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Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/486

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474 notturno


Ecco l’aria viva che, come una bevanda insolita, mi empie del suo sapore nuovo la bocca anelante.

Ecco il giardino, ecco le foglie, ecco i fiori.

La mia mano va alla benda. È una benda più severa del consueto. Non è bianca ma fosca. Non è di lino ma di seta. Il mio occhio è vestito a lutto, porta le gramaglie.

Con la sua grazia infantile la Sirenetta mi prende la mano folle, mi trae verso un rosaio educato su un alto stelo e mi dice: «Guarda questa piccola rosa.»

Mistero di un accento che può fare d’una fanciulla e d’un rosaio una medesima creatura!

Tenendo ella tra l’anulare e il medio lo stelo, la piccola rosa sembra nata nel cavo della sua mano, come nel principio di una metamorfosi primaverile.

Ella ha una veste rigata, bianca e verde, che sembra fatta a imagine