo d’armenti,
     Siluia, honor de le ſelue, ardor de l’alme?
     Di queſta parlo, ahi laſſo: viſſi à queſta
     Coſi unito alcun tempo, che frà due
     75Tortorelle più fida compagnia
     Non ſarà mai, nè fue.
     Congiunti eran gli alberghi,
     Ma più congiunti i cori:
     Conforme era l’etate,
     80Ma’l penſier più conforme:
     Seco tendeua inſidie con le reti
     À i peſci, & à gli augelli, e ſeguitaua
     I cerui ſeco, e le veloci dame;
     E’l diletto, e la preda era commune.
     85Ma, mentre io fea rapina d’animali,
     Fui non sò come à me ſteſſo rapito.
     À poco à poco nacque nel mio petto,
     Non sò da qual radice,
     Com’herba ſuol, che per ſe steſſa germini,
     90Un’incognito affetto,
     Che mi fea deſiare
     D’eſſer ſempre preſente
     À la mia bella Siluia;
     E beuea da’ ſuoi lumi
     95Un’estranea dolcezza
     Che laſciaua nel fine


     Che mai spiegasse al vento chioma d’oro:
     70La figliuola conosci di Cidippe?
     E di Montan ricchissimo d’armenti,
     Silvia, onor de le selve, ardor de l’alme?
     Di questa parlo, ahi lasso: vissi a questa
     Così unito alcun tempo, che fra due
     75Tortorelle più fida compagnia
     Non sarà mai, né fue.
     Congiunti eran gli alberghi,
     Ma più congiunti i cori:
     Conforme era l’etate,
     80Ma’l pensier più conforme:
     Seco tendeva insidie con le reti
     A i pesci, ed a gli augelli, e seguitava
     I cervi seco, e le veloci dame;
     E’l diletto, e la preda era commune.
     85Ma, mentre io fea rapina d’animali,
     Fui non so come a me stesso rapito.
     A poco a poco nacque nel mio petto,
     Non so da qual radice,
     Com’erba suol, che per se stessa germini,
     90Un’incognito affetto,
     Che mi fea desiare
     D’esser sempre presente
     A la mia bella Silvia;
     E bevea da’ suoi lumi
     95Un’estranea dolcezza
     Che lasciaua nel fine

C        Un