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Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/301

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296 leoniero da dertona.

De' nostri santi le reliquie; e quale
De’ magnifici templi era spogliato,
Quale in rovine, e di parecchi indicio
Nullo più v’era, o indicio erano appena
Alcune lignee croci. A quelle croci,
Ed a quell’arse e diroccate mura
S’adunarono intorno, e il seminato
Sale da Federigo in novi templi
Trasformàr più superbi e in nove torri
Gli esuli Milanesi: — e or quelle torri
Guarda da lunge Federigo, e trema! —
E giunti a tal, mentre alla lega è ignoto
Pur di viltà un esempio, e profetata
Dal romano Alessandro è la vittoria,
Dertona.... Auberto, il detto mio indovini,
Compir nol posso.
Auberto.                                   Che?
Oratore.                                             Primiera dianzi
Nel glorioso arringo, or quell’esempio
Daria Dertona?
Auberto.                         Ecco rasciutto il ciglio.
Tuoi detti intendo, o pro' guerriero: aiuti
Dal milanese campo a noi verranno.
Oratore.Fra brevi giorni.
Auberto.                              Ad aspettarli invitto
Sarà il castel.
Oratore.Fra lor fortezze prima
Oggi i Lombardi questa pregian. Caso
Saría funesto il cedere.
Auberto.                                             Ancor temi?
Tal diffidanza muove in te il paterno
Gemito? — Or ben, tutti m’udite. Un giuro,
O compagni, solenne a tutti impongo:
Se di Milan contro alla mente, io patti
Mostri accettar dall’inimico mai,
S’a tal fiacchezza indurmi un solo istante
Sembri del figlio la pietà, ciascuno
Di voi su me scagliar giuri il suo brando.